Tremate, tremate, le streghe son tornate. E questa volta non per finire al rogo. Con Le streghe son tornate (in uscita nelle sale italiane il 30 aprile 2015) ci pensa il cinquantenne regista basco Alex De La Iglesia a rinverdire l’antica figura medioevale aggiungendo il tipico humor nero dei suoi film più riusciti. Calderoni in ebollizione, sangue di rospo, scope usate come da iconografia classica a cavalcioni ma con funzione tendente all’erotico, De La Iglesia riattualizza la leggenda delle streghe del paesino navarro di Zugarramurdi (in originale il titolo è Las Brujas de Zugarramurdi poi diventato per la distribuzione nazionale Wichting and Bitching ndr) facendole incontrare con un quartetto di rapinatori in fuga zeppi di oro.
“Si tratta di una commedia nera con molta azione, violenza, e allusioni sessuali. Mi sento un po’ sempre al mio primo film, perché metto sempre in scena tutto ciò che amo di più nel cinema”, ha raccontato alla prima del Toronto Film Festival di oramai due anni fa, l’autore di Azione mutante. Tutto ha inizio quando nella centrale ad affollatissima Puerta del Sol di Madrid un gruppo di uomini bizzarramente mascherati da Spongebob e Topolino, come da mimi compreso un argentato Gesù Cristo con croce, spianano mitragliette e fucili a pompa per rapinare un Compro Oro. Scoperti ancor prima che la rapina si concluda, la sparatoria con la polizia tra il panico generale finisce con taxi ed autista presi in ostaggio per fuggire verso la Francia. Sul loro cammino i due rapinatori rimasti, il taxista, e il bimbo di uno dei due ladri sbattono letteralmente contro con l’auto in corsa ad un’anziana signora che altri non è che una vecchia strega. José, padre divorziato in guerra aperta con la ex-moglie; Tony, suo complice, succube delle donne; Manuel, taxista preso in ostaggio durante la fuga; e Sergio, figlio di José, sono arrivati nel (vero) paesino di Zugarramurdi, paesino nei pressi del confine da secoli legato alla stregoneria.
La famiglia di fattucchiere (splendide le attrici Carmen Maura, Terele Pavez e Carolina Bang) tramanda la millenaria tradizione della stregoneria e della derisione del sesso maschile: per i quattro, modello The Wicker Man, si prevede un bel rogo di purificazione. Horror esilarante e destrutturato, Le streghe son tornate è stato letto come una commedia tra sessi, e ancor di più come un film piuttosto misogino. “È un modo scherzoso per parlare della relazione uomo/donna oggi”, spiega un divertito Alex De La Iglesia. “È un mondo primitivo quello del film dove le donne detengono il controllo della società e gli uomini possono appartenervi sia essendo felici, sia morendo. Ciò non significa che ho una visione negativa delle donne, ma che ce l’ho negativa del mondo. Adoro la donna che mi domina: sono misantropo non misogino”.
De La Iglesia riporta in scena una “dominatrice” di lusso, la bellissima Carolina Bang, diventata sua moglie proprio un anno fa, che guarda caso nel film è apparentemente il soggetto più pericoloso tra le fattucchiere ma che poi si rivela il possibile punto più debole del cerchio magico. Il film è stato girato in buona parte proprio a Zugarramurdi, paesino di 200 anime nascosto nel cuore dei Pirenei Occidentali, non lontano dal confine francese che come la città di Salem negli Stati Uniti è legato alla stregoneria a causa di un terribile rogo avvenuto nel 1610 quando l’inquisitore Valle-Alvarado arrestò 40 sospettati e ne fece ardere vive 11. La grotta di Zugarrumurdi è stata teatro per secoli di sabba e riunioni pagane con tanto di festini e orge, mentre oggi è una popolare meta turistica. Le streghe son tornate, infine, ha rischiato di finire dimenticato in Italia, se non fosse per il distributore Officine Ubu: due anni di attesa, dopo la prima a Toronto nel settembre 2013 e il prolungamento di un incomprensibile oblio che toccò perfino al capolavoro di De La Iglesia, La ballata dell’odio e dell’amore, Leone d’Argento a Venezia 2011. Il regista basco, oltretutto, è a tutt’oggi molto popolare in Spagna e questa pellicola ha vinto otto premi Goya.
La clip in esclusiva per il Fatto.it