In quel Regno Unito che, nella sua capitale, ospita sempre più miliardari, fra oligarchi russi e sceicchi arabi, la povertà riprende a cavalcare a tutta velocità, nonostante le buone performance dell’economia. Così, per la prima volta nella storia britannica, uno studio scientifico ha ora trovato un legame diretto fra il taglio alla spesa pubblica e il ricorso alle istituzioni caritatevoli. Le banche del cibo, in particolare, nel Regno Unito risultano essere più presenti e più richieste proprio dove il taglio al welfare si è concentrato di più negli ultimi anni. A certificarlo, dati alla mano, è una ricerca dell’Università di Oxford, pubblicata dal British Medical Journal e rilanciata persino dal quotidiano economico Financial Times, solitamente assai poco attento al tema della povertà.
Certo, la cosa potrebbe sembrare scontata, ma finora nessuno si era mai preso la briga di studiare scientificamente il fenomeno. Le banche del cibo si sono concentrate negli ultimi anni soprattutto dove la popolazione è stata più colpita dai tagli ai “benefit” (così vengono chiamati gli aiuti di Stato nel Regno Unito) e dove la disoccupazione ha ripreso a crescere. Londra, chiaramente, è un caso a sé, una città dove la povertà delle periferie è assai mitigata, per non dire “annacquata”, dall’enorme ricchezza di chi vive nei lussuosi quartieri di Kensington, Chelsea, Westminster e Mayfair. Una ricchezza spesso spropositata e che, statisticamente, fa risultare la capitale britannica nella lista delle città più opulente al mondo, nonostante quei milioni di lavoratori (almeno due in città) pagati a minimo di Stato (6,50 sterline lorde all’ora, spesso lavoratori “a cottimo”), quelle famiglie numerose che devono occupare illegalmente le proprietà sfitte e quel malessere che, fra le altre cause, ha portato ai violenti “riot” del 2011, le sommosse che per diverse settimane hanno messo a ferro e a fuoco prima Londra e poi altre città del regno.
Dati alla mano, appunto, se nel 2009 le banche del cibo erano presenti in 20 territori comunali, a fine 2014 erano invece insediate in ben 251 comuni. La ricerca pubblicata sul British Medical Journal dà inoltre anche alcune indicazioni sul peggioramento della salute pubblica in queste aree dove le istituzioni caritatevoli si concentrano, anche se a impressionare è un altro dato: le razioni di cibo date gratuitamente ai britannici grazie a queste strutture sono passate da 0,6 ogni cento abitanti nel 2010 a 2,2 ogni cento persone nel 2013, in soli quattro anni la quantità di cibo distribuita è quindi praticamente triplicata. Chiaramente, a livello Paese, si registrano dati diversi, così si va dalle 0,1 razioni nel ricco Staffordshire alle ben otto razioni ogni 100 abitanti a Newcastle, città del nord dell’Inghilterra particolarmente colpita dalla crisi.
Paragonando poi questi dati alla concentrazione delle persone che hanno perso l’aiuto da parte del welfare pubblico negli ultimi anni, ecco così che l’Università di Oxford ha trovato l’esistenza di questo legame diretto. Interpellato in passato dalla stampa britannica, l’esecutivo guidato dal Tory David Cameron, una coalizione di conservatori e liberaldemocratici, si era sempre rifiutato di commentare pienamente sulla questione delle banche del cibo. E se la retorica dei partiti di governo sottolinea ora in modo roboante la crescita economica del Regno Unito, anche in vista delle elezioni politiche del prossimo 7 maggio, spaventa sempre più al di qua della Manica quell’esercito di chi, senza una banca del cibo e senza la carità, proprio non riuscirebbe a mangiare.