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Bahrain, ora per i suoi tweet Nabeel Rajab rischia dieci anni di carcere

La persecuzione giudiziaria nei confronti di Nabeel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani del Bahrain, si arricchisce di un nuovo episodio.

Il 4 maggio dovrebbe iniziare, salvo ulteriori rinvii, il processo d’appello per la condanna a sei mesi di carcere inflittagli il 20 gennaio, al termine di un processo durato tre mesi, per “offesa a una pubblica istituzione”.

Rajab si era limitato a commentare su Twitter la notizia che agenti delle forze di sicurezza del Bahrain si erano aggregati allo Stato islamico in Siria.

Arrestato il 1° ottobre e rilasciato su cauzione il 2 novembre col divieto di espatrio, Rajab aveva ripreso a svolgere la sua attività di difensore dei diritti umani.

In attesa di conoscere l’esito dell’appello contro la condanna a sei mesi, Rajab rischia però molto di più.

All’alba del 2 aprile, Rajab è stato nuovamente arrestato, sempre a causa dei suoi tweet, stavolta riguardanti la crisi dello Yemen e il violento intervento delle guardie carcerarie, il 10 marzo, contro un gruppo di detenuti in sciopero della fame nella prigione di Jaw.

Poche ore dopo l’arresto, il ministero degli Interni ha diramato un comunicato nel quale si dice che Rajab “è stato arrestato per aver pubblicato un messaggio che potrebbe costituire incitamento e mettere in pericolo la pace”, in violazione degli articoli 133 e 216 del codice penale. Pena prevista: fino a dieci anni di carcere.

Tre giorni dopo, nel corso di una perquisizione nella sua abitazione di Bani Jamra, le forze di sicurezza gli hanno sequestrato il suo computer, altri dispositivi elettronici e videocamere appartenenti a suoi familiari.

La settimana scorsa, alla vigilia del Gran Premio di Formula 1, Amnesty International aveva pubblicato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Bahrain: a quattro anni dalla rivolta del 2011, la repressione prosegue a tutto spiano, grazie anche alla protezione politica delle potenze amiche, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Qui, la lettera che Nabeel Rajab ha scritto dal carcere al presidente degli Usa Barack Obama.