Mafie

‘Ndrangheta, arrestato ex consigliere Pdl in Calabria: “Pagò 400mila euro a cosche”

Santi Zappalà era già stato condannato in via definitiva a due anni e otto mesi per corruzione elettorale mafiosa. Al centro delle nuove indagini di Carabinieri e Guardia di Finanza ci sono accordi illeciti con la cosca Pelle per assicurarsi sostegno elettorale alle consultazioni locali del 2010. Fermate anche altre 4 persone

Quattrocento mila euro alla ‘ndrangheta per essere eletto nel Consiglio regionale della Calabria. Centomila euro alla cosca Pelle più altre 300mila che i boss di San Luca dovevano utilizzare per rastrellare altri voti tra le altre famiglie mafiose della Locride. Già condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere per corruzione elettorale, è stato arrestato di nuovo l’ex consigliere regionale Santi Zappalà. Questa volta, l’esponente di centrodestra (eletto con più di 11mila preferenze nel 2010 con il Pdl che sosteneva l’ex governatore Giuseppe Scopelliti) è accusato di scambio elettorale politico-mafioso.

All’alba del 29 aprile è scattato il blitz dei carabinieri del Ros e della guardia di finanza che hanno stretto le manette ai polsi anche ad altri 4 soggetti. Accogliendo la richiesta dei pm Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò, il gip ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il boss Giuseppe Pelle detto “Gambazza”, il suo referente con la politica Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva e Antonio Pelle. Arresti domiciliari, invece, per Sebastiano Pelle.

L’operazione “Reale 6” dimostra – scrivono i magistrati – “come in occasione delle elezioni regionali del 2010, il candidato Santi Zappalà chiese in modo scientifico l’appoggio non solo della cosca Pelle, ma di numerosi sodalizi appartenenti alla ‘ndrangheta e operanti nel territorio del suo collegio elettorale”. Un rastrellamento di voti che, in sostanza, vide Santi Zappalà fare il giro della provincia per chiedere il sostegno delle famiglie mafiose. I carabinieri e la guardia di finanza, infatti, hanno ricostruito non solo i rapporti con i Pelle di San Luca man anche con i Barbaro di Platì, i Commisso di Siderno, i Greco di Calanna, i Gallico di Palmi e i Bellocco-Cacciola di Rosarno.

Un vero e proprio pellegrinaggio a casa dei boss. Santi Zappalà trattava personalmente con i mammasantissima Giuseppe Pelle, Francesco Barbaro, Rocco Gallico e Giuseppe Greco. Proprio quest’ultimo, oggi diventato collaboratore di giustizia, ha riferito ai pm che Zappalà “si recò al suo cospetto, accompagnato dall’avvocato Antonio Marra, e nel corso di un incontro durato circa un’ora, si dichiarò disponibile ad acquistare un pacchetto di cinquecento voti in cambio della somma di 30mila euro”.

“Non valeva la pena”. È stata la risposta di Peppe Greco. E così l’offerta del politico del Pdl non fu accolta dal boss “perché ritenuta non conveniente”. Stando all’ordinanza di arresto, Santi Zappalà riusciva a sguazzare liberamente tra le cosche della Locride e quelle della Piana di Gioia Tauro. Nell’ordinanza di custodia cautelare, infatti, sono finiti anche i verbali dell’ex testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta qualche anno fa per avere ingerito acido muriatico dopo essere ritornata a Rosarno.

“Era pacifico che le famiglie Cacciola e Bellocco – aveva affermato la testimone – avrebbero appoggiato la candidatura di Santi Zappalà. Quando all’interno della ‘famiglia’ si decide di appoggiare un certo candidato, ciò accade perché quest’ultimo promette in cambio qualcosa”. Grazie alle intercettazioni e agli accertamenti bancari, quindi, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire nel dettaglio il passaggio di soldi tra Zappalà e il referente dei Pelle, Mesiani Mazzacuva.

Pesanti le considerazioni del gip Cinzia Barillà nel motivare le esigenze cautelari nei loro confronti. Si tratta di soggetti – scrive il magistrato – che “hanno dimostrato una inquietante inclinazione ad inquinare le prove precostituendo una notevole quantità di documentazione falsa”. Il politico del Pdl e l’imprenditore vicino al clan avevano tentato di spacciare gli assegni utilizzati per comprare pacchetti di voti con un prestito fatto da Zappalà e Giuseppe Mesiani Mazzacuva la cui azienda stava affrontando una crisi economica. Zappalà si è rivelato un soggetto che “ha uno straordinario spessore criminale e una sconcertante disinvoltura a negoziare con la criminalità organizzata. Disinvoltura che è certamente frutto di comportamenti analoghi già perpetrati in passato”.

Secondo la Dda, infatti, l’inchiesta “Reale” che in questi anni ha travolto i Pelle e l’ex consigliere regionale del Pdl non impedirebbe a quest’ultimo di essere funzionale alla ‘ndrangheta anche in futuro. “Lo Zappalà – conclude il gip riprendendo quanto scritto dal Tribunale della Libertà in occasione del primo arresto – ha dimostrato un habitus operativo continuo: ha favorito alcuni in passato e continuerà a farlo anche in futuro, in un contesto di cointeresse che ha come occasione di incontro, quel giorno monitorato, l’accordo elettorale, ma che si è ramificato nel tempo nelle diverse richieste che gli sono state formulate nell’interesse del sodalizio mafioso”.