Un’altra partita di giro che non risolve il nodo del debito. “Trovati 400 milioni di euro per gli stipendi di aprile, ma ora cerco altri 2 miliardi e mezzo”. Queste le parole che il viceministro delle finanze Dimitri Mardas ha consegnato questa mattina alla tv greca Mega, sollevando, anche se solo per pochissimo tempo, gli animi di dipendenti pubblici e pensionati. Se fino a ieri l’allarme ad Atene suonava in attesa del 25 aprile, ultimo giorno in cui è previsto che nelle casse dell’erario ci sia denaro cash, oggi si apprende che qualche fondo pensione ha versato soldi sul conto speciale della Banca di Grecia aperto dal governo per l’emergenza.
Due giorni fa l’esecutivo Tsipras, contestato da tutti i fronti, ha deciso di impegnare la cassa degli enti pubblici attraverso un decreto con cui ha intimato a amministrazioni pubbliche e enti locali di centralizzare la propria liquidità nella tesoreria nazionale. Oltre alla contrarietà dei titolari di quote di fondi pensione si registra la ferma protesta dei sindaci ellenici, che ieri in un’assemblea infuocata hanno tuonato contro il governo: “Non vi daremo un euro”. Sindaci e prefetti hanno deciso, rischiando conseguenze penali, di non applicare la decisione del governo, che chiedeva la disponibilità a versare 5,5 miliardi. L’Unione Centrale dei Comuni della Grecia ha preso la decisione dopo una riunione di sette ore con lo stesso Mardas. Intanto, i lavoratori in tutti i comuni si preparano a proteste e marce in strada il giorno in cui l’atto legislativo andrà alla Camera.
Gli amministratori locali restano in trincea perché se dovessero essere “costretti” dal decreto governativo all’esborso potrebbero paradossalmente non avere poi denaro per l’amministrazione ordinaria, come l’illuminazione o la raccolta dei rifiuti nelle città. Il governo ha smentito i rumors su un prelievo obbligatorio in caso di nuova emergenza, ma ad oggi nessuno può escludere che alla fine Tsipras opti per una sorta di metodo Cipro rivisto, con gli enti pubblici al posto dei correntisti espropriati.
Nel frattempo la trattativa sul debito ellenico continua a rilento e non si vedono spiragli di soluzione. Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier greco Alexis Tsipras continuano a inviarsi messaggi contraddittori e poco incoraggianti, fatta eccezione per il “no al Grexit” che ancora ieri il numero uno dell’esecutivo Ue ha ribadito. Ma la realtà è che tra maggio e giugno il Paese deve restituire 2,5 miliardi al Fondo monetario internazionale e tra luglio e agosto scadranno bond in mano alla Bce per altri 6,7 miliardi. Somme che non ci sono, anche se l’Eurotower sta continuando a garantire l’accesso delle banche alla liquidità di emergenza (Ela) e secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt ha nuovamente aumentato il tetto portandolo a 75,5 miliardi. Smentita invece l’indiscrezione, rivelata dal New York Times, secondo cui Francoforte avrebbe dato “un giro di vite” rendendo molto più costoso il ricorso all’Ela.
In parallelo la fiducia nelle strategie di Tsipras e dei suoi ministri registra una flessione. Se un mese fa il 72% dei cittadini era favorevole alla strada intrapresa nelle trattative con i creditori, oggi quella percentuale si è ridotta al 45,5%. Con i gruppi di anarchici che ricominciano a fare la guerriglia urbana nel centro di Atene mentre, a pochi passi dalla sede di Syriza a Koumoundourou, ieri alcuni profughi siriani e pakistani hanno trasformato le aiuole in un vero e proprio camping a cielo aperto sotto gli occhi dei turisti increduli. Pollice verso anche da Washington, con l’ambasciatore americano ad Atene che richiama duramente il governo contro la nuova legge che scarcera i detenuti affetti da malattie o patologie: ne beneficerà il capo dei terroristi greci del famigerato gruppo 17 Novembre, Christodoulos Xiros, segnalato anche nella speciale lista dell’Fbi.
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