Più di vent'anni dopo il bando, la "fibra killer" continua a mietere vittime. 15mila i casi di mesotelioma pleurico diagnosticati nel nostro Paese dal '93 al 2008. E resta aperto il problema delle bonifiche
La decima Giornata mondiale per le vittime dell’amianto è l’occasione per ricordare le tante persone che hanno perso la vita a causa della fibra killer e per tenere alta l’attenzione sui modi per affrontare una drammatica emergenza ancora incorso. Domani mattina in Senato ci sarà un incontro, organizzato dal Coordinamento nazionale amianto, di cui fa parte anche Legambiente, introdotto dal senatore Felice Casson (vicepresidente della Commissione Giustizia) e Fulvio Aurora (Coordinamento Nazionale Amianto), cui parteciperanno, tra gli altri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, giuristi, tecnici e medici, associazioni, sindacalisti, professionisti, parlamentari e consiglieri regionali.
Nonostante il bando ormai ultraventennale, ogni anno in Italia muoiono 4.000 persone per malattie asbesto correlate. Quindicimila sono i casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2008 (Registro Nazionale Mesotelioma). Una realtà drammatica fotografata a 23 anni dalla messa al bando della lavorazione delle fibre minerali. L’eternit, miscela di amianto e cemento inventata dall’omonima azienda svizzera, è ancora altamente diffuso: secondo le stime dell’Inail ne sono presenti 32 milioni di tonnellate. Ci sarebbero 75mila ettari di territorio dove la presenza della sostanza killer è accertata. Un altro dato, che viene evidenziato da Legambiente, è quello relativo agli edifici pubblici e privati contenenti amianto: sarebbero più di 188.000, cui vanno aggiunti i 6.913 siti industriali.
Ci sono Regioni che ancora non hanno redatto, nonostante l’obbligo di farlo, i piani regionali amianto: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna. Importante è invece la mappatura della diffusione del materiale, che però è stata conclusa solo in metà delle regioni italiane. Vi sarebbero oltre 300 siti in classe di priorità 1, ovvero a maggior rischio, su cui avviare da subito le azioni di risanamento. Un risanamento che il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti giudica fino a oggi scarso. “E’ urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati; bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. E’ poi necessario promuovere una corretta informazione sul problema amianto”. Perchè solo pochi interventi di bonifica sono stati messi in atto, rispetto alle reali necessità: 27.020 gli edifici interessati, tra pubblici e privati. E sono talmente tanti i siti sui quali si deve ancora intervenire che si stima che serviranno non meno di 85 anni per completare le bonifiche necessarie. Un tema tutt’altro che secondario, ricorda Legambiente, è poi quello relativa allo smaltimento, alla luce di una rete impiantistica insufficiente: attualmente le regioni dotate di almeno un impianto specifico sono 11, per un totale di 24 impianti.
Come se non bastasse, da tre anni è fermo nella Conferenza Stato-Regioni, per mancanza di fondi, il Piano Nazionale Amianto, indispensabile per affrontare il problema dal punto di vista sanitario, dell’assistenza e dei risarcimenti ai lavoratori e agli esposti. Si alza quindi l’appello di Legambiente: “Un primo passo utile sarebbe lo stanziamento di circa 20 milioni di euro, da attuare con il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico, che porterebbe alla bonifica di oltre 10 milioni di metri quadri di coperture in cemento amianto”. Nei prossimi giorni verrà discusso alla Camera il ddl sugli ecoreati. “E’ inoltre necessario – conclude l’associazione ambientalista – l’inserimento nel codice penale dei delitti di inquinamento e disastro ambientale per evitare altre Terre dei Fuochi”.