Adieu Peugeot RCZ. Maxime Picat, amministratore delegato della Casa di Sochaux, ha recitato il requiem della coupé francese, che alla fine del ciclo di vita non verrà sostituita. Termina così la storia di una delle ultime sportive prodotte da un marchio generalista, fatta di circa 65.000 esemplari venduti da inizio 2010. Il problema è sempre il solito, quel vile denaro che porta i costruttori automobilistici a tagliare tutto il superfluo, puntando solo sui prodotti che garantiscono profitti. Così farà anche Peugeot, che secondo il piano “Back in the race” entro il 2022 avrà una gamma di soli 13 modelli, rispetto ai 26 attuali. Lo ha detto lo stesso Picat al magazine britannico Autocar, durante il Salone di Shangai: “Considerando che 13 carrozzerie rappresentano il 95% delle auto che vendiamo e oltre il 100% dei nostri profitti, è evidente che tutto questo sia necessario”.
In effetti non fa una piega e poco importa se qualche migliaio di appassionati rimarrà orfano di un’auto estrema come la RCZ R, capace di tirare fuori 260 CV dal suo 1.6 THP “super-pompato”. Alla fine dell’anno le linee produttive della Magna Steyr di Graz, che ne cura l’assemblaggio, si fermeranno. ”Adoro la RCZ ma dobbiamo focalizzarci sui modelli più importanti e trarre il meglio da loro. Purtroppo presidiare le nicchie porta profitti solo ai marchi premium, per noi è solo una distrazione”, ha concluso Picat, mostrando una certa amarezza. Ma questa è la realtà e bisogna riconoscere a Peugeot il merito di averci provato fino all’ultimo, spendendo soldi ed energie in un segmento che gli altri generalisti hanno abbandonato da tempo.
Scorrendo il listino alla voce coupé e volendo rimanere sotto i 50.000 euro (la RCZ costa 31.500 euro, 41.900 nella versione R), si trova davvero poco. Escluse le tedesche citate da Picat (Audi A5 e TT, BMW Serie 2 e Serie 4, Mercedes Classe C Coupé e Classe E Coupé) ci sono un paio di prodotti esotici come la Cadillac ATS e la Ford Mustang, le “solite” giapponesi (Nissan 370Z; Subaru BRZ e Toyota GT 86, che poi sono la stessa macchina) e un altro modello destinato all’oblio, la Renault Laguna Coupé. Da questo elenco rimangono fuori le “derivate”, ovvero Mini Coupé, Opel Astra GTC, Renault Megane Coupé e Seat Leon ST, cioè ex-berline a cinque porte ricarrozzate a mò di sportive. Non conta nemmeno la Volkswagen Scirocco, che è sostanzialmente una Golf dalle forme più audaci e di sicuro non una coupé.
Ce n’è a sufficienza per deprimersi e farsi venire la nostalgia degli anni Novanta, quando i bilanci destavano meno preoccupazioni e ogni casa automobilistica aveva la sua brava coupé. Dalla Alfa Romeo GTV alla Volvo 480, passando per l’Audi Coupé, la Fiat Coupé, la Ford Cougar, la Nissan 200SX, la Opel Calibra, la Peugeot 406, la Rover 220 Turbo, la Toyota Celica, la Volkswagen Corrado e finendo con la Volvo 480. Erano auto che nei loro 7-8 anni di vita vendevano tra i 50.000 e i 100.000 esemplari in tutta Europa, tranne la Calibra che arrivò quasi a 240.000. Numeri non molto distanti da quelli della RCZ, segno che anche venti anni fa non è che tutti girassero col sedere per terra pronti a dare battaglia tra le curve. Ma nel frattempo il mondo è cambiato e con lui anche le auto e i desideri di chi le guida. Oggi la “seduta alta” è tutto, chi non ce l’ha la vuole, chi non la vuole la vorrà e chi si ostina è un relitto, oppure semplicemente un vero appassionato.