Il dado è tratto. La discussa ed invisibile Elena Ferrante è tra i dodici scrittori finalisti del Premio Strega 2015 con il suo Storia della bambina perduta, edito da E/O. Il comitato direttivo presieduto da Tullio De Mauro ha scelto la dozzina di titoli che arriverà al rush finale del 10 giugno 2015, quando i cosiddetti “Amici della domenica”, lo storico gruppo di giurati di 400 donne e uomini di cultura, sceglierà i cinque finalisti tra i quali, il 2 luglio, verrà scelto il vincitore. Tra loro c’è quindi “colei” che non ha volto, e che più volte è stata accostata ai nomi di Goffredo Fofi e Domenico Starnone, fino a quella che dovrebbe essere l’identità definitiva, ma mai ufficializzata: Anita Raja, moglie di Starnone, e traduttrice dalla E/O.
A contendere alla Ferrante l’ambito riconoscimento del milieu cultural-letterario italiano nato nel 1947 ci saranno soprattutto gli scrittori di punta delle più grandi case editrici: Il paese dei coppoloni (Feltrinelli) di Vinicio Capossela, La sposa (Bompiani) di Mauro Covacich, Chi manda le onde (Mondadori) di Fabio Genovesi, La ferocia (Einaudi) di Nicola Lagioia. Da quest’anno, però, c’è una novità nel regolamento che riguarda il meccanismo di voto per la cinquina dei finalisti in modo che il vincente non sia sempre dei soliti editori noti e potenti: i giurati nella prima votazione dovranno esprimere la loro preferenza per tre dei dodici libri in concorso, non più per uno solo. Inoltre se nella cinquina non vi sarà almeno un libro pubblicato da un editore medio-piccolo, la cinquina diventerà per regolamento (art. 6) una sestina con il primo libro tra i piccoli rimasto escluso che avrà ottenuto più voti. Regole che hanno comunque sollevato un vespaio di polemiche da parte dei piccoli editori perché esiste una clausola che impone l’obbligo di invio di 500 copie gratuite dei dodici titoli finalisti ai votanti.
Se la giocheranno così con maggiori possibilità anche gli altri sei semifinalisti: Final cut (Fandango) di Vins Gallico, Il genio dell’abbandono (Neri Pozza) di Wanda Marasco, Se mi cerchi non ci sono (Manni) di Marina Mizzau, Come donna innamorata (Guanda) di Marco Santagata, Via Ripetta 155 (Giunti) di Clara Sereni, XXI Secolo (Neo) di Paolo Zardi, Dimentica il mio nome (Bao Publishing) di Zerocalcare. Tra i “piccoli” c’è appunto la Ferrante, sostenuta in questa gara a cui la scrittrice non avrebbe voluto partecipare, da Roberto Saviano e Serena Dandini che lo scorso febbraio ne hanno lanciato la candidatura con profondo rammarico del collega Sandro Veronesi: “Non credo che uno scrittore di cui non conosciamo l’identità potrebbe partecipare – spiegò l’autore di Caos Calmo – Se decidi di non esistere allora non vai allo Strega. Perché Ferrante non dovrebbe sottostare alle stesse regole degli altri?”. In realtà non ci sono articoli del regolamento che impediscono la vittoria di un autore che mai si è presentato in pubblico. Oltretutto la Ferrante era già finita tra i dodici semifinalisti con L’amore molesto raccogliendo pochissimi voti, ma all’epoca nel 1993 l’interesse, e le vendite, attorno al suo nome non avevano attirato l’attenzione della stampa internazionale come sta accadendo oggi.
Il Premio Strega fino al 2014 è sempre stato cosa loro tra i principali editori italiani, tanto che molte voci critiche hanno più volte parlato di premio “pilotato”. Dal 2006 il duopolio Mondadori (Einaudi)/Rizzoli(Bompiani) non ha mai conosciuto alternative nella vittoria, e dal ‘47 fino ad oggi ha ottenuto 45 primi posti su 68. Senza mettere in conto cosa potrebbe significare la futura fusione tra le due case editrici paventata a fine febbraio 2015 con porterebbe all’unico marchio che li riunirebbe il 40% del mercato delle vendite italiane. Tra curiosi giurati presenti tra i 400 Amici della Domenica, come Francesco Rutelli e Gianni Alemanno, Paolo Sorrentino e Toni Servillo, la scelta del prossimo Strega non sembra essere più così scontata.