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Abercrombie&Fitch, basta ai commessi con gli addominali in bella mostra e stop alle campagne ‘hot’

La nota catena di abbigliamento nata nel lontano 1892 ha deciso di modificare una serie di rigide e chiacchierate norme estetiche imposte ai propri dipendenti e alla propria immagine pubblicitaria. Il 'delirio estetico' era stato imposto da un ex dirigente dell'azienda da almeno un quindicennio: “Assumiamo solo le persone che si presentano bene, perché la gente che si presenta bene attira l’attenzione delle persone perbene"

Abercrombie&Fitch dice basta ai commessi/modelli a petto nudo. Con un comunicato ufficiale la storica azienda di moda statunitense, nata nel lontano 1892, ha deciso di modificare una serie di rigide e chiacchierate norme estetiche imposte ai propri dipendenti e alla propria immagine pubblicitaria. Da pochi giorni, infatti, per i 10mila lavoratori degli oltre 950 punti di vendita sparsi dagli Usa alla Cina, passando per l’Europa e il Kuwait, non sarà più obbligatorio mostrarsi a petto nudo e addominali in bella mostra come fossero manichini. Inoltre verrà gradualmente sostituita, entro la fine di luglio 2015 la pubblicità “con allusioni sessuali all’interno dei negozi, nelle carte per i regali e nelle buste degli acquisti”; verrà abbassata il volume della musica e rese più vive le luci dentro i negozi i propri punti vendita.

E’ saltato il leggendario “Look Policy”, il vademecum inventato dall’ex ad Abercrombie Mike Jeffries, ritiratosi dalla posizione di comando nel dicembre del 2014, dove tra taglio e piega di capelli consigliati ai commessi/modelli, era vietato anche portare barba e baffi. Non che dal 27 aprile 2015 negli store A&F, come quello di Corso Matteotti a Milano, sia avvenuta la rivoluzione. Il divieto di indossare orecchini, trucco marcato e gioielli vige ancora, ma la tendenza del nuovo cda di New Albany (Ohio) sembra sia quella di voler indirizzare la storica azienda di abbigliamento, in forte perdita di entrate, verso una politica di vendita meno aggressiva che è stata da molti bollata come sessista e razzista. Il delirio estetico era stato imposto da Jeffries da almeno un quindicennio: “Assumiamo solo le persone che si presentano bene, perché la gente che si presenta bene attira l’attenzione delle persone perbene, e noi vogliamo avere come clienti le persone che si presentano bene e nessun altro” spiegò l’ex Ceo nel 2006. Non c’è quindi da stupirsi se lo stesso Jeffries nel 2013 avesse preso la decisione di interrompere la commercializzazione di abbigliamento femminile in taglie XL e XXL, come rivelato dal sito Business Insider, secondo cui l’ex Ceo in una mail aveva scritto di  “non voler più vedere persone grasse nei suoi negozi, ma solo quelle belle e magre”.

La “politica” verso i dipendenti coniata da Jeffries è finita sotto indagine da diversi tribunali europei e statunitensi. Pochi mesi fa la Corte d’Appello di Milano ha imposto all’ Abercrombie & Fitch il reintegro di un dipendente licenziato esclusivamente a causa della sua età – 25 anni – quando il ragazzo era stato assunto nel 2010 con un contratto a chiamata, mentre in realtà svolgeva un lavoro a tempo determinato con orario part-time. Nel luglio 2013 in Francia, Dominique Baudis, funzionario dell’autorità costituzionale indipendente Defenseur des Droits, ha indagato sulla differenza tra modelli e venditori, concludendo: “Se le esigenze professionali essenziali possono legittimare la messa in conto dell’apparenza fisica nel ruolo di modelli, non è la stessa cosa per il ruolo di commessi”.

Nel febbraio 2013 contro Abercrombie & Fitch è intervenuta perfino la Corte Suprema degli Stati Uniti pronunciandosi sul caso Samantha Elauf, un’adolescente musulmana alla quale era stato negato il posto di lavoro perché indossava un foulard. Abercrombie aveva accettato di pagare 71 mila dollari per sistemare due casi simili precedenti a quello di Elauf, ma in questo caso l’azienda ha creduto di comportarsi in modo legittimo perché non era venuta a conoscenza del fatto che Elauf indossasse il foulard per motivi religiosi. Una corte federale aveva accolto le tesi di Abercrombie, così la dipendente licenziata si è appellata, vincendo alla Corte Suprema.

Infine, la strategia Jeffries non pagava più in termini di vendite: nell’ultimo trimestre del 2014 il fatturato di Abercrombie è calato del 14% e le azioni a Wall Street hanno perso il 39% del loro valore. Per questo lo stravagante settantenne, lo scorso dicembre 2014 si è ritirato dopo quasi vent’anni di servizio. “Noi esistiamo per servire gli azionisti” – ha tagliato corto il nuovo executive chairman di A&C, Arthur Martinez – “ma se non serviamo il cliente, gli azionisti non verranno premiati”.