La notizia è di quelle che fanno accapponare la pelle: il governo australiano sta studiando una proposta di legge che taglia alcuni benefici del welfare ai genitori che rifiutano di far vaccinare i propri figli. Le ragioni della proposta di legge? Il calo delle vaccinazioni. Se la proposta di legge australiana, che gode di ampio supporto parlamentare, sarà approvata, dal prossimo 2016 le famiglie che rifiuteranno le vaccinazioni dell’infanzia, perderanno benefici fiscali per oltre 8.000 dollari canadesi all’anno. Una norma di legge di questo tipo sarebbe difficilmente concepibile in Italia: nella nostra cultura sociale: il welfare è un diritto del cittadino, non soggetto a vincoli e valutazioni.
Nella cultura anglosassone, invece, il welfare è un costo che la società si accolla, in favore dei cittadini meno abbienti, e si ritiene ammissibile che sia erogato in cambio di una contropartita (nella fattispecie, la partecipazione al programma di immunizzazione che protegge tutti i cittadini). D’altra parte la preoccupazione per il calo delle vaccinazioni è anche italiana: l’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che l’allarme causato dal vaccino Fluad ha causato un calo delle vaccinazioni antinfluenzali responsabile di alcune centinaia di morti evitabili.
L’etica dell’atto medico è strettamente collegata alla sua credibilità scientifica: la vaccinazione di massa è così importante da giustificare la sanzione prevista dal governo canadese? Il documento più completo in materia è il rapporto dell’Institute of Medicine di Washington (Dc, Usa), pubblicato nel 2011 e consultabile gratuitamente sul web. Non è possibile riassumere i dati contenuti nel rapporto, che consta di quasi 900 pagine, ma se ne possono estrarre alcuni esempi, e forse il caso del morbillo è quello più interessante. E’ infatti un caso paradigmatico perché il morbillo è la più importante tra le virosi comuni dell’infanzia, e perché è disponibile un vaccino efficace, sul quale era stato sollevato un ingiustificato allarme dal medico inglese Andrew Wakefield che, avendo interessi in un vaccino alternativo, sostenne la correlazione tra vaccino e autismo, poi dimostrata falsa.
Il rapporto analizza tre casi di bambini di circa due anni che morirono per una encefalite da vaccino; tutti e tre presentavano una sindrome di grave immunodeficienza. L’incidenza di encefalite in bambini vaccinati per morbillo, parotite e rosolia (vaccino Mmr), ma non portatori di immunodeficienze, nei tre mesi successivi al vaccino è risultata non diversa da quella dei bambini non sottoposti a vaccinazione: ovvero il rischio di encefalite connesso al vaccino sarebbe pressoché nullo. Altri studi hanno misurato livelli di rischio di encefalite nell’ordine di meno di 2 casi per ogni centomila vaccinazioni (sorprendentemente l’incidenza è simile sia per preparazioni antivirali, che includono virus viventi o uccisi, sia per preparazioni antibatteriche; si legga ad esempio qui).
In epoca precedente al vaccino anti-morbillo, il rischio di ammalarsi di morbillo (a qualunque età) era di circa l’80% e la mortalità della malattia era di circa 1 caso su 4.000, più o meno equamente ripartita tra la polmonite virale e una delle varie forme di encefalite. E’ facile calcolare che una popolazione di un milione di individui non vaccinati deve prevedere circa 250 morti per morbillo mentre una popolazione vaccinata delle stesse dimensioni deve prevederne non più di 10-20; ed infatti si stima che su scala mondiale la vaccinazione anti-morbillo risparmi circa 2 milioni di morti all’anno.