Ricordo che nel 1978 visitai per la prima volta la penisola iberica. Fu un viaggio bellissimo, in un Paese ancora per molti aspetti esotico, che si stava allora risvegliando alla democrazia e al rapporto con il resto d’Europa. Rimasi particolarmente colpito dal Paese Basco. Le fiestas che si svolgevano (era estate) erano ancora più affollate che altrove. A un certo punto la gente cantava una divertente filastrocca accompagnando il canto con il lancio di oggetti, in genere maglioncini o simili, per aria. Rievocavano in tal modo l’attentato a Carrero Blanco, l’ultimo dei governanti franchisti, fatto saltare in aria dall’Eta poco tempo prima con un’azione spettacolare raccontata in modo avvincente dal film Operazione Ogro di Gillo Pontecorvo.
I baschi sono un popolo di antica civiltà. Tra i pochi europei a non essere di origine indoeuropea. Probabilmente un popolo di insediamento ancora precedente che ha sempre avuto a cuore la sua autonomia, cultura e libertà. Tutte e tre vennero represse selvaggiamente dal franchismo, anche perché baschi erano stati fra i più fieri avversari di Franco durante la guerra civile, venendo puniti anche da bombardamenti genocidi, come quello attuato dalla Luftwaffe e dall’aviazione fascista italiana a Guernica, immortalato dal celebre quadro di Picasso.
Contro tale repressione venne organizzata una risposta anche armata con la formazione dell’Eta. Per una serie di motivi, molte delle promesse formulate al momento dell’instaurazione del regime democratico non vennero realizzate. Una parte dell’Eta decise la continuazione del conflitto. Più di recente, anche questa parte irriducibile ha ritenuto che non vi fossero più le condizioni per la continuazione della lotta armata. Questa decisione di abbandonare le armi e di concentrare le energie sullo scontro democratico costituisce un’occasione importante per l’insieme dello Stato spagnolo.
Al suo interno si agitano spinte all’autodeterminazione nazionale che non riguardano solo il Paese basco. In Catalogna, ad esempio, è in atto un dibattito analogo. A mio parere, finché la Spagna sarà governata da partiti in tutto e per tutto succubi delle richieste del capitale internazionale e delle oligarchie europee, come lo è il governo attuale, le spinte verso la secessione di comunità nazionali autonome e ben distinte sul piano storico, come appunto i baschi e i catalani ed anche altri, continueranno a moltiplicarsi. Ma questo fa parte di un dibattito estremamente complesso ed articolato rispetto al quale si vanno posizionando vecchie e nuove forze politiche statali e regionali.
Quello che è certo è che l’armamentario repressivo, fatto di tribunali speciali, come quello tuttora esistente, probabilmente la peggiore e più ingombrante scoria del franchismo, e di operazioni poliziesche nelle quali purtroppo non si disdegna l’uso della tortura, come pure l’arresto degli avvocati, quali da ultimo Jon Enparantza ed Arantza Zulueta, in galera solo per aver esercitato la professione difendendo prigionieri politici, costituisce un anacronismo e una risposta sbagliata, specie di fronte alla menzionata decisione dell’Eta di abbandonare il terreno della lotta armata. Non sono mancati tentativi, per fortuna respinti, finora, dalla Corte suprema, di impedire la presentazione alle elezioni di forze politiche appartenenti alla sinistra nazionalista cosiddetta abertzale, che ricevono peraltro un consenso ampio e crescente in tutto il Paese basco.
Tale armamentario repressivo ed obsoleto andrebbe quindi definitivamente dismesso. In tutto il mondo, dalla Colombia alla Turchia, forze che si sono dedicate per molti decenni alla lotta armata, dalle Farc al Pkk, cercano oggi, mediante negoziati con i governi, di porre fine ai conflitti armati e profondere le loro molteplici energie sul piano della lotta democratica di massa. Sarebbe paradossale se ciò non potesse avvenire anche in Europa, che si considera all’avanguardia della democrazia.
In questo quadro va considerata particolarmente sbagliata la decisione del governo spagnolo di arrestare Arnaldo Otegi, leader storico dell’indipedentismo basco di sinistra, in carcere dal 2009 nonostante fosse il principale promotore del passaggio al dialogo e dell’abbandono delle armi e condannato a ben sei anni e mezzo di carcere per aver militato nel partito Batasuna, che era stato messo al bando in modo giuridicamente ben discutibile. La Dichiarazione che ne chiede la liberazione si conclude facendo riferimento ai valori della giustizia e della pace e a una soluzione senza vinti né vincitori. Valori e concetti importanti oggi più che mai per l’Europa nel suo complesso.