A cosa serve una tangenziale? La domanda, all’apparenza banale, può avere molteplici risposte. In linea di massima, però, una tangenziale non dovrebbe servire a portare il traffico, specie quello pesante, in centro. A Vittorio Veneto, splendida città di arte, storia e cultura, è esattamente vero il contrario. Qui l’Anas vuole realizzare un progetto denominato “S.S. 51 di Alemagna variante di Vittorio Veneto (Tangenziale Est)” che prevede tre rotatorie, una galleria di 1.500 metri, un sottopasso di 100 metri, due ponti sul fiume Meschio, centinaia di metri in trincea l’attraversamento di un parco, la compromissione di un Sito di interesse comunitario (Sic) per… finire in pieno centro. Detta così potrebbe sembrare una stranezza tutta locale, ma quest’opera – peraltro molto contestata dai cittadini vittoriesi – verrà integralmente finanziata dall’Anas, cioè dallo Stato, cioè da noi. Sulla carta, senza aver ancora mosso un dito, si parla di 64 milioni di euro Iva esclusa. A consuntivo si vedrà.
Il progetto è datato 2009 e a volerlo fu la vecchia giunta leghista che anche per questo non è stata confermata alle ultime elezioni comunali. Il centrosinistra, oggi al governo della città, ha fatto proprio il progetto dei suoi predecessori, nonostante la contrarietà di una parte consistente del suo elettorato e di alleati di governo, come la lista civica dell’assessore all’ambiente Alessandro Mognol, da sempre schierata contro la tangenziale. L’obiettivo dichiarato dell’opera sarebbe quello di togliere traffico dal centro storico, ma cittadini, associazioni come Legambiente, liste civiche e Movimento 5 Stelle ritengono che vi siano alternative più efficaci e meno costose. Ad esempio utilizzare al meglio un’infrastruttura già esistente, l’autostrada A27, rendendo gratuito il passaggio tra i caselli Vittorio Veneto Nord e Vittorio Veneto Sud.
La tangenziale invece – asseriscono i critici – farebbe sì che il traffico pesante, oggi obbligato a passare dall’autostrada, troverebbe più conveniente girare dalla città con un impatto pesantissimo in termini ambientali e di qualità della vita. In questi anni i cittadini hanno dato battaglia e hanno sconfitto l’Anas su quasi tutta la linea: nel 2013 il Consiglio di Stato ha annullato tutti gli atti, tra cui la delibera di approvazione del progetto definitivo, dando ragione ai cittadini che denunciavano l’assenza della Valutazione di incidenza ambientale e della Relazione sismica. Non male per un’opera che insiste su Siti di interesse comunitario e con la quale si prevede di bucare una montagna. Ma l’Anas quella strada ha deciso di farla ad ogni costo e ad appena tre mesi dalla bocciatura del Consiglio di Stato ha ripresentato il progetto definitivo del traforo e ha poi approvato il progetto esecutivo prevedendo un aumento dei costi dai 49 milioni inizialmente ipotizzati a 64 milioni: il 30,6% in più, curiosamente quasi la stessa percentuale di ribasso con la quale si era aggiudicato i lavori il raggruppamento temporaneo di imprese composto dalle cooperative emiliane Unieco di Reggio Emilia e Cmb di Carpi e dalle società lombarde Socogen spa e Accisa spa.
Il progetto iniziale prevedeva costi di 49 milioni, poi lievitati del 30,6%
Nel frattempo, il Comune di Vittorio Veneto ha approvato – su proposta Anas – una variante urbanistica finalizzata a estendere i vincoli sui terreni, contravvenendo così alla legge regionale sugli espropri. Gli espropriati si sono rivolti al Tar e hanno visto riconosciute le loro ragioni (sentenza passata in giudicato). Si è creata così la situazione paradossale di oggi: l’Anas può realizzare la rotatoria a Nord, il primo ponte sul fiume Meschio, la galleria dentro la montagna e sotto una decina di case abitate che rischiano il crollo a causa dei lavori (sono case antiche, non hanno fondamenta). Poi, qualche centinaio di metri più in là la strada si ferma in aperta campagna. Non può seguire il progetto originario perché l’Anas non ha diritto di passare su quei terreni. Ed ecco allora farsi strada l’idea di una nuova variante. La tangenziale correrà qualche centinaio di metri più in là, sfiorando il cimitero, passando tra due scuole – l’Istituto alberghiero e il liceo – attraversando la pista ciclabile e il bel parco cittadino lungo il Meschio per infilarsi in pieno centro, nella stessa rotatoria prevista in origine (vedi gallery fotografica).
La variante non è ancora stata approvata, ma i lavori per il tunnel di Sant’Augusta inizieranno a maggio e il clima politico si sta surriscaldando, vuoi per la vicinanza delle elezioni regionali in Veneto, vuoi per i dissensi nella stessa giunta di centrosinistra che oltre a rischiare di perdere pezzi, rischia anche di approvare la variante con l’appoggio dei voti leghisti. Non sarebbe un risultato entusiasmante per il sindaco del Pd, Roberto Tonon, che – da noi interpellato – ha preferito non rispondere alle domande. La richiesta dei cittadini, di Legambiente, del Movimento 5 Stelle e dell’assessore all’ambiente Mognol è quella di fare una nuova conferenza dei servizi, cioè di sedersi tutti attorno a un tavolo e discutere del progetto e delle possibili alternative. Al momento, però, il sindaco fa orecchie da mercante e sembra intenzionato ad andare avanti senza ascoltare nessuno anche perché a mettere i soldi è l’Anas e non il Comune.
Il Tar ha dato ragione ai cittadini espropriati dal Comune, che ha approvato una variante urbanistica in violazione della legge regionale
Ma il nocciolo della questione è quello che si diceva all’inizio: perché mai una tangenziale dovrebbe portare il traffico in centro? In parte ciò è dovuto alle pressioni di commercianti e ristoratori, interessati sì a preservare il centro storico vittoriese, ma preoccupati dal fatto che una vera tangenziale porti via il passaggio e dunque gli affari. Però questa è solo una faccia della medaglia e nemmeno la più importante. L’altra riguarda un’area dismessa a due passi dal centro: l’ex stabilimento Italcementi. Sarà un caso, ma nel tracciato originario la nuova strada gli correva proprio a fianco e nell’ultima variante – quella ancora da approvare – passa comunque a poche decine di metri. Che sia un modo per valorizzare un’area altrimenti di scarso interesse speculativo? Al momento non è stato presentato ufficialmente alcun progetto, ma in città girano tante voci e anche qualche nome. Certo sarebbe paradossale spendere 64 milioni e rotti di soldi pubblici per far fare una speculazione a un privato. Della vicenda di Vittorio Veneto, oltre alla Corte dei Conti, è stata investita anche l’Autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone cui proprio in questi giorni è stato presentato un esposto. Una cosa è certa: i riflettori su Vittorio Veneto non sembrano destinati a spegnersi tanto presto.