“Non sono né un truffatore né un rapinatore. Ho firmato contratti con troppa facilità. Sono stato un ingenuo a credere nell’amicizia”. Il cantante Gigi D’Alessio dice di sentirsi beffato. Alla storia delle rate non pagate per una Mercedes Slr McLaren da 500 mila euro, finita in tribunale, ha pure dedicato una strofa di una delle canzoni del suo ultimo album. ‘Mi ha tradito sempre quello a cui ho dato il sangue’ canta in ‘Notti di lune storte’. Ma una canzone non basta per spiegare. E così con ilfattoquotidiano.it le sue lune storte ha voglia di ripercorrerle tutte. Dall’accusa per rapina dei magistrati romani nata dopo una violenta rissa con due paparazzi, agli affari milionari andati male con Giovanni Cottone, l’ex marito di Valeria Marini, con cui voleva riportare in Italia la produzione della Lambretta, fino alle vicende che lo hanno portato a incontrare esponenti della criminalità organizzata.
D’Alessio, cominciamo dall’auto, come nasce la storia di questo bolide da mezzo milione di euro?
Quella macchina maledetta mi perseguita da otto anni. Tra soldi versati, avvocati e altro, mi sta facendo uscire pazzo. Ma la cosa bella sapete qual è? E’ che non ci ho fatto neanche un giro
Neanche un giro?
No, era un favore ad un amico che poi mi ha ingannato vendendo l’auto due volte
Un amico?
Il piacere me lo aveva chiesto Marco Palumbo, un broker per auto di lusso di Oristano, presentatomi da Costantino Vitaliano
L’ex tronista?
Sì proprio lui. Palumbo vendeva auto a calciatori come Bobo Vieri e a personaggi come Lele Mora. Si muoveva tra la Milano che conta e la Sardegna. Da lui compro delle automobili
E da qui diventate amici?
Si faceva volere bene, mi portava spesso il pesce dalla Sardegna. Sono andato anche alla comunione dei figli. Poi, un giorno mi chiede un favore. Mi parla di questa fuoriserie incredibile che avrei dovuto acquistare per poi cederla al calciatore Manuel Da Costa che in quell’agosto 2007, era in ritiro con la Fiorentina. Così ho dato un anticipo di 74 mila euro e sottoscritto un finanziamento per rateizzare i restanti 400 mila euro
Non erano spiccioli, perché si è prestato?
Vi ho detto. È stata un gentilezza, una cortesia a un amico che poi si è rivelato diverso da come appariva. Diceva che doveva acquistare la Mercedes perché la concessionaria non poteva tenerla troppo tempo in sede. Quindi, avrei dovuto custodirla senza mai toccarla, l’ho tenuta un mese circa in garage, il tempo di consegnarla a Palumbo per Da Costa
Lei firma un finanziamento impegnandosi a pagare per diversi anni.
Ma sempre in buona fede. Non immaginavo fosse intestato a me personalmente, ho pensato che poi se lo sarebbe accollato il calciatore
Resta però intestatario dell’auto per altri sei mesi.
Sì, e sollecito Palumbo per il passaggio di proprietà. Dopodiché, di Marco, perdo le tracce. Vengo a conoscenza di suoi problemi con il fisco. Inizio a impaurirmi, pur continuando a pagare le rate perché ero l’intestatario della Mercedes
Almeno riesce a sapere chi utilizza l’auto?
Non riuscendo a rintracciare Palumbo chiamo Da Costa e gli dico: ‘Senti bello, tu hai la mia macchina’. E lui: ‘Ma quando mai Gigi. È mia. L’ho comprata e ho anche sottoscritto il leasing con la Locat, una società dell’Unicredit’
Lei a questo punto, cosa fa?
Quando capisco che la macchina in questione ha due finanziamenti, venduta per due volte, Palumbo è già sparito. Mi dico: ‘Ci sono cascato con tutte le scarpe’. Decido quindi di sporgere denuncia perché in tutta questa storia mi sento il truffato. E nel 2009 lo querelo alla procura di Roma
Fino al 2013 continua a pagare le rate della Mercedes?
E che dovevo fare? Così mi consigliavano gli avvocati, ho pagato fino a quando mi sono assicurato che avevo tutte le carte in regola per aprire dei contenziosi
Un giudice del Tribunale di Roma ha emanato un decreto ingiuntivo che dà diritto alla finanziaria di rientrare del restante importo della macchina, cioè 275 mila euro circa?
Noi ci siamo opposti e la questione è aperta. Se devo pagare, pagherò, ma non prima di aver dimostrato di essere stato raggirato
Beh bisogna dire che a lei i motori non portano fortuna. Di recente è pure naufragato il suo progetto per riportare la produzione della Lambretta in Italia con Giovanni Cottone, padrino di suo figlio, per il quale lei è stato testimone del matrimonio con Valeria Marini.
Quello della Lambretta era il mio grande sogno, ne parlo per la prima volta. Pensavo al futuro, a quello che avrei lasciato per i miei figli e al Sud. Qualcosa che andasse al di là della musica. Un progetto fallito che ancora oggi mi fa stare male
Che sogno aveva?
Volevo dare lavoro ai disoccupati della Campania, riportare da Taiwan la produzione degli scooter Lambretta. Si stimavano tremila nuovi posti di lavoro. Dico solo che avevamo comprato gli stampi di fabbrica e eravamo in trattativa con la Fiat per acquisire i capannoni dell’Irisbus di Avellino. Il mio obiettivo era assumere le migliaia di lavoratori licenziati
Per lei sarebbe stato anche un bel ritorno d’immagine.
Ci avrei fatto una grande figura con quelle famiglie, già c’era un contratto di due anni di me come testimonial dei ciclomotori
E anche qui l’amaro risveglio.
Cottone mi aveva nascosto alcuni ostacoli del business. Non mi aveva riferito che il marchio Lambretta, di proprietà di un’azienda indiana, era già stato venduto agli olandesi e che lui era in causa con questi ultimi. Ma era convinto di vincerla. È intervenuta una sentenza del tribunale di Milano a spegnere il mio sogno
Ha spento il sogno, ma non i debiti. A quanto ammontano?
Per quanto mi riguarda devo 3 milioni di euro da restituire in 20 anni a una banca lombarda. Poi c’è la parte della società di Cottone
Vi sentite ancora?
Non lo sentivo da un anno e mezzo. A Pasqua mi ha chiamato per gli auguri e gli ho detto di passarsi una mano sulla coscienza per quello che ha fatto perché ho creduto nel suo progetto e nell’amicizia
Si sente tradito da Cottone?
Se gli altri amici mi hanno fatto il servizietto di mettermelo nel … lui, diciamo, lo ha fatto in maniera più lieve. Mi ha promesso che un giorno mi toglierà da tutto questo casino e si accollerà anche la mia parte
Veniamo all’accusa per rapina della procura di Roma. Rischia il processo?
Voglio vedere se un giudice mi condanna per rapina
Lei nel 2007, dopo una violenta rissa, sottrae a due paparazzi le loro macchine fotografiche. La denunciano.
Loro sono entrati nella mia proprietà all’Olgiata per immortalare gli inizi della mia storia con Anna Tatangelo
Però i fotografi dicono di essere stati pestati in una strada pubblica. E che lei era tra i picchiatori.
Le botte le abbiamo date e ricevute. Ma poi mi ci vedete a picchiare? Peso 57 chili
Uno scatto dal telefonino di uno dei fotografi, a terra sanguinante, la ritrae con altre tre persone e uno dei paparazzi sdraiato. Due persone: Antonio De Maria e un altro hanno in mano gli zaini dei fotoreporter.
Eravamo in due. Io e il mio assistente De Maria. Gli altri due (mai identificati ndr) non li conosco. Hanno visto che stavamo litigando e sono intervenuti per dividerci, ma a rissa finita sono andati via. Poi ho preso le macchine fotografiche e sono rientrato a casa. Chiamo un amico fotografo per cancellare gli scatti, ma arrivano prima i carabinieri e consegno loro il materiale
Per quei fatti lei è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Roma a nove mesi per lesioni aggravate dall’esercizio abusivo delle proprie ragioni.
Sì. Ma poi la denuncia dei due fotografi è stata ritirata perché li ho risarciti
A quanto ammonta il risarcimento?
200 mila euro complessivi
Affinché ritirassero la denuncia?
In quel periodo, dovevo fare un concerto a New York, al mitico Radio City Music Hall, un desiderio che si avverava e non potevo avere problemi con la giustizia per gli americani. Quelli sono seri
Si è pentito per quello che ha fatto?
Ho sbagliato ad alzare le mani. Ero stressato, la mia vita sbattuta su tutti i giornali. Ero stufo e sono andato a dirglielo ai fotografi. Poi, tutto è degenerato
La storia non si conclude qui. La Corte d’Appello poche settimane fa ha rimandato gli atti alla procura, ordinando una nuova indagine. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di rapina.
Aspetto che mi chiamino, racconterò al Gip la mia versione. Ho fiducia nella giustizia
Lei viene menzionato anche nell’inchiesta Mafia Capitale. Chiede aiuto a Giovanni De Carlo, uno degli arrestati, dopo un furto nella sua villa all’Olgiata per recuperare dei preziosi?
Non ho mai conosciuto Giovanni De Carlo. Quando l’ho saputo ero a Miami e subito ho pensato che forse ero stato fotografato con lui, come successo per Belen Rodriguez. Però non mi spiego come abbia fatto a entrare nella mia villa, come si trovasse lì
La procura di Brescia, nel 2001, l’ha iscritta nel registro degli indagati per associazione mafiosa. Come si è conclusa la vicenda?
Che sono stato prosciolto dalle accuse. In quel procedimento sono passato da indagato a testimone
D’Alessio perché secondo lei è stato indagato?
Perché andavo a cantare ai matrimoni e qualcuno di questi poteva essere di qualche boss. A volte non ero neanche pagato
A Napoli è ancora usanza che i cantanti neomeolodici cantino ai matrimoni dei clan camorristi?
Non so cosa succede a Napoli. Vivo a Roma da 15 anni e queste cose non le seguo e non so neanche se ci sono ancora i clan. Non mi interessa e non lo voglio sapere. Voglio solo occuparmi della musica che mi ha fatto vendere 20 milioni di dischi e che forse a voi non piacerà, ma queste storie mi danneggiano e a breve devo affrontare un tour mondiale. Sono stato un ingenuo, ma non sono un disonesto
La sua compagna, Anna Tatangelo, della sua ingenuità cosa le dice?
Non ha fiducia e fa bene – il cantante sorride -. Ogni volta che le presento un documento, un contratto da firmare, lo vaglia insieme con il suo avvocato. Non considera più la mia opinione. E questa è una cosa che pesa.
di Loredana Di Cesare e David Perluigi