La rivoluzione di Pernambuco, nelle parole di Sergio Marchionne, “è iniziata cinque anni fa, quando abbiamo creduto che nel mezzo di una distesa di canne da zucchero si potesse creare uno degli stabilimenti più competitivi al mondo”. Il nuovo impianto di FCA, inaugurato alla presenza della presidente Dilma Rousseff, è fondamentale per il gruppo Fiat-Chrysler perché lì saranno prodotti, per la prima volta, i modelli Jeep per il Sudamerica.
Per capire l’importanza dell’impianto di Goiana, Stato di Pernambuco, basta andare a riprendere le diapositive proiettate al pubblico di investitori circa un anno fa, il 6 maggio 2014, durante la presentazione del piano industriale FCA 2014-2018. Una delle colonne portanti del progetto di Marchionne – che vuole raggiungere i 7 milioni di unità vendute partendo dai 4,4 del 2013 – era sfruttare l’onda del successo globale delle (altamente redditizie) Suv. Come? Internazionalizzando il marchio specializzato Jeep: se fino all’anno scorso le 4×4 americane erano prodotte solo negli Stati Uniti, in quattro impianti, entro il 2018 saranno assemblate in 10 fabbriche distribuite in 6 Paesi, fra cui l’Italia (a Melfi nasce la Renegade per l’Europa e il Nordamerica), la Cina (a Changsha, con il partner Ghuangzhou), l’India e, appunto, il Brasile. “Abbiamo bisogno di un impianto Jeep”, titolava – sopra la mappa del Paese – una delle slide illustrate durante la presentazione dell’anno scorso.
Complessivamente, le Jeep vendute nel mondo dovrebbero più che raddoppiare nel quinquennio, passando dalle 732.000 unità del 2013 ai 1,9 milioni del 2018, con un incremento medio annuo del 20%. Alla crescita contribuiscono, nelle previsioni, diversi fattori, ma principalmente la delocalizzazione della produzione, che da sola dovrebbe permettere di vendere 700.000 unità l’anno in più. Nell’espansione del marchio Jeep, l’America Latina è quella che deve segnare l’aumento percentuale maggiore. Mentre nell’area Nord America e Messico, dal 2013 al 2018 FCA prevede una crescita annua del 10%, in Europa e Nord Africa del 35%, nell’area Asia-Pacifico del 45%, in Sudamerica deve essere superiore al 50% per passare dalle 27.000 unità del 2013 alle 200.000 nel 2018.
Per passare da 730.000 a 1,9 milioni di Jeep vendute, FCA ha deciso di produrre le 4×4 americane fuori dai confini nazionali. E al Sudamerica è richiesto il tasso di crescita maggiore
La grande parte dell’espansione in Sudamerica, infatti, è delegata proprio al marchio Jeep. Se nell’area (Messico escluso) FCA vuole crescere dalle 900 mila auto del 2013 a 1,3 milioni nel 2018, quasi metà delle 400.000 unità aggiuntive devono portare il logo Jeep sul muso. Molto più modesto l’incremento richiesto agli altri brand commercializzati dal gruppo: Fiat e Fiat Professional sono incaricate di raggiungere 1,1 milioni di unità vendute (erano 887 mila nel 2013), mentre al trio Chrysler-Dodge-Ram basta rimanere stabile sulle 20.000 unità l’anno. In Brasile – un mercato da 3,6 milioni di auto l’anno – Fiat è il marchio leader da 13 anni, e produce localmente più di 740 mila vetture l’anno nella storica fabbrica di Betim.
In America Latina, FCA vuole vendere 400.000 macchine in più entro il 2018. Quasi la metà deve avere il marchio Jeep sul cofano
All’impianto di Pernambuco è invece affidata la produzione del modello più piccolo ed economico della Jeep, la Renegade, che però non saturerà da sola la capacità produttiva di 250.000 unità l’anno. Saranno assemblati nella fabbrica altri due modelli, uno già a partire dal 2015 e uno dall’anno prossimo, entrambi basati sulla piattaforma “Small-wide”, ossia quella sulla quale sono costruite anche le Fiat 500L e 500X, e su cui dovrebbe nascere la nuova Suv compatta che sostituirà, in un colpo solo, Jeep Patriot e Compass.
Nello stabilimento di Pernambuco, FCA ha investito 2,2 miliardi di euro: secondo il comunicato stampa ufficiale, “è oggi il più moderno e il più grande di FCA nel mondo”. Integra al suo interno un parco fornitori ed entro la fine dell’anno impiegherà più di 9.000 persone (3.300 nella fabbrica Jeep, 4.900 presso i fornitori e circa 850 nei servizi). Stando alla presentazione del maggio scorso, FCA si è impegnata a produrre sul posto il 70% delle parti e a investire localmente, in ricerca e sviluppo, il 2% dei profitti. Da parte sua, il governo brasiliano ha donato più di 12 milioni di metri quadrati di terra, ha finanziato l’80% dell’investimento tramite la banca nazionale per gli investimenti e ha garantito diversi incentivi fiscali, fra cui una riduzione del 50% sulle tasse valida per la produzione locale nella regione del Nordest brasiliano.