Fa uno strano effetto vedere Corrado Passera con il bavaglio alla bocca come se fosse vittima della censura dei media che non gli consentirebbero di far giungere la sua voce all’opinione pubblica. Ho sempre pensato che Passera fosse il classico prodotto dei “poteri forti” o più semplicemente dei salotti dove politica e economia si avviluppano in un nodo inestricabile. Un ‘berlusconiano” da salotto, non da strada, dotato di molta prudenza e privo di quelle asprezze alle quali la “nuova destra” ci ha abituati. Avevamo sbagliato i conti. La censura del regime è arrivata sino a lui.
Ma a chi può far paura Corrado Passera? A Renzi? Ne dubito. Angelo Panebianco ha spiegato che i cespugli sono funzionali all’egemonia politica di un partito sovra gli altri. A Berlusconi? Ma non è un competitore credibile sul piano inclinato del populismo.
Chi avrebbe dunque interesse a tappargli la bocca, a ridurlo al silenzio?
Qualcuno ha scritto che la politica è un mestiere più difficile dell’impresa economica. I fallimenti politici sono più duri e inappellabili di quelli economici.
Corrado Passera ha al suo attivo la prova del governo Monti che lasciato tutti con la bocca amara. Imprenditori e lavoratori, pubblico impiego e autonomi, nord e sud hanno bollato quel governo come uno dei più inconcludenti della storia repubblicana. Era una meravigliosa occasione per dimostrare la bontà della propria ricetta, la propria capacità di governo. Si dirà che bisognava passare dalle Camere e che quel governo non aveva una base parlamentare (e partitica) “sua”. La situazione, però, non è cambiata e Passera può aspirare a un ruolo di modesto comprimario, una spalla come si definiva nel teatro comico, o il nostro punta sulla maggioranza assoluta?
La videocrazia esiste, ma nel caso di Passera non incide molto.
Nella sua non breve esperienza di governo, Passera ha capito che c’è urgente bisogno di uomini che sappiano assumersi delle responsabilità in tutti campi da riformare. Purtroppo – come diceva Leo Longanesi – è più facile trovare uomini pronti ad assumere dei ministeri (o sottosegretariati) che responsabilità.