“Tanto tuonò che piovve” oppure “Vai avanti tu che mi vien da ridere”? L’incertezza sulla frase con la quale iniziare questo pezzo è durata poco: senz’altro la seconda. Perché almeno la pioggia è qualcosa, mentre io oggi vi debbo parlare del nulla, di un rigoroso, assoluto, impietoso nulla. Che solo una risata o meglio uno sghignazzo può seriamente (si fa per dire) definire. Il mitico Libro bianco della Difesa, atterrato con cinque mesi di ritardo rispetto all’annunciato arrivo di fine 2014, pomposamente passato martedì 21 aprile all’esame del Consiglio supremo di Difesa (ma di che avranno parlato? Il generale Mosca Moschini avrà raccontato qualche aneddoto della sua carriera militare giusto per far passare il tempo?) è adesso pubblico ed è esattamente quello che dice il suo titolo: bianco, anzi vuoto.
Sessantasette pagine che avrebbero dovuto definire il ruolo, le dimensioni e le prospettive del “sistema Difesa” italiano nelle sue interazioni politico-strategiche con le complessità di un mondo che non è più il vecchio rassicurante mondo bipolare. Ma neppure più il mondo definito più recentemente da Bush e dai suoi accoliti della guerra globale al terrorismo. Mondo che, come tutti possiamo ben vedere, già in qualche modo non è più quello che ci immaginavamo solo poco tempo fa e per poco intendo mesi, non anni. Siamo già oltre. La dimensione del confronto-scontro strategico nel giro di pochissimo tempo ha aggiunto variabili sconosciute ma non impreviste. La ridefinizione dei rapporti strategici nell’area della Penisola arabica-Golfo persico-Corno d’Africa è drammaticamente sotto gli occhi di tutti. L’Europa è un febbricitante terreno di scontro tra blocchi risorti.
Di fronte a tutto questo, quali sono le parole con cui inizia questo inutile libro bianco? “Quando il 9 novembre del 1989 la caduta del muro di Berlino pose fine alla contrapposizione tra il blocco sovietico e quello occidentale”. Il muro di Berlino! Ma dalla sua caduta è passato, dal punto di vista strategico e della sicurezza, l’equivalente di tre ere geologiche. E questi parlano ancora della caduta del Muro. E perché no, a questo punto, non prendere ancor un po’ più di prospettiva e riflettere sulle conseguenze dell’omicidio dell’arciduca Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914? Dopotutto l’onda lunga di quell’evento la avvertiamo bene anche oggi e forse qualcuno degli estensori dell’inutile volumetto pomposamente intitolato “libro bianco” ha visto The Butterfly Effect e può esercitarsi a trarne degli insegnamenti strategici conclusivi.
Il Muro di Berlino, dunque. Un quarto di secolo fa. Sapete invece quante volte viene usata la parola Ucraina? Nessuna, zero carbonella. Crimea? Dopotutto qualche mese fa ci abbiamo mandato una nave spia, la Elettra, a vedere cosa stesse succedendo e subito dopo zio Putin se la pappò in un solo boccone. Mai nominata. Crimea non pervenuta. Baltico? Dov’è? Dopotutto i nostri caccia che sono lì da qualche tempo hanno già fatto 27 scramble (decollo su allarme) in poche settimane. Ma nel vuotissimo libro bianco l’area baltica non esiste.
Direte: ma noi abbiamo ben altre cose a cui pensare. L’Afghanistan, ad esempio. O forse no? L’Afghanistan è nominato ben zero volte. Per cui non si sa chi ci sia a Herat e a Kabul, forse dei contractor della Cia travestiti da soldati italiani. Ad un certo punto si parla del Libano, al punto 96. A proposito, le pagine non sono numerate: forse chi doveva fare l’indice si è accorto che non c’era nulla da indicizzare e ha preferito togliere i numeri alle pagine per disorientare il lettore. Ebbene, al punto 96 di una pagina ignota di un libro-bianco-che-più-bianco-non-si-può appare la parola Libano. Ma solo per uno sproloquio sullo strumento militare che sa coagulare il contributo di altre risorse espresse dal “Sistema Paese”. Ma allora è una fissa questa del “Sistema Paese”.
Un momento, Gibuti. Dopotutto a Gibuti abbiamo di recente impiantato la prima base militare nazionale permanente all’estero dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Perché l’abbiamo costruita? Perché abbiamo firmato un trattato decennale con quello staterello dittatoriale pagando fior di milioni? ‘Un sacciu. Di Gibuti non si parla. Mai. Da nessuna parte, neppure in una noticina a piè pagina corpo sei.
Delle omissioni si potrebbe continuare a parlare per giorni. Ma il vero problema sono le cose scritte. Non granché, a dire il vero, ma la gran parte di quello che si legge nel Libro Vuoto della Difesa è grave, un’abdicazione in piena regola della politica che si consegna, mani e piedi ammanettati, ai militari.
L’inutile libercolo si rifiuta di definire, ad esempio, i livelli preparazione e prontezza necessari. Cose come noto del tutto superflue per un Esercito. Adeguati livelli di preparazione e di prontezza delle forze devono assicurare che la Difesa abbia disponibili idonee capacità militari per svolgere, quando necessario, le operazioni deliberate dal Governo. Tali parametri rappresentano importanti indicatori per valutare l’effettivo output operativo potenziale del nostro Strumento militare e l’efficacia degli investimenti effettuati (punto 131). Non so quale sia la vostra dimestichezza con il vuoto, ma se vi serviva un esempio eccovelo. “Idonee capacità…per svolgere quanto deciso”. Ammettiamolo: siamo di fronte a una vera rivoluzione del pensiero strategico militare. Ci saremmo infatti aspettati che la Difesa debba essere inidonea a svolgere. Tutti sono bravi a fare qualcosa se ne hanno le capacità. Che poi tali parametri (quali, ossignore, quali?) consentano di valutare l’output operativo è la dimostrazione di un vero sapiente, esercizio dell’arte del comando. La stessa frase, applicata ad esempio ai vigili del fuoco, potrebbe essere: è bene che le autopompe siano o non siano cariche d’acqua nel caso scoppiasse un incendio come quello di Chicago del 1871. Male che vada, si spegne da solo. Dopo potremo meglio valutare l’output.
Vediamo di stringere, perché in realtà qualcosa alla fine il libercolo dice. Si sbraccia molto nel vedere un ruolo dell’industria più incisivo (prefigura ad esempio l’invio di civili dipendenti dall’industria privata nei teatri operativi, i nostri contractor che ci mancavano tanto). Immagina leggi pluriennali di finanziamento che non distinguano più tra investimento, spese di manutenzione e spese del personale così che la gestione la buttiamo nel secchio e spendiamo tutto in nuove armi e non ci accorgeremo dell’assoluta inefficienza della spesa. E infine, con una visione strategica di incredibile, lungimirante visionarietà, afferma che progettazione, sviluppo e produzione delle tecnologie pertinenti alle competenze sovrane saranno mantenute sul territorio nazionale, indipendentemente dagli assetti proprietari. Cioè, anche se vendiamo le aziende strategiche come la Piaggio Aero agli emiri del Golfo non ce ne importa nulla, basta che ci promettano di restare qui. La stessa cosa che ha fatto Whirpool con la Ignis. Furbi come volpi. Una cosa è certa, questa parte del libercolo dedicata all’industria è l’unica che abbia una sua coerenza interna e che prefiguri cose concrete. Sembrerebbe che alla Pinotti gliel’abbiano scritta gli industriali in prima persona.
Ma sono le ultime due pagine le uniche veramente utili. Nel senso che dimostrano l’assoluta inutilità di un ministro della Difesa, della Pinotti in particolare. È il capitolo 10, pomposamente intitolato “Pianificazione strategica e implementazione del Libro Banco”. Meno di due paginette per dire: scusate, avete perso tempo a leggere il libro. Adesso i generali ci diranno cosa faremo davvero: entro tre mesi una commissione predisporrà, nel termine di sei mesi, nel termine di un anno, e ancora nel termine di sei mesi. Una sfilza di termini, di mesi e di commissioni. Bye, Bye Baby. Finisce tristemente così questo vuoto, vuotissimo libro bianco: affida ai generali (o meglio: a commissioni di generali e ammiragli) la stesura dei veri contenuti entro perentori tre, sei, dodici mesi. Come tutti i buoni burocrati sanno, se non vuoi decidere costituisci una commissione. Detto fatto. Questa è vera pianificazione strategica. E pensare che il Parlamento è stato appeso un anno a questo libro ex bianco ora vuoto per capire se avremmo acquistato e quanti F-35. Facevano più presto a chiederlo alla Lockheed. Vero onorevole Scanu?