Il documento preparato per la Commissione Europea inserisce la Penisola nel novero degli Stati in cui non si registrano passi avanti negli investimenti per l'assistenza sociale. Tra le cause l'assenza del reddito minimo garantito, la scarsa integrazione tra le politiche per lo sviluppo dell'infanzia e i tagli al Fondo nazionale per le politiche sociali
Investimenti in calo e politiche scarsamente integrate. Sono i motivi per cui rapporto “Social investment in Europe”, preparato per la Commissione europea dall’European social policy network, boccia il welfare italiano. Nel documento vengono evidenziati “la riduzione delle risorse finanziarie a disposizione dei servizi pubblici e delle amministrazioni locali causi una decrescita degli investimenti nel welfare” e la mancanza di un reddito minimo garantito, che dimostra “l’assenza di una strategia complessiva nei confronti dell’indigenza e dell’esclusione sociale“.
Il rapporto si concentra sul livello di protezione sociale dei Paesi dell’Unione Europea e inserisce l’Italia nel blocco di Stati in cui non sono stati fatti passi significativi rispetto alle aspettative del Social Investment Package lanciato dalla Commissione europea nel 2013. Nel drappello di cui fa parte la Penisola compaiono anche Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia.
Tra le osservazioni mosse a Roma c’è la mancanza di integrazione tra le politiche per l’infanzia. L’aumento del 53% della spesa per le famiglie nel 2014 rispetto al 2010 “non si è infatti tramutato in un adeguato investimento nella protezione sociale”, continua il rapporto, in quanto la spesa si è concentrata in benefici per nuovi nati e bambini adottati e non in servizi di welfare.
Sul fronte della sicurezza sociale dei lavoratori, invece, viene denunciata la scarsità e l’instabilità dei finanziamenti ai servizi sociali gestiti dalle amministrazioni locali, situazione che “ha incentivato la prestazione di assistenza illegale da parte di immigrati in situazioni precarie”. Preoccupazione anche per i tagli del 32% delle risorse destinate al Fondo nazionale per le politiche sociali nel 2014 (rispetto al 2010), sforbiciata che sale al 58% se si prende come riferimento il 2008.