La decisione è arrivata nel giorno del 70esimo anniversario della liberazione. Un mese fa le polemiche per il riconoscimento attribuito dalla presidenza del Consiglio
Il governo fa un passo indietro e ritira l’onorificenza al soldato repubblichino. Il parmigiano Paride Mori era stato premiato un mese fa dalla presidente del Consiglio nel giorno del ricordo per le vittime delle foibe. Tante le polemiche e gli interventi per chiedere che fosse revocato il riconoscimento. “Io non c’entro”, aveva detto la presidente della Camera Laura Boldrini lasciando intendere che si fosse trattato di un malinteso. Ora la notizia della revoca: “Nel giorno della ricorrenza del 25 aprile, 70esimo anniversario della Liberazione possiamo dare la notizia”, hanno scritto in un comunicato i parlamentari parmigiani Pd Patrizia Maestri e Giuseppe Romanini, che hanno ricevuto la lettera della Presidenza del Consiglio.
“Finalmente”, ha detto Maestri, “è stata riportata chiarezza nella ricostruzione storica del conferimento della medaglia a Mori. E’ una decisione che condividiamo a pieno ma ci teniamo che non sia letta come un mancanza di rispetto per l’uomo, ma come un riconoscimento della verità e delle tante vittime del fascismo. Questo risultato è anche frutto del tanto lavoro che parlamentari, associazioni e altre realtà del territorio hanno portato avanti da quanto è stata diffusa la notizia dell’attribuzione dell’onorificenza”. E ha aggiunto: “Il nostro impegno con interrogazioni, interventi e pressioni ha dato il risultato sperato. Ringraziamo il governo che ha prontamente risposto alle nostre richieste. Il fatto che questa decisione arrivi a poche ore dal settantesimo anniversario della Liberazione lo riempie ancora più di significato. Questo è un segnale dell’attenzione che c’è su questi temi. Quello di domani sarà un 25 aprile ancora più bello”.
Non è soddisfatto invece l’esponente di Sel Giovanni Paglia. “Ciò che non va proprio è la motivazione. L’onorificenza non viene infatti revocata a Paride Mori perché repubblichino, ma solo perché morto in combattimento e non in un agguato. Si mantiene cosi in essere l’inaccettabile modus operandi della Commissione presieduta dal presidente del Consiglio, di considerare i combattenti della Repubblica di Salò al servizio e non nemici dell’Italia, e si mantengono le onorificenze concesse a oltre 300 altri fascisti, fra cui almeno 5 criminali di guerra. E’ questo che deve essere cambiato, se non si vuole essere complici del peggiore revisionismo”.