“Circa cinque anni fa è arrivata una raccomandata del ministero della Difesa che mi dava per morto, ma io sono ancora vivo e vegeto”. Così Roberto De Luca, maresciallo dell’Esercito Italiano per la Croce Rossa Italiana, racconta ai microfoni de ilfattoquotidiano.it la sua surreale storia. Il maresciallo, a seguito di alcune missioni all’estero, ha contratto alcune patologie che potrebbero essere causate dall’esposizione all’uranio impoverito (affetto da ipertiroidismo con noduli alla tiroide e morbo di Basedow), tant’è che oltre dieci anni fa ha fatto richiesta di indennizzo economico per causa di servizio. Al momento l’istanza del militare ancora non è stata accolta, ma nel 2011 il ministero della Difesa gli ha inviato una lettera a dir poco surreale. “Si comunica – si legge nella missiva ministeriale – che la sua pratica di riconoscimento alla dipendenza dell’infermità che ha causato il decesso di suo marito è stata inviata al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio“. “Quando è stata recapitata la missiva ero in servizio a Pesaro – spiega De Luca – ed è stata mia moglie ad aprire al postino. Mi ha subito chiamato allarmata per accertarsi che fossi ancora vivo”. Una vicenda paradossale che non sembra essere capitata solamente al maresciallo De Luca. “Purtroppo non è l’unico caso – racconta Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare – altri militari sono stati dati per morti dal ministero, ma sono ancora vivi. Lo Stato Maggiore della Difesa non riesce a conteggiare né i morti né i feriti. E, mentre in tutto il mondo, già dagli anni ’90 sono riconosciute le concause tra uranio impoverito e alcune patologie, da noi – nonostante 36 sentenze di ogni ordine e grado – abbiano condannato l’amministrazione a risarcire i militari. E ci si appresta ad istituire la sesta commissione d’inchiesta per stabilire se l’esposizione all’uranio impoverito possa aver causato malattie o decessi dei militari che hanno partecipato alle missioni di pace” di Nico Parente e Luca Teolato
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