Mi piacerebbe che nelle scuole italiane si leggessero i libri di Gian Antonio Stella “L’Orda” e “Odissee” e si guardasse lo splendido film “Nuovo Mondo” di Crialese.
Gli studenti sicuramente rimarrebbero stupiti nello scoprire le speranze degli emigranti italiani rispetto alle misteriose Americhe o ai paesi del nord Europa. Per esempio il fatto che si facessero ingannare da cartoline che mostravano ortaggi enormi e strade piene di latte. Così mollavano le loro terre e la loro povertà sperando di trovare ricchezza e soldi al di là dell’Oceano oppure semplicemente al di là delle Alpi. Per recuperare i soldi delle traversate facevano collette in famiglia oppure svendevano le loro già povere terre.
Ai nostri figli farebbe proprio bene conoscere la cruda realtà dell’emigrazione italiana. Quando gli italiani venivano schiavizzati e sfruttati come manodopera a bassissimo costo nelle fabbriche statunitensi o nelle piantagioni brasiliane o argentine e truffati da farabutti senza scrupoli. Quando le donne italiane erano cedute ai bordelli di tutto il mondo e i bambini venduti ai pedofili.
Al di là della grande demagogia che guida le battute della maggior parte dei nostri politici, mi pare giusto che i nostri ragazzi e le nostre ragazze sappiano quanta somiglianza ci sia tra i barconi strapieni di migranti che arrivano (o purtroppo non arrivano) sulle coste della Sicilia e le traversate che hanno caratterizzato l’emigrazione italiana fin dalla fine dell’800.
Con punte anche di 500.000 partenze l’anno (a partire dal 1901), i migranti italiani sono stati sottoposti al giogo di armatori senza scrupoli che pensavano solo ai loro sporchi interessi e ai quali non fregava di sporcarsi le mani. Che li ammassavano nelle stive e li stipavano peggio delle bestie. Quei viaggi per mare si trasformarono in un’ecatombe che è costata la vita a migliaia di inermi cittadini che chiedevano solo la possibilità di lavorare per sopravvivere. Guardando le immagini da Lampedusa, i nostri figli dovrebbero sapere che nel momento in cui la schiavitù degli africani è diventata illegale è cominciata quella dei “negri bianchi”, degli italiani praticamente ammassati l’uno sull’altro da armatori avidi e da capitani senza vergogna. In stive dove l’aria era irrespirabile dal fetore del vomito e delle feci, dal puzzo dei carburanti e dalle esalazioni di centinaia di esseri umani. Una tratta che oggi continua con i migranti che arrivano nelle stesse condizioni sulle nostre coste. Situazioni in cui l’essere umano viene considerato solo merce dalla quale ricavare profitto. Anche allora le malattie provocavano vere e proprie stragi (considerato che il viaggio durava dai 10 ai 12 giorni), delle quali armatori e comandanti se ne fregavano.
Forse conoscendo questi fatti i ragazzi e le ragazze imparerebbero quello che non bisogna mai dimenticare. Innanzitutto che siamo tutti essere umani (come ripete alla radio nel suo tormentone Marco Mengoni). Poi che bisogna fare i conti con la storia, in questo caso la nostra storia di emigranti. Comprendendo le ragioni e gli stati d’animo che spingono migliaia di uomini, donne e bambini ad affrontare un viaggio in cui le possibilità di lasciarci la pelle sono superiori a quelle di scamparla. E’ necessario anche informarsi, per sapere che mentre noi cento anni fa fuggivamo solo dalla povertà, oggi i migranti che partono della coste africane sfuggono dalle guerre e le persecuzioni. E chi scappa perché teme per la propria incolumità non è un clandestino ma un profugo e deve essere soccorso e aiutato. Non per spirito umanitario, ma per il diritto d’asilo, sancito da vari trattati, tra i quali:
- Convenzione Onu relativa allo status dei rifugiati (Ginevra, 1951)
- Convenzione Oua sui rifugiati (Addis Abeba, 1969)
- Dichiarazione di Cartagena (Cartagena, 1984)
- Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 1950)
- Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (New York, 1984)
E poi, anche culturalmente, questi ragazzi dovrebbero imparare quel che Alexander Langer, citando Humboldt, ripeteva spesso: si è tante volte uomini quante lingue (e dialetti) si conoscono.
Per chiudere, mi sembra importante ricordare le vittime di quando i clandestini eravamo noi:
24 agosto 1880 – Piroscafo italiano “Ortigia”. Affonda al largo della costa argentina per speronamento accidentale con un mercantile, 149 morti.
17 marzo 1891- Bastimento inglese “Utopia”, partito da Trieste con scalo a Napoli. Urta contro una corazzata nello stretto di Gibilterra e affonda. 576 vittime, in prevalenza italiani provenienti da Campania, Abruzzo e Calabria.
4 luglio 1898 – Nave francese “Bourgogne” affondata al largo della Nuova Scozia 549 morti, per lo più emigranti italiani.
4 agosto 1906 – Piroscafo italiano “Sirio” affondato davanti a Capo Palos (Spagna). Vittime stimate 293, in gran parte italiani, ma la cifra è incerta perché erano molti i clandestini a bordo, per lo più emigrati italiani senza documenti.
25 ottobre 1927 – Piroscafo italiano “Principessa Mafalda”, affondato ad 80 miglia dalla costa del Brasile. 314 morti secondo le autorità fasciste italiane del tempo, 657 secondo dati riportati dai giornali sudamericani, tutti italiani, per lo più piemontesi, liguri e veneti. Fu ricordato come il Titanic italiano. E tanti altri…
Ma l’ecatombe continuò anche a causa della guerra: emigranti italiani morti nell’affondamento di piroscafi durante la prima guerra mondiale ad opera di sottomarini, 446 morti italiani nel 1940 nell’affondamento di un piroscafo inglese davanti alle coste del Brasile, l’Arandora Star (tenete conto che noi eravamo alleati dei tedeschi).
Allora l’idea di sparare sulle barche non era soltanto enunciata: nel 1884, sulla nave italiana “Brazzo” con 1333 passeggeri a bordo, scoppia il colera. Venne respinta a cannonate a Montevideo.
Nel 1888 sulla nave italiana “Carlo Raggio” con 1851 emigranti italiani, ci saranno 18 vittime per fame.