Lia Schiavone, 29 anni, dopo la laurea avrebbe voluto lavorare negli ospedali "ma - spiega - ci sono pochissime offerte". E così, un giorno ha letto l'annuncio di una compagnia di volo ed è stata selezionata. Oggi ha uno stipendio, ma del suo futuro dice: "Non ho smesso di mandare cv e di credere che un giorno farò la psicologa"
Da psicologa a hostess di volo. Dal Veneto agli Emirati Arabi. “È stata dura cambiare vita. All’inizio l’idea di un lavoro che non c’entrasse niente con i miei studi mi scandalizzava. E invece ho scoperto un lato nuovo della mia personalità. Ora so che mi piace fare tante cose diverse. So che non mi accontento e riesco a trovare la strada anche quando mi perdo”. Lia Schiavone, 29 anni, è nata a Bruxelles, da padre napoletano e mamma metà eritrea e metà italiana. A 16 anni si è trasferita a Padova, dove ha frequentato la facoltà di Psicologia. “L’Italia era una fissa per me. Ci venivo sempre in vacanza, ho i parenti sparsi tra il Nord e il Sud, mi ero innamorata del paesaggio e della cultura e un giorno sognavo di mettere le radici lì. Fino a quel momento però avevo conosciuto solo gli aspetti positivi. Viverci è un altro paio di maniche, anche se sono stati gli anni più belli della mia vita, lo giuro”.
Quella che doveva essere la meta finale si è trasformata in una tappa, di otto anni. “Il tempo che mi è servito per prendere laurea triennale, laurea specialistica, fare qualche stage, passare l’esame di Stato e rendermi conto che non c’era spazio per me”. Lia è una psicologa clinica, avrebbe voluto lavorare negli ospedali, “ma – spiega – ci sono pochissime offerte, difficilmente assumono, al massimo vinci un tirocinio, che per me è sfruttamento legalizzato. Il primo l’ho fatto in un asilo nido, gli altri nel reparto psichiatrico e oncologico di un ospedale. Non ho visto un euro, neanche un rimborso spese o un buono pasto”. Per pagarsi le bollette ha fatto la commessa, la cameriera, la babysitter e dava ripetizioni. “I miei mi davano i soldi per l’università e l’affitto, al resto ci pensavo io. Mi ammazzavo di lavoro, anche nei weekend, non potevo campare così”. Ha mandato cv anche in Inghilterra. “Almeno gli inglesi ti rispondono, anche per dirti che non sono interessati”.
Un annuncio online cerca hostess per una compagnia aerea con base a Dubai. Lo vede per caso il suo fidanzato. “Quando me lo ha detto mi sono messa a ridere. ‘Io voglio fare la psicologa’, gli ho risposto, non posso buttare via anni di sacrifici”. In quel periodo Lia aveva la testa tra i libri. Ce la stava mettendo tutta per passare al primo colpo l’esame di Stato. “Durante una pausa caffè per curiosità mi sono letta il bando e il contratto. ‘Mica male’, ho pensato”. E così si è iscritta alla selezione, a Milano. “Su 300 candidate ne hanno selezionate solo sei. Io ero tra quelle”.
Lia è alta un metro e 69, pesa 56 chili ed è bella come il sole. Quanto ha contato l’aspetto fisico? “Meno di quanto si possa immaginare. È più importante sapere bene le lingue. Io parlo francese e italiano a livello madrelingua e l’inglese fluentemente”. Lo stipendio è molto buono. “Più voli e più guadagni. Io non prendo mai meno di 1600 euro al mese, a volte duemila. Alloggio spesato, utenze incluse. Pago solo internet”. Magnifico, no? “Sì, però non voglio fare la hostess in eterno. Ho un contratto di tre anni. Me ne restano altri due. Di sicuro fino a dicembre non lo mollo. Ho così tanti posti da vedere ancora. Poi si vedrà. Non ho smesso di mandare cv e di credere che un giorno farò la psicologa”.
Lia sta in volo cento ore al mese. “Non invidiatemi troppo”. Quando l’abbiamo sentita era a terra da qualche ora, di rientro da Londra, e 12 ore dopo sarebbe partita per Singapore. “La compagnia ti paga 15 giorni all’anno di malattia. E a noi capita spesso di non stare bene. Gonfiori, emicrania, magari inciampi tra i piedi del passeggero, ti cade un bagaglio addosso. Io sono stata a casa un mese perché mi sanguinavano i timpani. Il congedo di maternità non esiste. I clienti a volte ti trattano male, senza motivo, ma la regola è che loro hanno sempre ragione. Insomma non è tutto rose e fiori”. Dubai ti piace? “Non fa per me. Per fortuna sono sempre altrove. È una città piena di contraddizioni. Centri commerciali sfarzosi e lusso sfrenato ovunque, da una parte. E dall’altra, una tradizione religiosa molto forte e manodopera indiana maltrattata e sottopagata. Se non avessi i miei colleghi italiani, che vivono qui, non avrei resistito a lungo”. E la storia con il suo ragazzo continua. “Ci vediamo almeno una volta al mese”.