La Grecia non muore di austerità. Muore di realtà. Tutti conosciamo i dolorosi postumi di una sbornia. Ecco, quei postumi sono quelli che la Grecia sta sperimentando, nostro malgrado, in questo momento. Di solito, è a fine serata, quando ormai i balli son chiusi, la musica è finita e l’usciere gentilmente ci invita a lasciare il locale, che l’ebbro, oppone resistenza e con voce roca chiede: “Un ultimo bicchiere, per favore!”
L’ultimo bicchiere è quello che desidererebbe ottenere il governo greco dall’Europa.
Dall’altra parte c’è la Germania, non da sola, ma con un folto gruppetto di nordiche amiche che dice: “Basta, è ora di andare. Rimettiti in sesto dai!”. E tirandola per la giacchetta, stanca e sfiduciata, le urla: “Adesso basta, o vieni con noi o ti lasciamo qui.”
La Grecia deve finalmente decidere che cosa vuole fare. Certo, le decisioni prese in stato di ubriachezza non sono mai tra le più sagge, ma possono comunque comportare delle enormi conseguenze sui nostri destini e quelli degli altri.
Poi ci sono quegli ospiti che hanno bevuto anche loro qualche bicchiere di troppo e cercano di mettere fine alla disputa, sanno che a breve potrebbe toccare anche a loro. Però, in fin dei conti, hanno deciso che forse sia meglio mollare la spugna e lasciare il povero ebbro a litigar col buttafuori, defilandosi indisturbati. Sanno che, per evitare quella fine, occorre smorzare il tasso alcolico gradualmente, cercando di nascondere il loro stato. Quanto durerà la loro pantomima? Il tempo di cercare di aggiustare le loro finanze pubbliche, forse qualche decennio, forse chissà.
E sì, perché il caso Grecia è anche un caso di opacità contabile. Opacità perpetrata per anni, da governi diversi e buona per ogni stagione, senza che nessuno abbia mai avuto il coraggio di dire basta.
La retorica della colpa, del debitore brutto, sporco e cattivo, è davvero ingiusta anche perché certamente non aiuterà il risanamento, ma chi vuole offrire la chance alla Grecia di rimanere nella combriccola non può non porgli alcune condizioni. Le condizioni sono le riforme. Si può discutere nel merito su quali siano le più adatte, anche in virtù della tenuta sociale del paese, di dogmi si può parlare soltanto in religione e chi eleva l’ortodossia neoliberale ad una fede, a mio avviso, è un onanista intellettuale, ma certo lo sforzo non può essere decisamente inferiore di quello auspicato dalla controparte. E la controparte siamo tutti noi.
Mettiamo che, la Grecia fosse una nostra grande amica e che tutti avessimo a cuore di aiutarla. Penseremmo mai di aiutare qualcuno che ha a lungo fatto uso smodato di alcool regalandogli un’altra bottiglia?
Supponiamo anche di aver sostenuto finanziariamente l’intera serata della nostra amica con il patto di riavere indietro quanto concesso con i dovuti interessi. Le concederemmo di chiederci di non restituire mai più quanto le abbiamo prestato senza pretendere almeno di impegnarsi con noi a modificare il suo comportamento?
Io penso di no, perché proprio per affetto, non si guardano gli amici prender una cattiva strada ma si cerca, anzi, di riportarli sulla retta via.
La retta via sono delle finanze solide, perché campare a debito non è una condizione che può durare per sempre. Gli investimenti pubblici, giustificati quando servono a produrre innovazione e crescita, diventano solo latte di vacca grassa quando servono ad alimentare un apparato statale inefficiente e di dimensioni decisamente spropositate. Essi non costituiscono più, allora, patrimonio comune ma servono ad alimentare le fonde tasche di gruppi d’interesse che non hanno nessuna intenzione di mollare la rendita di posizione acquisita.
Attenzione, non fraintendetemi. Non è che io non sia solidale con i problemi della povera gente greca, anzi tutt’altro! Credo purtroppo però che la condizione di povertà in cui versano oggi sia il risultato, in primis, di una pessima amministrazione durata troppo a lungo. Le scelte politiche determinano molte cose. Il governo di una economia può creare prosperità per tutti e tendere ad un’equa distribuzione delle risorse o relegare intere classi alla povertà senza via d’uscita.
Ecco, ricordate la storiella del locale? Beh, in quel locale, non c’era solo la nostra combriccola ma altri allegri Signori e Signore, che ci osservano. Sono il resto degli attori globali, nazioni, fondi sovrani, lobby, banche, gruppi di investitori, multinazionali e tanti altri che non sempre sono europei.
Credetemi, non hanno così a cuore né noi né la Grecia.