Dietro le stragi di questi ultimi giorni ci sono responsabilità molto precise: le scelte politiche e le leggi dei governi dell’Ue, compreso quello italiano.
Chi, in queste ore, propone di pattugliare le coste e di bloccare frontiere, sembra ignorare il fatto che chi scappa per salvare la propria vita e quella dei suoi cari non si ferma certo davanti al rischio di morire in mare, e lo dimostra in queste ore il nuovo naufragio al largo di Rodi. E’ fondamentale che si aprano subito nuove vie d’accesso legali e veri e propri corridoi umanitari. La priorità europea deve adesso essere quella di mettere al centro l’accoglienza di un numero consistente di rifugiati e di organizzarsi per farlo al meglio, utilizzando gli strumenti legislativi che già esistono, a partire dalla protezione temporanea che fu applicata ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia. Anche perché non di buonismo sono morti i poveri naufraghi, ma di un “cattivismo” approssimativo e disorganizzato che non ferma i viaggi della speranza, li rende solo più pericolosi e riempie le tasche degli scafisti e di alcune delle cooperative che in Italia gestiscono a caro prezzo ma spesso malissimo l’accoglienza.
L’imperativo è costruire un nuovo “Mare Nostrum Europeo“, finanziato in maniera appropriata. Su questo il governo italiano deve rimanere in prima linea e spingere perche si riattivi subito un programma di salvataggio in tutta l’area del Mediterraneo. Contemporaneamente l’Ue si faccia carico di un programma di ricerca e salvataggio propriamente europeo: questo significa cambiare la missione “Triton”, non solo rifinanziarla come hanno deciso di fare ieri i Ministri riuniti a Lussemburgo, perché è stato creato per proteggere frontiere e non per salvare persone.
Renzi ha affermato che l’Europa non può permettersi di voltare lo sguardo altrove, come accadde a Srebrenica. Sono d’accordo. Concordo anche in merito alla necessità di fermare i trafficanti e costruire un sistema efficiente di monitoraggio e controllo dei barconi. Ma tutto ciò non basta, perché queste misure da sole renderebbero ancora più difficile l’arrivo dei richiedenti asilo e l’accoglienza dei migranti. E quindi non risolverebbero il problema dei naufraghi. L’Ue si deve rassegnare al fatto che si debba aprire un dibattito sulle quote di accoglienza e un serio ragionamento che stabilisca un meccanismo di ricollocamento anche temporaneo dei migranti. Basterebbe una politica basata su numeri precisi e quote per Stato Membro per esorcizzare in poco tempo i fantasmi di invasioni sproporzionate. E poi è necessario rivedere il sistema di Dublino, quindi, lavorando ad una politica di asilo e immigrazione più lungimirante e razionale, che permetta di non limitare la richiesta di asilo al Paese nel quale si arriva. Insomma, se è vero che non si possono accogliere tutti i poveri del mondo, almeno si deve accettare che nemmeno è fattibile tenerli fuori tutti: e invece la politica europea si regge proprio su questa illusione.
Certo, tutto questo costa. Costa denaro, organizzazione, volontà politica. Se lo si vuole, è possibile trovare le risorse necessarie: per esempio, contando a parte le spese richieste per l’assistenza dei rifugiati e richiedenti asilo, quindi togliendolo dal calcolo del debito dei paesi interessati e utilizzando parte dei fondi europei in scadenza non ancora spesi da numerosi paesi Ue, Italia in primis. E’ infatti impossibile spendere in modo appropriato i 7,6 miliardi di euro che l’Italia ha a disposizione da qui alla fine dell’anno. Perché non devolverne alcuni a migliorare l’assistenza e il trattamento dei rifugiati, ad accelerare le lunghissime procedure che bloccano per mesi giovani uomini e donne in un ozio terribile e improduttivo in strutture fatiscenti?
Alex Langer, il leader dei Verdi Europei scomparso esattamente 20 anni fa, disse una volta che il sogno europeo era morto a Sarajevo. Non perdiamo questa occasione di riportarlo in vita.