Tifoseria locale, Croce Rossa e Comune si sono adoperati per accogliere le circa 300 persone che hanno deciso di restare nelle 24 ore di "buco" tra il rinvio della partita - inizialmente prevista per sabato - e il suo effettivo svolgimento la domenica
L’altra faccia di Varese-Avellino si gioca dopo le devastazioni del Franco Ossola e prima del pareggio di domenica pomeriggio. È in quello spazio, dilatato da porte segate e terreno di gioco picconato, si disputa un’altra partita. Perché i 350 tifosi irpini arrivati in Lombardia per seguire i ‘lupi’ hanno dovuto sopportare un disagio imprevisto, alleviato dagli sforzi di Lega Serie B, comune di Varese, società e degli stessi tifosi varesini. E se una cinquantina di campani ha deciso di tornare a casa e avrà il rimborso del biglietto grazie a un accordo tra la lega e i due club, gli altri hanno riempito le ventiquattro ore necessarie per rimettere a posto lo stadio, vandalizzato nella notte tra venerdì e sabato per provocare il rinvio della partita, trasformando “una pagina nera in una positiva per il calcio”, dice il direttore generale del Varese Giuseppe D’Aniello.
Perché ad accoglierli è stata prima di tutto la tifoseria locale. Un modo per lavare la vergogna di quanto accaduto poche ore prima e spegnere il focolaio di polemiche corso su Twitter nelle ore successive alla scoperta del raid, con protagonisti proprio i campani che si chiedevano ‘per far cosa abbiamo percorso 900 chilometri?’. A smorzare tutto era già arrivato il silenzio della dirigenza irpina che non ha proposto alcun reclamo per il rinvio della partita. La solidarietà ha fatto il resto. La Croce Rossa e il Comune hanno messo a disposizione generi di conforto e strutture per permettere ai tifosi in trasferta di rifocillarsi e lavarsi. Domenica è stato lo stesso presidente della Serie B, Andrea Abodi, a rimboccarsi le maniche per offrire bevande e cibo agli ospiti, annunciando, oltre alla costituzione della lega come parte civile contro i vandali, che dalla prossima stagione verrà istituito un fondo per sostenere chi si trova in difficoltà mentre è in trasferta. “Questo è il calcio che vogliamo – dice il numero uno dei cadetti – complimenti alle due società e ai loro tifosi”.
Ma i protagonisti cosa raccontano delle ventiquattro ore di buco? Chi non ha potuto trattenersi o è stato fermato sulla strada verso Varese perché non si sapeva quando si sarebbe giocato ringrazia per il rimborso del biglietto. Chi era già in Lombardia ha dovuto adattarsi. Alcuni sono stati ospitati da parenti e amici che lavorano al nord e in Svizzera, altri hanno trovato la mano tesa della tifoseria biancorossa. “Da sabato mattina a domenica pomeriggio ci hanno aiutato dalla A alla Z. Sono stati loro a metterci in contatto con il Comune per trovare una sistemazione almeno per chi non aveva disponibilità economica né parenti – racconta Franco Iannuzzi, tra gli ultras avellinesi presenti a Varese – Venticinque di noi hanno potuto dormire in uno stabile della Croce Rossa e la sera abbiamo mangiato in un ristorante di proprietà di un tifoso varesino, risparmiando. Chi ha dormito davanti allo stadio ha ricevuto la visita dei biancorossi e si è bevuto tutti insieme”.
Tutto a causa di un raid vandalico nello stadio: “Quando c’è amarezza purtroppo capita che qualcuno faccia del male al calcio. Allo stesso tempo però è vero che senza i tifosi non si va da nessuna parte. Le società dovrebbero essere in mano a gente che non pensa solo alle tv. Perché senza tifosi sugli spalti non esistono né passione né televisioni. E in un momento in cui il calcio va a rotoli, il gesto di cui siamo stati omaggiati è una delle cose più belle e genuine. Da Varese tendono quasi a minimizzare: “Nulla di eccezionale – dice uno dei rappresentati dei tifosi protagonisti dell’accoglienza – Tra di noi la solidarietà è un valore”. E sui fatti di venerdì notte? “Tutti hanno già tirato le loro conclusioni, come accade sempre in questi casi. Noi vogliamo capire come si sono svolti i fatti, senza che sia fatta di tutta l’erba un fascio. Ci sono tifosi e tifosi, anche in curva”.