E’ notizia di qualche giorno fa che l’Italia ha conquistato il primato europeo delle perdite sui derivati (un primato che però certamente nessuno vuole) e ciò mi ha lasciato allibito per l’incredibile insipienza che circonda tutto questo affare, anzi, per meglio dire: malaffare.
Tanto per cominciare voglio rimarcare subito la pessima abitudine, comune a quasi tutti i media, di parlare di queste cose con linguaggio tecnico (o quasi), così da scoraggiare praticamente chiunque a leggere e capire cose che invece non hanno praticamente nulla di assolutamente complesso. Quando si scrive alla gente comune è obbligo usare il linguaggio più semplice per farsi capire da tutti.
La notizia è che gli uffici finanziari della Banca d’Italia, tra il 2011 e il 2014 hanno accumulato perdite su operazioni finanziarie pari a quasi 17 miliardi di euro.
Il Sole 24 Ore, nell’articolo del 25 aprile a commento di questa “Caporetto” finanziaria italiana, spiega che “Questi costi derivano probabilmente dalle rinegoziazioni dei derivati durante gli ultimi anni oppure dall’estinzione di alcuni contratti con la conseguente apertura di altri come le swaption».
La parola magica “swaption” (cioe’ opzioni per entrare-uscire da un contratto swap) è stata pronunciata da un certo Nicola Bernini che si è così liberato sia del cronista importuno che dei curiosi lettori che magari avrebbero voluto sapere qualcosa di più su una perdita di quasi 17 miliardi di euro che è andata a sbattere pesantemente sulla testa dei poveri contribuenti italiani.
Alla gente comune non interessa conoscere i dettagli tecnici dell’operazione finanziaria. Tutto è agevolmente spiegabile con una comparazione. Chi va a vedere una partita di calcio vuole vedere vincere la propria squadra e vedere i goal. Eppure dentro una vittoria o una sconfitta della propria squadra non ci sono meno difficoltà tecniche rispetto ad una qualsiasi di queste operazioni di derivati (Future, swap, option). Capire come si devono muovere i giocatori in campo, che grado di preparazione hanno, ecc., non è più facile che capire come si muovono i derivati finanziari, eppure i tifosi di calcio sono tutti molto interessati a quello che accade in campo, ma trovano assolutamente indigesto tutto ciò che si muove in borsa.
Quando però dalla borsa arrivano conti da pagare di questo livello, anche loro vorrebbero saperne di più.
Proviamo allora a spiegare in modo semplificato cosa è successo.
E’ successo che nel 2011, quando sono iniziati i grossi attacchi speculativi sul nostro debito sovrano (contro i quali non è stato fatto praticamente nulla di veramente serio ed efficace per fermarli o perlomeno attenuarli) l’ufficio preposto della Banca d’Italia ha attivato con grandi banche internazionali (tra le quali la Morgan Stanley) operazioni su derivati finanziari al fine di coprire almeno in parte le eventuali perdite che si stavano maturando a seguito di quegli attacchi speculativi.
Fin qui nulla di male, lo fanno tutti ormai. Questa è l’unica ragione plausibile per cui queste operazioni hanno senso. Quello che non è ammissibile è che chi dà spiegazioni su perdite di questo livello se la cavi dicendo che sono dovute a “swaption”. Certo, lo swaption, tecnicamente non è facile da capire perché è un incrocio abbastanza complesso di futures e swaps, magari ripetuti più volte nel tempo dentro e fuori, ma se alla fine il gol lo fai o lo prendi lo capiscono tutti, e questo è quello che interessa sapere alla gente.
Qualcuno obbietterà sicuramente che, finché non si conclude, uno swaption non è ancora né una perdita né un guadagno. Vero. Ma pare che la Morgan Stanley sia già passata alla cassa di casa nostra per cominciare ad incassare intanto qualche “spicciolo” (3,1 miliardi di euro).
Secondo il Sole 24 Ore (su dati del Tesoro) i derivati in essere ammontano a 159/mld di euro, che nel loro complesso a fine 2014 già erano in perdita per circa 42.6 miliardi.
In definitiva quello che non si riesce a capire non è la difficoltà tecnica di queste operazioni, ma l’incapacità di “fiutare” il mercato di chi è messo là superpagato per farlo. Che l’euro fosse destinato a scendere rispetto al dollaro lo si sapeva da almeno un anno. Che i tassi siano destinati a salire (prima negli Usa, poi in Europa) è anche questa una previsione piuttosto facile da fare per chi ha il naso in borsa quotidianamente. Quindi le operazioni sui derivati da fare per prevenire questi fatti quando si verificheranno (e la svalutazione dell’euro si è già verificata) non erano dei misteri da svelare. Come mai sono stati fatti errori così grossolani (e costosi per i contribuenti) ?
A questo punto noi del popolo bue che vota ma non conta niente non possiamo più accontentarci di vedere licenziati (quando si riesce a licenziare) con liquidazioni milionarie i responsabili di questi danni gravissimi. Chiediamo una leggina con la quale chi era in posizione di responsabilità al momento di registrazione di tali perdite (sia i managers che i politici di riferimento che li hanno nominati), se non possono giustificarle in modo tecnico adeguato devono risponderne col loro patrimonio personale.
Con una legge così si potrà perlomeno far diminuire drasticamente gli scalatori di poltrone dai guadagni personali altissimi, facilissimi e sempre garantiti (tanto a perdere soldi è sempre il popolo bue!).