Resistenza, contro il nazifascismo, da ricordare in un momento in cui si parla di pacificazioni tra identità politiche rivali. Non per capriccio delle parti in causa ma perché è diversa la maniera in cui si progetta il mondo che verrà domani. Mentre si celebra la “Liberazione”, che poi in realtà fu colonizzazione per la quale tanti pagarono un prezzo troppo alto, in Italia c’è chi non ha voglia di liberare alcunché. Persone, sogni, fette di autodeterminazione, desideri, parole. C’è chi combatte per imprigionare l’immigrato che vuole sbarcare sulle nostre coste. Gay, lesbiche e trans che rivendicano diritti mai concessi. Precari condannati a stipendi da fame e a rincorrere le elemosine di un governo irresponsabile. Quelle che lavorano vendendo servizi sessuali perché alcune le vorrebbero con la vagina sigillata e al servizio della causa femminista.
In galera sono rinchiusi i diritti di tante persone, per via della presunzione di chi vorrebbe decidere al posto di altri. Tu vorresti mettere in galera il mio utero, affinché io generi un figlio che non voglio e si realizzi il tuo obiettivo a costo della privazione della mia libertà. E’ incarcerata la sessualità di ciascun@, perché non se ne può parlare senza subire giudizi e opinioni non richieste. Resta in galera anche l’indipendenza economica dei soggetti deboli considerati schiavi di un biocapitalismo che usa chi gli serve e getta via gli umani che sono di troppo.
Resta in galera la bambina del campo rom, che viene trattata come un’appestata, sorvegliata, recintata, schedata, definita ladra ancora prima che possa proferir parola. Tanti ancora sono rinchiusi in ambiti ristretti dai quali è impossibile farli fuggire. Perciò mi sembra ipocrita festeggiare la liberazione, fuorché per celebrare la memoria dei partigiani e delle partigiane in lotta, perché di liberato in questa Italia non vedo quasi niente.
Ci sono strade, reali e virtuali, munite di telecamere e spie che ci sorvegliano ogni giorno per la nostra sicurezza. Abbiamo svenduto la nostra privacy, la nostra libertà di scelta per aderire a una complicata azione di difesa voluta da chi vorrebbe fossimo perennemente in guerra. Ci sono luoghi in cui quelli che dovrebbero essere accolti con rispetto per la loro ricerca di libertà, invece festeggiano per i corpi morti galleggianti in mare. C’è chi tiene lucchetti in mano per serrare prospettive, scelte, abilità di tantissime persone.
Inutile festeggiare una liberazione che parla di soggetti certi quando oggi si vende fumo per rendere opaca la prigione nella quale ogni minuto ci costringono a restare. Parliamo d’oggi, cos’è che voi vorreste liberare? Chi è in prigione? Chi ancora non ha la possibilità di scegliere liberamente?
Io dedico questa giornata a chi viene rinchiusa nella prospettiva di poter decidere della propria maternità. La dedico a chi vuole abortire e trova ostruzionismo dappertutto. La dedico a chi conta di poter regolarizzare il mestiere della prostituzione e incontra gente che vorrebbe decidere al posto suo. La dedico ai genitori, ai figli, che se sono poveri devono dirigersi verso percorsi obbligati.
Dedico il mio augurio agli uomini che patiscono di assenza di rispetto per i propri diritti. A quelli che vengono costretti in un angolo buio dal quale riescono a uscire soltanto togliendosi la vita. Lo dedico a quelli che disertano i ruoli di genere che gli sono stati imposti. A chi non ha nulla a che fare con l’imposizione di machismi. A chi sa bene che la strada per poter rappresentare le proprie istanze resta sempre nella stessa posizione occupata da quelle altre che lottano per motivi affini.
Dedico la giornata a chi resiste per le strade e combatte contro chi non consente l’espressione del dissenso. Lo dedico a chi combatte per ottenere reddito e una casa. Spero nel crollo di mille muri, nella collaborazione tra umani per accogliere altri umani. Spero che studiare la storia serva a qualcosa perché di ghetti per rinchiudere i rom o gli stranieri in generale bisognerebbe non avercene. Allora spero che prima o poi vengano chiusi i Cie e i Cara, prigioni senza tempo per persone che pagano solo il fatto di essere appartenenti ad altre etnie.
Spero che la celebrazione istituzionale della Liberazione non serva, ancora una volta, per equiparare nazisti, fascisti e partigiani, perché non sono la stessa cosa. I partigiani erano resistenza, in lotta per la libertà. I nazifascisti erano oppressori e hanno inventato modi barbari per fare soffrire l’umanità. A me non interessa se i partigiani siano stati anarchici, comunisti, cattolici, democristiani, perfino fascisti pentiti, perché allora erano tutti uniti a cercare di ottenere spazio per quelli che sarebbero venuti dopo. Quel che mi interessa è che anche oggi mi aspetterei una resistenza forte e unita di fronte a tutti i proclami che istigano alla xenofobia, a ributtar nei forni gli omosessuali, a considerare le donne solo macchine per fare figli, a istigare odio per chi domani non saprà fare altro che sputare su chiunque non la pensi come l*i. Quel che mi chiedo, precisamente, è: possibile che chi sta lì a ravanare tra le paure della gente, a promettere un futuro migliore a costo di aggredire altri esseri umani, non abbia chiaro che bisognerebbe inventare altre categorie politiche?
Quel che mi auguro, per questa giornata, è che si conservi la memoria. Chi sbraita contro i neri, i rom, i musulmani, i gay, i poveri di tutto il mondo, dovrebbe ricordare che l’ultima volta in cui volevano un mondo chiuso, buio, privo di speranze, non è andata granché bene. Che i fascisti si rassegnino. Il mondo è destinato alla contaminazione reciproca, alla pacifica convivenza. Serve tolleranza di quel che è diverso e serve la tenacia che ci aiuta a individuare quel che è giusto o che è sbagliato. Con tutte le eccezioni e le contraddizioni che volete, una cosa è certa: i fascismi sono sbagliati, gli antifascismi sono giusti. Possiamo ripartire da questa certezza per ragionare di quel che vogliamo costruire domani?