La loro base operativa era in Sardegna: affiliati di Al Qaeda, predicavano la lotta armata contro l’occidente e organizzavano attentati contro il governo del Pakistan, per costringerlo a rinunciare al contrasto alle milizie talebane e al sostegno delle forze militari americane in Afghanistan. Non solo: perché dalle intercettazioni è emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l’ ipotesi che nel 2010 si progettasse un attentato a Roma e al Vaticano. E sono stati registrati anche contatti diretti tra le famiglie degli affiliati e Osama Bin Laden.
Sono nove le persone arrestate tra ieri e oggi nell’ambito della maxi operazione della Polizia contro il terrorismo a fronte di 18 ordinanze di custodia cautelare firmate. Nove persone sono ancora ricercate: tre sarebbero ancora in Italia i restanti, invece, avrebbero già lasciato il territorio nazionale. L’organizzazione è stata scoperta dagli uomini dell’antiterrorismo della Polizia di prevenzione e l’indagine della procura distrettuale di Cagliari coordinata dal Servizio operativo antiterrorismo, ha coinvolto le Digos di 7 province.
Le accuse – Sono di strage, associazione a delinquere con finalità di terrorismo e di immigrazione clandestina con soggiorno e permanenza sul territorio nazionale di cittadini pakistani e afghani. E c’è anche l’accusa di aver ucciso una donna nel nord Italia. Della vittima, che si rifiutava di seguire il fondamentalismo islamico, non sarebbe mai stato trovato il cadavere, ma il fatto emerge da una intercettazione della polizia che riferisce che uno di loro si lamenta con l’interlocutore che nel video “il coltello non è ben visibile vicino alla gola”. Ma non è stato trovato neppure il filmato dell’assassinio.
Gli arresti – Tra gli arrestati anche il capo della comunità islamica di Olbia, Khan Sultan Wali, 39 anni, fermato mentre si imbarcava da Olbia per Civitavecchia. Considerato elemento di spicco della cellula terroristica, aveva creato una società che lavorava all’interno del cantiere del G8 a La Maddalena. Con lui lavorava anche un talebano che aveva addirittura protezione come rifugiato politico. Wali è il capo della comunità pakistana a Olbia, promotore della moschea, titolare di un bazar in città all’interno del quale gli inquirenti, alla ricerca di esplosivo, riuscirono a fotografare un biglietto scritto in lingua farsi che inneggiava al martirio.
Avrebbe recuperato i fondi per i gruppi terroristici, grazie a collette tra le comunità islamiche del nord dell’Isola, ufficialmente destinate a scopi umanitari. In tutto sono quattro le associazioni terroristiche che ricevevano finanziamento dalla cellula, attraverso collette o donazioni legate a opere di beneficenza. Somme ingenti che venivano destinate ad Al Qaeda e alle associazioni Theerek E Taliban, Theerek e Enifaz e Sharia e Mihammadi. Abitavano in una zona vicina a quella in cui è stato ucciso Bin Laden e in una intercettazione telefonica Khan degli arrestati chiede a una parente dello sceicco “come sta”. Si occupava del reperimento di fondi, anche se in chiave di ideologo e indottrinatore, veniva svolto, sempre secondo gli inquirenti, dall’imam di Bergamo, Hafiz Muhammad Zulkifal, 43 anni, anche lui arrestato oggi. I due avevano costanti collegamenti per trasferire le somme di denaro a tutti gli affiliati.
Il procuratore distrettuale Mauro Mura ha definito Zulkifal “un personaggio di spiccato spessore criminale”, “votato alla propaganda radicale e alla ricerca di fedeli anche pronti al martirio”. Gli inquirenti hanno parlato di un vero e proprio fiume di denaro che veniva raccolto in Italia per essere poi usato a scopi terroristici.
Gli altri finiti in manette sono Imitias Khan, 40 anni, Niaz Mir, di 41, e Siddique Muhammad, di 37, tutti pakistani rintracciati a Olbia; Yahya Khan Ridi, afghano, 37enne, arrestato a Foggia; Haq Zaher Ui, 52 anni, catturato a Sora (Frosinone); Zuabair Shah, di 37, e Sher Ghani, di 57, pakistani bloccati a Civitanova Marche (Macerata). Due di loro erano fiancheggiatori che in Pakistan proteggevano lo sceicco Osama Bin Laden. Alcuni degli indagati sono inoltre responsabili di diversi attentati e sabotaggi in Pakistan, compresa la strage nel mercato di Meena Bazar di Peshawar del 28 ottobre 2009, quando un’esplosione uccise più di 100 persone. E
Secondo gli investigatori il gruppo provvedeva ad alimentare la rete criminale attraverso l’introduzione illegale sul territorio nazionale di cittadini pakistani o afghani, alcuni dei quali venivano destinati verso alcuni Paesi del nord Europa. A volte l’organizzazione faceva ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso. In altri casi percorreva la via dell’asilo politico facendo passare i migranti, attraverso documenti e attestazioni falsi, per vittime di persecuzioni etniche o religiose.
L’attentato in Vaticano – Una volta appresa la notizia, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha tuttavia spiegato: “Da quel poco che si dice sembra una ipotesi del 2010 senza seguito. Quindi – ha concluso -la cosa non è oggi rilevante e non è motivo di particolari preoccupazioni”.
Il metodo di finanziamento – La cellula aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan, per poi rientrare in Italia. Il ruolo principale era svolto da un dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda), il quale, forte della sua autorità religiosa di Imam, e formatore coranico, operante tra Brescia e Bergamo, stimolava la raccolta di fondi, presso le comunità pakistano-afghane, radicate nel territorio italiano. I soldi venivano inviati in Pakistan mediante membri dell’organizzazione che aggiravano i sistemi di controllo sull’esportazione doganale di denaro. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino, omettendo di farne dichiarazione di possesso alle autorità doganali.
Più di frequente però era utilizzato il sistema cosiddetto “hawala”. Si tratta di un meccanismo di trasferimento valutario e occulto, basato sul legame fiduciario diffuso nelle comunità islamiche europee. Tale sistema consente di trasferire una somma di denaro all’estero consegnandola ad un terminale presente nello Stato estero, detto ”hawaladar”, che fornisce un codice identificativo segreto. I beneficiari della rimessa, tramite tale codice, possono prelevare la somma presso l’hawaladar della sede di destinazione.
Inquirenti: “Intercettazioni fondamentali” – Gli inquirenti hanno spiegato che un contributo determinante per sgominare la rete fondamentalista islamica è venuto dalle intercettazioni, la traduzione delle quali è stata particolarmente complicata. “Vorrei congratularmi con l’antiterrorismo, magistrati e polizia per questa straordinaria operazione. Significa che il sistema funziona”, ha commentato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervenendo ad Agorà su Raitre. “In una azione di questo genere – ha proseguito – che coinvolge varie province italiane, cominciata nel 2009, noi siamo riusciti a smantellare una rete di trafficanti di uomini, ma anche di persone accusate di associazione per finalità di terrorismo e altri accusati di strage: questo vuol dire che il nostro è un grande Paese, in grado di assestare questi colpi”.
Cronaca
Sardegna, sgominata cellula di Al Qaeda: ‘Indizi su possibile attentato in Vaticano’
Blitz in sette province, emesse ordinanze per 18 persone. 9 arrestate e 9 latitanti. Due di loro proteggevano Bin Laden in Pakistan, altre erano responsabili della strage al mercato di Peshawar. Tra i fermati anche l'imam di Olbia, che lavorava per il G8 a La Maddalena. Santa Sede sul possibile attacco kamikaze: "Risalirebbe al 2010, quindi la cosa non è oggi rilevante"
La loro base operativa era in Sardegna: affiliati di Al Qaeda, predicavano la lotta armata contro l’occidente e organizzavano attentati contro il governo del Pakistan, per costringerlo a rinunciare al contrasto alle milizie talebane e al sostegno delle forze militari americane in Afghanistan. Non solo: perché dalle intercettazioni è emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l’ ipotesi che nel 2010 si progettasse un attentato a Roma e al Vaticano. E sono stati registrati anche contatti diretti tra le famiglie degli affiliati e Osama Bin Laden.
Sono nove le persone arrestate tra ieri e oggi nell’ambito della maxi operazione della Polizia contro il terrorismo a fronte di 18 ordinanze di custodia cautelare firmate. Nove persone sono ancora ricercate: tre sarebbero ancora in Italia i restanti, invece, avrebbero già lasciato il territorio nazionale. L’organizzazione è stata scoperta dagli uomini dell’antiterrorismo della Polizia di prevenzione e l’indagine della procura distrettuale di Cagliari coordinata dal Servizio operativo antiterrorismo, ha coinvolto le Digos di 7 province.
Le accuse – Sono di strage, associazione a delinquere con finalità di terrorismo e di immigrazione clandestina con soggiorno e permanenza sul territorio nazionale di cittadini pakistani e afghani. E c’è anche l’accusa di aver ucciso una donna nel nord Italia. Della vittima, che si rifiutava di seguire il fondamentalismo islamico, non sarebbe mai stato trovato il cadavere, ma il fatto emerge da una intercettazione della polizia che riferisce che uno di loro si lamenta con l’interlocutore che nel video “il coltello non è ben visibile vicino alla gola”. Ma non è stato trovato neppure il filmato dell’assassinio.
Gli arresti – Tra gli arrestati anche il capo della comunità islamica di Olbia, Khan Sultan Wali, 39 anni, fermato mentre si imbarcava da Olbia per Civitavecchia. Considerato elemento di spicco della cellula terroristica, aveva creato una società che lavorava all’interno del cantiere del G8 a La Maddalena. Con lui lavorava anche un talebano che aveva addirittura protezione come rifugiato politico. Wali è il capo della comunità pakistana a Olbia, promotore della moschea, titolare di un bazar in città all’interno del quale gli inquirenti, alla ricerca di esplosivo, riuscirono a fotografare un biglietto scritto in lingua farsi che inneggiava al martirio.
Avrebbe recuperato i fondi per i gruppi terroristici, grazie a collette tra le comunità islamiche del nord dell’Isola, ufficialmente destinate a scopi umanitari. In tutto sono quattro le associazioni terroristiche che ricevevano finanziamento dalla cellula, attraverso collette o donazioni legate a opere di beneficenza. Somme ingenti che venivano destinate ad Al Qaeda e alle associazioni Theerek E Taliban, Theerek e Enifaz e Sharia e Mihammadi. Abitavano in una zona vicina a quella in cui è stato ucciso Bin Laden e in una intercettazione telefonica Khan degli arrestati chiede a una parente dello sceicco “come sta”. Si occupava del reperimento di fondi, anche se in chiave di ideologo e indottrinatore, veniva svolto, sempre secondo gli inquirenti, dall’imam di Bergamo, Hafiz Muhammad Zulkifal, 43 anni, anche lui arrestato oggi. I due avevano costanti collegamenti per trasferire le somme di denaro a tutti gli affiliati.
Il procuratore distrettuale Mauro Mura ha definito Zulkifal “un personaggio di spiccato spessore criminale”, “votato alla propaganda radicale e alla ricerca di fedeli anche pronti al martirio”. Gli inquirenti hanno parlato di un vero e proprio fiume di denaro che veniva raccolto in Italia per essere poi usato a scopi terroristici.
Gli altri finiti in manette sono Imitias Khan, 40 anni, Niaz Mir, di 41, e Siddique Muhammad, di 37, tutti pakistani rintracciati a Olbia; Yahya Khan Ridi, afghano, 37enne, arrestato a Foggia; Haq Zaher Ui, 52 anni, catturato a Sora (Frosinone); Zuabair Shah, di 37, e Sher Ghani, di 57, pakistani bloccati a Civitanova Marche (Macerata). Due di loro erano fiancheggiatori che in Pakistan proteggevano lo sceicco Osama Bin Laden. Alcuni degli indagati sono inoltre responsabili di diversi attentati e sabotaggi in Pakistan, compresa la strage nel mercato di Meena Bazar di Peshawar del 28 ottobre 2009, quando un’esplosione uccise più di 100 persone. E
Secondo gli investigatori il gruppo provvedeva ad alimentare la rete criminale attraverso l’introduzione illegale sul territorio nazionale di cittadini pakistani o afghani, alcuni dei quali venivano destinati verso alcuni Paesi del nord Europa. A volte l’organizzazione faceva ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso. In altri casi percorreva la via dell’asilo politico facendo passare i migranti, attraverso documenti e attestazioni falsi, per vittime di persecuzioni etniche o religiose.
L’attentato in Vaticano – Una volta appresa la notizia, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha tuttavia spiegato: “Da quel poco che si dice sembra una ipotesi del 2010 senza seguito. Quindi – ha concluso -la cosa non è oggi rilevante e non è motivo di particolari preoccupazioni”.
Il metodo di finanziamento – La cellula aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan, per poi rientrare in Italia. Il ruolo principale era svolto da un dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda), il quale, forte della sua autorità religiosa di Imam, e formatore coranico, operante tra Brescia e Bergamo, stimolava la raccolta di fondi, presso le comunità pakistano-afghane, radicate nel territorio italiano. I soldi venivano inviati in Pakistan mediante membri dell’organizzazione che aggiravano i sistemi di controllo sull’esportazione doganale di denaro. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino, omettendo di farne dichiarazione di possesso alle autorità doganali.
Più di frequente però era utilizzato il sistema cosiddetto “hawala”. Si tratta di un meccanismo di trasferimento valutario e occulto, basato sul legame fiduciario diffuso nelle comunità islamiche europee. Tale sistema consente di trasferire una somma di denaro all’estero consegnandola ad un terminale presente nello Stato estero, detto ”hawaladar”, che fornisce un codice identificativo segreto. I beneficiari della rimessa, tramite tale codice, possono prelevare la somma presso l’hawaladar della sede di destinazione.
Inquirenti: “Intercettazioni fondamentali” – Gli inquirenti hanno spiegato che un contributo determinante per sgominare la rete fondamentalista islamica è venuto dalle intercettazioni, la traduzione delle quali è stata particolarmente complicata. “Vorrei congratularmi con l’antiterrorismo, magistrati e polizia per questa straordinaria operazione. Significa che il sistema funziona”, ha commentato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervenendo ad Agorà su Raitre. “In una azione di questo genere – ha proseguito – che coinvolge varie province italiane, cominciata nel 2009, noi siamo riusciti a smantellare una rete di trafficanti di uomini, ma anche di persone accusate di associazione per finalità di terrorismo e altri accusati di strage: questo vuol dire che il nostro è un grande Paese, in grado di assestare questi colpi”.
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato alla Cbs che ci sarà un aumento dei casi di detenzione simili a quello del manifestante filo-palestinese Mahmoud Khalil. "Ogni giorno, ormai - ha aggiunto - approviamo revoche di visti e anche di Green Card".
"Devi fare certe dichiarazioni", ha spiegato a proposito dei non cittadini che arrivano negli Stati Uniti. "Se ci dici, quando fai domanda per un visto, che stai arrivando negli Stati Uniti per partecipare a eventi pro-Hamas che vanno contro gli interessi della politica estera... Se ci avessi detto che lo avresti fatto, non ti avremmo mai dato il visto".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.