Tra la Juventus e il ritorno nelle prime quattro squadre d’Europa restano novanta minuti da giocare allo stadio Luis II. È il secondo tempo della doppia sfida dei quarti di finale di Champions League contro il Monaco, la classica partita che non si può sbagliare. I bianconeri quest’anno non l’hanno fatto quasi mai (l’unico vero scivolone è stata la sconfitta in Grecia contro l’Olympiakos, che avrebbe potuto compromettere il cammino europeo). E questo è uno dei tanti motivi per cui Allegri avrà dormito sonni sereni alla vigilia di un match a suo modo storico: le semifinali di Champions mancano in casa bianconera addirittura dal 2003, l’anno della finale persa ai rigori contro il Milan.
La Juventus era favorita al momento del sorteggio dell’urna di Nyon, lo è a maggior ragione dopo la partita d’andata: l’1-0 di Torino mette i bianconeri nelle condizioni ideali per centrare la qualificazione da un punto di vista tattico, psicologico e di punteggio. Innanzitutto perché si tratta di un risultato difficile da ribaltare: un gol fuori casa costringerebbe i monegaschi a doverne fare tre per passare il turno. D’altra parte, il vantaggio risicato esclude cali di concentrazione che una vittoria più larga avrebbe potuto causare. E l’andata ha mostrato chiaramente vizi e virtù degli avversari: bravissimi a difendere con ordine e le due linee di difesa e centrocampo sempre ben compatte; bravi a ripartire in contropiede con la freschezza di Martial e Carrasco, talenti da seguire con attenzione negli anni a venire; decisamente mediocri se si tratta di dover impostare il gioco contro una difesa schierata. Quello che il Monaco sarà costretto a fare, visto l’obbligo di vincere almeno 1-0 per portare la sfida ai supplementari. Anche se in conferenza stampa il tecnico Leonardo Jardim ha ribadito: “La prima cosa è difendersi, non dobbiamo prendere gol. Poi si tratta di colpire in attacco in modo efficace”.
Loro, gli outsider, non hanno intenzione di snaturarsi. Il compito di Allegri sarà essenzialmente trovare un giusto equilibrio tra un atteggiamento prudente ed uno troppo remissivo: scoprirsi e prestare il fianco alle ripartenze dei padroni di casa sarebbe un errore tanto quanto rinunciare in partenza ad offendere. “Per passare bisogna fare gol”, ha detto anche l’allenatore bianconero. Ma quest’anno la Juve ha già più volte dimostrato (l’ultima proprio sabato scorso, in campionato contro la Lazio), di essere perfettamente in grado, quando serve, di attendere gli avversari, lasciare loro il controllo (sterile) del gioco per poi colpirli in contropiede. È forse la principale innovazione apportata da Allegri rispetto all’era Conte, tornerà utilissima anche a Montecarlo. Più delle varie trasformazioni di modulo, che per l’occasione dovrebbe tornare ad essere il 3-5-2, con un difensore in più (Barzagli) e un centrocampista in meno (Pereyra; il match winner dell’andata Vidal è pienamente recuperato). Davanti confermatissima la coppia titolare Morata-Tevez.
Attenzione, allora, ai primi minuti (quando i padroni di casa proveranno a spingere), ai calci piazzati, alle naturali insidie di una trasferta europea, che non sono mai poche. Con un occhio preoccupato ai precedenti. Le ultime tre volte che la Juventus ha vinto 1-0 all’andata in campo internazionale è sempre stata eliminata: contro il Celta Vigo in Coppa Uefa nel 2000, contro Glasgow Rangers e Brugge in Coppa Campioni nel ’78 e nel ’79. Ma è solo statistica. Era un’altra squadra ed altri tempi, non esisteva ancora neppure la Champions League. Questa Juve è solida abbastanza per non farsi spaventare. Dal Monaco o dalla cabala.