Lo scudetto è ormai una formalità, per la Coppa Italia bisogno 'solo' battere la Lazio in finale (già sconfitta due volte in stagione) e in Champions i bianconeri sono arrivati all'anticamera del sogno. Numeri di una stagione trionfale. D'obbligo il paragone tra la squadra di Allegri e quelle che nel passato più o meno recente hanno fatto la storia dei torinesi
Lo scudetto è ormai una formalità, solo la Lazio divide Juventus e Coppa Italia e tra le quattro migliori squadre d’Europa non ci sono né squadre inglesi né il Paris Saint Germain degli sceicchi. Ma proprio lui, Massimiliano Allegri, accolto a metà luglio da urla a Vinovo e bufera sui social. Poi succede quello che non ti aspetti e ora Torino ha il cuore in gola perché una stagione così non poteva pronosticarla nessuno dopo l’addio di Antonio Conte. Dopo tre scudetti consecutivi, l’allenatore salentino se n’era andato perché demotivato e un po’ deluso da un mercato che non aveva respiro europeo. Nove mesi dopo, la Juventus è in semifinale di Champions League nonostante l’assenza di Pogba, un Pirlo da gestire e Vidal che non è stato Vidal per lunghi tratti della stagione, prima di tornare una furia nel momento clou. I bianconeri corrono su tre fronti o per dirla alla spagnola sognano il triplete. Una magia riuscita solo una volta a una squadra italiana (l’Inter), e in casa bianconera non la ricordano con gioia. Magari evaporerà tutto in semifinale ma il quadro di questa stagione ha un peso specifico importante. L’ultima semifinale di Champions è datata 2003, fu conquistata con una zampata di Zalayeta, poi la fiaba si interruppe a Manchester, contro il Milan. La Juve si cucì lo scudetto sulla maglia, però ad aprile aveva già detto addio alla possibilità di vincere tutto perché fuori dalla Coppa Italia. In panchina sedeva Marcello Lippi, che nella memoria dei tifosi juventini ha un posto speciale come pochi altri allenatori nel calcio moderno. Uno scrigno nel quale Allegri potrebbe entrare prepotentemente. Gli servirebbero quattro partite perfette per accomodarsi accanto ai totem bianconeri degli ultimi quarant’anni.
Take Our PollLippi I e II, gli scudetti e il double
La seconda avventura di Marcello Lippi sulla panchina bianconera portò in dote l’ultima semifinale di Champions. C’era, e c’è ancora, Buffon. C’erano e non ci sono più Zambrotta, Thuram e Nedved. Fu una parentesi gonfia di emozioni ma meno vincente del Lippi I. Tra il 1994 e il febbraio 1999 l’allenatore toscano costruì uno dei cicli più importanti della storia juventina, cesellato con Del Piero, Ravanelli, Vialli, Davids e Zidane. Arrivarono tre finali di Champions consecutive e nel 1996 la coppa dalle grandi orecchie ascoltò l’urlo di Torino. Quell’anno la Juventus chiuse il campionato al secondo posto e uscì ai quarti di Coppa Italia. Portò a casa tre trofei nella stagione successiva (scudetto, Intercontinentale e Supercoppa Uefa) e senza il Borussia Dortmund sarebbero stati quattro. Lippi sfiorò un ‘piccolo’ triplete all’esordio, quando mise insieme il double nazionale (campionato e Coppa Italia) e perse la finale di Uefa.
Il decennio del Trap
Dev’essere il buon destino delle prime stagioni a Torino, lo stesso che sta accompagnando Allegri. Perché anche Giovanni Trapattoni – correva l’anno 1977 – agguantò scudetto e Coppa Uefa all’esordio, mancando di poco la Coppa Italia. L’anno dopo bissò in Serie A e si fermò in semifinale di Coppa Campioni e Coppa Italia. C’erano Scirea, Tardelli, Bettega, Boninsegna, Causio e Cuccureddu. Arrivarono poi altre otto stagioni di gloria, 12 trofei tra cui 4 campionati e la prima Coppa Campioni conquistata all’Heysel in quel tragico 29 maggio 1985. Vestivano bianconero Le Roi Platini, il Bello di Notte Boniek e Pablito Rossi. Dodici anni prima la Juventus di Čestmír Vycpálek aveva solo accarezzato il tetto d’Europa. L’Ajax ammazzò i sogni sul traguardo, la bacheca si arricchì di due campionati consecutivi e fu sul punto di accogliere una Coppa Italia ma la spuntò il Milan ai rigori.
Da Capello a Conte, c’è di mezzo Calciopoli
Non vennero stesi tappeti rossi anche all’arrivo di Fabio Capello nel 2004. Troppo ingombranti il passato a Milano e gli scontri sull’asse Roma-Torino quando l’allenatore friulano allenava nella Capitale. Rispose con la vittoria di due campionati consecutivi, discussi più nelle aule di tribunale che sul campo. In Europa la corsa si arrestò un passo prima di Allegri: la Juve perse nei quarti contro il Liverpool prima e l’Arsenal poi. E in coppa Italia non andò mai oltre i quarti. Dall’inferno della Serie B a Conte c’è stato il nulla. L’allenatore leccese ha ridato un’identità e vinto tre scudetti consecutivi, l’ultimo con numeri da record. In Champions lo scorso anno è affogato nel fango di Istanbul, dopo essere diventato piccolo-piccolo davanti al Bayern Monaco nel 2013. Contro il Benfica ha divorato l’occasione di giocarsi l’Europa League in casa. Un fallimento. A luglio ha staccato la spina, forse certo che nella campagna europea non si sarebbe potuto far meglio anche quest’anno. Mise il copyright su una frase che oggi torna indietro come un boomerang: “Se ti siedi in un ristorante dove si pagano 100 euro non puoi pensare di mangiare con 10”. Aggiunse sorridendo che in Europa la Juventus ha una storia “che però oggi non corrisponde alla realtà perché abbiamo iniziato un percorso e c’è tanta strada da fare”.
Sedersi al ristorante con 100 euro e mangiare con 10: Allegri ci sta provando
Un lungo tratto l’ha coperto Allegri. Nessuno potrà accusarlo di aver incrociato Borussia Dortmund e Monaco invece di Chelsea e Real Madrid. La loro dose di fortuna i bianconeri l’hanno trovata nell’urna di Nyon. Mourinho dice spesso che per far strada in Champions ne serve in gran quantità. Proprio il triplete dello Special One rappresenta il sogno che Torino culla in questi giorni. “Non sono un pirla”, fu l’ammorbidente con cui l’allenatore dell’Inter si presentò prima di prendersi tutto. Ad Allegri sono toccati insulti e contestazioni ma, dentro di sé, avrà pensato anche lui di non esserlo. Poi si è messo a dimostrarlo, navigando senza proclami. Ha lasciato parlare i risultati in Italia e soprattutto in Europa. È quello che alla Juventus importa di più. Un manifesto scritto da Giampiero Boniperti e cristallizzato sul colletto delle maglie recita: ‘Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta’. Ecco perché la stagione di Massimiliano Allegri da Livorno potrebbe diventare la migliore della storia bianconera. Nonostante il ristorante sia sempre da 100 euro e la Juventus non li abbia ancora in tasca. Forse non li avrà mai. Intanto però arrivano le portate principali.