Una generazione che è nata e vissuta sotto il regime di Berlusconi ha molte scusanti dalla sua parte. Anche perché l’opposizione a Berlusconi, quella istituzionale, era composta da personaggi che, come si sono rivelati ormai anche agli estimatori della filosofia politica di Iva Zanicchi “lasciamolo lavorare e giudicheremo”, avevano un solo ideale: quello di essere come Berlusconi. E come tutte le imitazioni sono pure peggiori. Quella generazione, che ha come esempi d’impegno civile e politico cotanti personaggi è naturale che non capisca la differenza tra fascismo e antifascismo come ci informa Piero Ricca nelle sue sempre interessanti video-inchieste. Forse dovrebbe sorprendere il contrario, e a volte capita, ma purtroppo accade raramente. Tuttavia quello che trovo incredibile, e anche inaccettabile, è che molti non sappiano cosa sia successo il 25 aprile di settanta anni fa. Questo è il simbolo del fallimento del sistema dell’istruzione, dall’asilo nido all’università.
Un libro, che forse dovrebbe essere reso obbligatorio nella scuola secondaria (o forse anche primaria), che mostra l’assurdità del presente, e che va letto e riletto, è “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”, scritto dai giovani di un’altra generazione: vale la pena leggerlo non solo per la sua tensione morale ma per capire cosa sia la politica. E per capire che si può aver maturato entrambe pur essendo sorprendentemente giovani. Pedro Ferreira, medaglia d’Oro al valor Militare, a ventitré anni scriveva poche ore prima di essere fucilato:
“Maggiore sarà la possibilità di reazione al dolore se penserete che il vostro figlio e fratello è morto come i fratelli Bandiera, Ciro Menotti, Oberdan, e Battisti colla fronte rivolta verso il sole ove attinse sempre forza e calore: è morto per la Patria alla quale ha dedicato tutta la sua vita: è morto per l’onore perché non ha mai tradito il suo giuramento, è morto per la libertà e la giustizia che trionferanno pure un giorno quando sarà passata questa bufera e quando sulle campagne devastate e le città distrutte volerà la colomba recante l’ulivo della pace e della concordia.
Morte più bella non potevo sperare dal destino troppo spesso ingiusto e misconoscente.
Poche ore prima di morire formulo a voi tutti gli appartenenti al Partito cui io pure appartengo, i migliori auguri affinché possiate apportare alla nuova Italia di domani quelle masse di energie sane e libere, tanto necessarie per la rigenerazione del Paese. […] E ora, amici cari, non mi rimane che salutarvi, augurandovi che le fortune del Partito d’Azione mai disgiunte dalle fortune dell’Italia liberata di domani, possano portare al graduale rinvigorimento della Nazione e della rieducazione morale del popolo tutto, senza la quale le forze demagogiche che hanno portato l’Italia nostra all’odierna rovina riprenderanno il sopravvento, e gli errori si ripeteranno senza fine fino alla reale scomparsa di quella civiltà di cui noi fummo i portatori.”
Le lettere dei condannati a morte furono scritte da una minoranza. Buon 25 Aprile.