Cultura

25 aprile, Maria la partigiana che salvò i soldati con un abbraccio: “I ragazzi non sanno niente? Mi viene da piangere”

Maria Zuccati, classe 1929, aveva 14 anni quando a Mantova, insieme al fratello, aiutava i militari in rotta dopo l'8 settembre 1943: "Io per paura dei fascisti e dei tedeschi di volta in volta abbracciavo un soldato diverso: fingendo di essere una coppietta attraversavamo la città finché non eravamo fuori porta"

“Rifarei tutto della Resistenza, perché quando oggi vedo i ragazzi in tv dire che non sanno cosa sia successo il 25 aprile del 1945 (guarda il vox del Fatto.it, ndr) mi viene da piangere. In quei mesi nacque la democrazia italiana”. Maria Zuccati, mantovana, classe 1929, è una delle donne che nel 1943 non ebbe titubanze e scelse di partecipare attivamente alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Lei non era ancora donna, si può dire. Una ragazzina: “Avevo 14 anni, venivo dalla campagna ma assieme a mia madre e mio fratello per poter fare scuole migliori andammo ad abitare in città, vicino al seminario e a una delle tre caserme”, racconta Zuccati a ilfattoquotidiano.it. “Cominciò tutto l’8 settembre del 1943. Con l’armistizio gli ufficiali fuggirono e i soldati rimasero chiusi dentro la caserma. Chiesero aiuto per giorni, alcuni si gettarono anche dalle finestre. Chi riuscì a fuggire venne accolto e nascosto nelle cantine. Mio fratello che aveva 19 anni li portava sul cannone della bicicletta verso la stazione. Io per paura dei fascisti e dei tedeschi di volta in volta mi abbracciavo ad un soldato diverso e fingendo di essere una coppietta attraversavamo la città finché non riuscivo a farli fuggire fuori porta”.

A Mantova fin dal 10 settembre i nazisti trucidarono soldati italiani e costruirono tre campi di concentramento dove vennero internati oltre 240mila persone. “La mia era una famiglia socialista e antifascista che ci spinse a prendere coscienza di quello che stava succedendo – continua Zuccati – tra i fatti più eclatanti i tedeschi uccisero una mondina in mezzo alla strada perché aveva allungato un pezzo di pane ad un prigioniero, poi torturarono e giustiziarono Don Leoni perché trovarono in canonica le divise lasciate lì da alcuni soldati che avevano disertato. I fascisti invece conducevano le operazioni di rappresaglia e indicavano chi erano, e dove si trovavano, gli antifascisti. Intanto io continuavo ad aiutare i soldati a fuggire. Pensate che ricevetti decine di proposte di matrimonio a guerra finita e quando mia madre morì nel 1976 ben tre di quei ragazzi vennero ai suoi funerali”.

Maria si iscrisse subito al Partito Comunista e poi nel 1956 divenne la prima consigliera donna in Provincia, successivamente consigliera e assessore comunale all’assistenza, all’infanzia illegittima e all’ospedale psichiatrico: “Tra le forze del fronte antifascista c’è sempre stata una lotta incredibile, pensate che c’era un palco perennemente montato in piazza dove tutti parlavano a turno. Il giovane segretario della Dc era un fervente anticomunista ma c’era rispetto tra noi, anche in consiglio comunale. Nonostante le dure battaglie ideologiche sulle esigenze reali della città, le scuole, i trasporti, abbiamo fatto insieme dei miracoli. Eravamo persone perbene”. Per la politica odierna invece c’è solo malumore: “Non ho più rinnovato l’iscrizione al partito da quando ha cambiato nome. Mi astengo dal giudicare i politici di oggi, dico solo che oltre ai problemi finanziari i partiti oggi non seguono più le esigenze e il confronto con la base per risolvere le questioni sociali. Questo mi manca molto”.

Qualche anno fa a una commemorazione chiese la parola una donna nata nel 1935: affermò di aver fatto la Resistenza. Dissi che era impossibile ad 8 anni. Un partigiano mi zittì: ‘Senza quella bimba che ci portò da mangiare saremmo morti di fame'”

Ad una cosa però la Zuccati tiene più di ogni altra dopo aver speso decenni come presidente dell’Udi: il concetto chiave che la Resistenza fu anche e soprattutto una questione al femminile. “Solo a Mantova furono almeno 300 le donne che vi presero parte. Ci fu anche una donna comandante e 13 che parteciparono ad azioni armate. Ma sopra ogni altro vanno ricordate le decine e decine di staffette che trasportavano armi, vestiti e cibo. Qualche anno fa celebrando un 25 aprile a Pegognaga chiese la parola una donna nata nel 1935 e che affermò di aver fatto la Resistenza. Dissi che era impossibile ad 8 anni. Mi zittì un comandante partigiano: ‘Senza quella bimba che ci portò da mangiare decine di volte saremmo morti di fame e non avremmo vinto i nazifascisti’”.