Sono tornati gli Anni 70, il piombo frigge e uccidere un fascista non è reato. Ieri notte, a Milano, è stata incendiata una libreria: la Ritter. La sede dell’Ugl, poi – il sindacato “di destra” – è stata devastata e una bombetta, infine, fortunatamente inesplosa, è stata collocata nella sede di Forza Nuova. Un rewind consumato tutto in una notte, quello di ieri. Nessuno azzarderà solidarietà, figurarsi analisi. E tutto questo, in sequenza, è successo per rispondere “all’attacco fascista”.
Sono tornati gli Anni 70 ed è stata considerata una provocazione, infatti, l’organizzazione di un convegno. Ecco il titolo: “Divide et impera. Milano Burning, le radici dell’odio”. Un incontro organizzato in città – anche con il concorso di esponenti di sinistra – per ricordare l’assassinio di Sergio Ramelli. Una storia degli Anni 70, questa delle radici dell’odio: studente dell’Itis Molinari, militante del Fronte della Gioventù, Ramelli si vede sequestrare il tema di italiano dall’insegnante. Il professore non accetta che lo studente faccia propaganda fascista. Ecco, la propaganda. Nel compito, Ramelli, parla dell’omicidio di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci – due militanti del Msi di Giorgio Almirante – vittime di un assalto delle Brigate Rosse a Padova nel giugno 1974. Ramelli, nel tema, fa una chiamata di correo: lo Stato italiano che non ha espresso il cordoglio in nessuna forma per due padri di famiglia scannati come cani. Ecco, l’odio. Il professore, al modo di un capo d’accusa, attacca in bacheca – ben visibile, nell’atrio della scuola – il tema di Ramelli. È fatta. Uccidere un fascista non è reato. I militanti della sinistra extraparlamentare, individuati dopo nella sigla di Avanguardia Operaia, con le spranghe e le chiavi inglesi hanno modo di tenere Ramelli in agonia quarantotto giorni per farlo morire il 29 aprile 1975, quarant’anni fa oggi.
Alla notizia della morte di Ramelli – arrivata dopo quarantotto giorni di agonia – esplode il battimani di evviva. “Uno di meno”, questo è il grido. Succede al consiglio comunale di Milano, riunito con il sindaco Aldo Aniasi, e sono i dipendenti del municipio ad applaudire, accorsi come per rinnovare un Piazzale Loreto di pronto accomodo. A dare la notizia della morte dello studente – arrivata dopo quarantotto giorni di agonia – è stato Tommaso Staiti di Cuddia, consigliere comunale del Msi. Malgrado l’orgia d’odio, orripilato di fronte a tanta scena, Staiti continua a parlare e solo Guido Cappelli, un liberale, indignato, si schiera con Staiti e chiede ad Aniasi di porre fine al sabba.
È la stessa Milano che con il Corriere della Sera, quando Indro Montanelli il 2 giugno 1977 viene gambizzato dalle Brigate Rosse, pur di non urtare la sensibilità altolocata dell’antifascismo, l’attentato a quell’uomo disobbediente e libero se lo racconta così, con un titolo: “Ferito un giornalista”. È la stessa Milano di tanti film, perfino epici, dove né questa scena, né quella di Ramelli viene ricostruita, per non dire della cattiva coscienza su cui tutta la borghesia benecomunista non saprà mai trovare lavacro per affrontare, in punto di verità, l’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
Ecco, sono passati quarant’anni dalla morte di Ramelli, ma gli Anni 70 non se ne vogliono andare se poi il Novecento – dopo aver saltato l’appuntamento con la storiografia – diventa, come lo è stato in questi giorni in alcune celebrazioni resistenziali, il pretesto di una “narrazione” buona al più per far vendere qualche bottiglia di vino a Oscar Farinetti o per trasformare su Repubblica un Luca Lotti, l’uomo forte di Matteo Renzi, nella reincarnazione del colonnello Moranino senza che un solo professore osi dirgli scusi, ma di cosa parla? Dopo di che, certo, c’è chi non parla. Frigge col piombo e torna agli Anni 70. Ad azione fa seguito reazione. Le radici dell’odio non hanno mai smesso di germogliare.
da Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2015
Cronaca
Sergio Ramelli, a 40 anni dall’omicidio si aggira lo spettro degli Anni Settanta
Un convegno ricorda il ragazzo di destra ucciso da Avanguardia Operaia nel 1975. Qualcuno contesta. Il passato non passa
Sono tornati gli Anni 70, il piombo frigge e uccidere un fascista non è reato. Ieri notte, a Milano, è stata incendiata una libreria: la Ritter. La sede dell’Ugl, poi – il sindacato “di destra” – è stata devastata e una bombetta, infine, fortunatamente inesplosa, è stata collocata nella sede di Forza Nuova. Un rewind consumato tutto in una notte, quello di ieri. Nessuno azzarderà solidarietà, figurarsi analisi. E tutto questo, in sequenza, è successo per rispondere “all’attacco fascista”.
Sono tornati gli Anni 70 ed è stata considerata una provocazione, infatti, l’organizzazione di un convegno. Ecco il titolo: “Divide et impera. Milano Burning, le radici dell’odio”. Un incontro organizzato in città – anche con il concorso di esponenti di sinistra – per ricordare l’assassinio di Sergio Ramelli. Una storia degli Anni 70, questa delle radici dell’odio: studente dell’Itis Molinari, militante del Fronte della Gioventù, Ramelli si vede sequestrare il tema di italiano dall’insegnante. Il professore non accetta che lo studente faccia propaganda fascista. Ecco, la propaganda. Nel compito, Ramelli, parla dell’omicidio di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci – due militanti del Msi di Giorgio Almirante – vittime di un assalto delle Brigate Rosse a Padova nel giugno 1974. Ramelli, nel tema, fa una chiamata di correo: lo Stato italiano che non ha espresso il cordoglio in nessuna forma per due padri di famiglia scannati come cani. Ecco, l’odio. Il professore, al modo di un capo d’accusa, attacca in bacheca – ben visibile, nell’atrio della scuola – il tema di Ramelli. È fatta. Uccidere un fascista non è reato. I militanti della sinistra extraparlamentare, individuati dopo nella sigla di Avanguardia Operaia, con le spranghe e le chiavi inglesi hanno modo di tenere Ramelli in agonia quarantotto giorni per farlo morire il 29 aprile 1975, quarant’anni fa oggi.
Alla notizia della morte di Ramelli – arrivata dopo quarantotto giorni di agonia – esplode il battimani di evviva. “Uno di meno”, questo è il grido. Succede al consiglio comunale di Milano, riunito con il sindaco Aldo Aniasi, e sono i dipendenti del municipio ad applaudire, accorsi come per rinnovare un Piazzale Loreto di pronto accomodo. A dare la notizia della morte dello studente – arrivata dopo quarantotto giorni di agonia – è stato Tommaso Staiti di Cuddia, consigliere comunale del Msi. Malgrado l’orgia d’odio, orripilato di fronte a tanta scena, Staiti continua a parlare e solo Guido Cappelli, un liberale, indignato, si schiera con Staiti e chiede ad Aniasi di porre fine al sabba.
È la stessa Milano che con il Corriere della Sera, quando Indro Montanelli il 2 giugno 1977 viene gambizzato dalle Brigate Rosse, pur di non urtare la sensibilità altolocata dell’antifascismo, l’attentato a quell’uomo disobbediente e libero se lo racconta così, con un titolo: “Ferito un giornalista”. È la stessa Milano di tanti film, perfino epici, dove né questa scena, né quella di Ramelli viene ricostruita, per non dire della cattiva coscienza su cui tutta la borghesia benecomunista non saprà mai trovare lavacro per affrontare, in punto di verità, l’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
Ecco, sono passati quarant’anni dalla morte di Ramelli, ma gli Anni 70 non se ne vogliono andare se poi il Novecento – dopo aver saltato l’appuntamento con la storiografia – diventa, come lo è stato in questi giorni in alcune celebrazioni resistenziali, il pretesto di una “narrazione” buona al più per far vendere qualche bottiglia di vino a Oscar Farinetti o per trasformare su Repubblica un Luca Lotti, l’uomo forte di Matteo Renzi, nella reincarnazione del colonnello Moranino senza che un solo professore osi dirgli scusi, ma di cosa parla? Dopo di che, certo, c’è chi non parla. Frigge col piombo e torna agli Anni 70. Ad azione fa seguito reazione. Le radici dell’odio non hanno mai smesso di germogliare.
da Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2015
C'era una volta la Sinistra
di Antonio Padellaro e Silvia Truzzi 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato alla Cbs che ci sarà un aumento dei casi di detenzione simili a quello del manifestante filo-palestinese Mahmoud Khalil. "Ogni giorno, ormai - ha aggiunto - approviamo revoche di visti e anche di Green Card".
"Devi fare certe dichiarazioni", ha spiegato a proposito dei non cittadini che arrivano negli Stati Uniti. "Se ci dici, quando fai domanda per un visto, che stai arrivando negli Stati Uniti per partecipare a eventi pro-Hamas che vanno contro gli interessi della politica estera... Se ci avessi detto che lo avresti fatto, non ti avremmo mai dato il visto".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.