Il presidente della Lega Pro inibito per registrazione impropria dei marchi. Una storia opaca di conflitti di interesse che rischia di provocare scossoni non solo in terza serie (dove si dovrà decidere se convocare nuove elezioni) ma anche ai vertici del calcio italiano visto che Macalli è vicepresidente Figc
Non una stangata, come poteva lasciare presagire il dispositivo d’accusa. Ma abbastanza per mettere (ancora più) in discussione il già vacillante governo della Lega Pro. Mario Macalli, grande capo della terza divisione del calcio italiano nonché vicepresidente della Figc (e fidato braccio destro di Tavecchio) è stato inibito dal Tribunale Federale Nazionale per sei mesi per il cosiddetto “caso Pergocrema”. Per la registrazione impropria dei marchi del club lombardo e la gestione dei proventi televisivi la Procura lo aveva deferito, chiedendo otto mesi di squalifica. Il presidente della Sezione Disciplinare, l’avvocato Sergio Artico, ha accolto solo parzialmente la richiesta. Ma il provvedimento potrebbe comunque essere sufficiente a scatenare un terremoto in Lega Pro, e in tutto il calcio italiano.
La vicenda che oggi è giunta a sentenza risale al 2011, quando Macalli, pur essendo presidente della Lega Pro, aveva provveduto a registrare a proprio nome i marchi ‘Pergocrema‘, ‘Pergocrema 1932’, ‘Pergolettese‘ e ‘Pergolettese 1932’. Nel luglio del 2012 il club lombardo sarebbe poi fallito, anche a seguito della mancata erogazione dei contributi di Lega previsti. Dopo il fallimento, alcuni tifosi avevano provato a dar vita ad una nuova società sul modello dell’azionariato popolare, vedendosi però la strada sbarrata dalla pregressa registrazione dei marchi, poi ceduti da Macalli al proprietario del Pizzighettone. Le accuse della Procura nei confronti del vicepresidente Figc erano sostanzialmente due, dunque: aver registrato i marchi in “conflitto di interesse, venendo meno al ruolo di imparzialità”, e “aver aggravato la situazione di crisi finanziaria della società”, trattenendo i contributi “senza alcuna giustificazione giuridica”.
Il Tribunale ha accolto la prima e rigettato la seconda. Come si legge nella sentenza, “non c’è dubbio che Macalli abbia richiesto la registrazione a suo nome dei marchi”, cosa che “appare di per sé contraria ai doveri di lealtà e correttezza imposti dal Codice di giustizia sportiva”. Mentre per quanto riguarda il secondo capo d’accusa, “non v’è traccia di un provvedimento personale del presidente che abbia bloccato il bonifico nei confronti della società”: mancano le prove per attribuire a Macalli la responsabilità del fallimento della società. Per questo la squalifica è di sei mesi. Si conclude così una vicenda opaca, che aveva anche visto l’intervento della giustizia ordinaria con la richiesta di rinvio a giudizio per abuso d’ufficio, poi risoltasi in un nulla di fatto con il proscioglimento.
In realtà la partita è ancora tutta da giocare. Macalli temeva fortemente un’inibizione superiore ai 12 mesi, che lo avrebbe fatto incorrere nell’ineleggibilità prevista dai regolamenti della Figc. Questo rischio era stato scongiurato già al momento del deferimento, ma c’è un altro spauracchio che spaventa il vicepresidente federale: lo statuto interno della Lega Pro prevede la convocazione “senza alcun indugio” di una nuova assemblea elettiva nel caso di “cessazione dalla carica per oltre un semestre per qualsivoglia motivo”. I sei mesi rientrano in questa casistica? La questione sarà senza dubbio oggetto di interpretazioni discordanti, e nuove battaglie. Per quanto potuto apprendere da ilfattoquotidiano.it, Macalli non si sarebbe dimesso in ogni caso, intenzionato a fare appello contro la sentenza e quindi a guadagnare tempo.
L’entità tutto sommato ridotta dell’inibizione può giocare a suo favore. Ma anche della fronda interna guidata da Gabriele Gravina e dall’ex dg Francesco Ghirelli, che da dicembre (dalla mancata approvazione del bilancio) reclama invano nuove elezioni . Ora i dissidenti hanno un ulteriore argomento giuridico per richiedere l’assemblea, senza contare l’aspetto morale della vicenda (evidentemente secondario, considerato che già il presidente della Figc è rimasto in carica con un’inibizione di pari durata ricevuta dalla Uefa). Già, Carlo Tavecchio: lui dalla caduta di Macalli avrebbe tutto da perdere, la Lega Pro è uno dei pilastri della sua maggioranza in consiglio. Per questo osserva e per il momento non interviene. In attesa di nuovi sviluppi, che dai piani bassi possono ripercuotersi fino ai vertici del nostro calcio.