Otto i candidati in corsa, ma due i favoriti: la Lega Nord punta a confermare la poltrona di governatore senza difficoltà, ma il Pd ancora crede nella rimonta. In coda l'espulso del Carroccio e il volto nuovo del Movimento 5 Stelle
Sono otto i candidati alla presidenza per le elezioni regionali in Veneto, ma la vera partita si gioca tra il governatore uscente Luca Zaia (Lega Nord) e la sfidante democratica Alessandra Moretti. Stando al sondaggio Demopolis realizzato per Otto e Mezzo (La7) a cinque settimane dal voto del 31 maggio, nonostante i dissidi interni alla Liga Veneta, Zaia rimane il favorito, staccando di poco la candidata del Pd. Inseguono a distanza il sindaco di Verona Flavio Tosi che sfonda solo nella sua città e il candidato del Movimento 5 Stelle Jacopo Berti a cui i sondaggi riconoscono un peso elettorale di poco superiore al 10 per cento. Non pervenuti gli altri contendenti: Gianluca Busato (Veneto sì-Plebiscito.eu), il piccolo imprenditore che l’anno scorso ha organizzato il sondaggio per l’indipendenza del Veneto raccogliendo 2 milioni di adesioni; l’avvocato Alessio Morosin (Indipendenza Veneta), già legale dei secessionisti veneti arrestati dai Carabinieri del Ros dopo un’indagine condotta dalla procura di Brescia; Laura Di Lucia Coletti (L’altro Veneto – Ora possiamo, con Rifondazione e Comunisti Italiani); e il forzanovista Sebastiano Sartori.
Per quanto vale, gli equilibri delle forze in campo sono rispettati anche sui social network, in particolare i numeri di Facebook danno Zaia a 54mila mi piace, la Moretti a 45mila, Tosi a 17mila e Berti a 10mila. In coda Busato la fa da padrone con una pagina da 12mila like, mentre gli altri contendenti hanno solo un profilo privato.
Il principale ostacolo sulla strada di Zaia è stata, appunto, la rottura con Flavio Tosi, espulso dalla Lega Nord e detronizzato dalla segreteria regionale della Liga Veneta dopo uno scontro al vertice con il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini. Tosi può contare su uno zoccolo duro di elettori, soprattutto nella sua Verona, dove pare non ci sia partita per nessuno degli altri candidati. Ma lontano dall’arena il sindaco scaligero non riuscirà a impensierire il governatore uscente che sta conducendo una campagna tutta basata sulla valorizzazione dei successi ottenuti nel corso del suo primo mandato. E in questo senso non pare vincente la scelta di Tosi di stringere alleanze con i centristi di Ncd e Area popolare.
Chi ha pensato di poter approfittare della discesa in campo di Tosi è Alessandra Moretti. Renziana dell’ultima ora, campionessa di preferenze alle elezioni europee del 2014, in queste settimane sta battendo il territorio palmo a palmo per raggiungere tutti i comuni della Regione, sperando così di riuscire a risalire la china dei sondaggi, conquistando sul campo quei consensi che non le sono piovuti dal cielo grazie alla separazione in casa leghista. Le chance della Moretti sono risicate, ma la bassa affluenza alle urne (45 per cento l’astensionismo previsto da Demopolis) potrebbe regalarle altri punti preziosi, sempre che non faccia altri autogol come quello clamoroso nel confronto a distanza con il candidato M5S, rimangiandosi l’impegno a sottoscrivere l’accordo sui tagli ai costi della politica.
Lui, Jacopo Berti, candidato del Movimento 5 Stelle, si gioca la campagna elettorale in una delle Regioni più complicate. Grillino in terra leghista, fa lo slalom tra i temi che riguardano il Carroccio e quelli che invece sono propriamente dei 5 Stelle cercando di differenziarsi. Negli ultimi giorni ha segnato un punto a suo favore: ha proposto alla Moretti di firmare un documento in cui si impegnava a tagliarsi la paga. Lei prima ha accettato l’incontro, poi si è tirata indietro con un escamotage: l’impegno a fare una legge per ridurre lo stipendio a tutti i consiglieri, salvo non specificare come si comporterebbe nel caso in cui non vincesse le elezioni.
Ma più di ogni altra battaglia politica, c’è un tema che in Veneto non può essere ignorato. È quello dell’indipendentismo, che molti dei candidati alle regionali del 31 maggio hanno scelto di rappresentare declinandolo in varie sfumature. Il primo punto del programma del leghista Zaia dice chiaramente “I soldi dei veneti restino ai veneti”, che fa leva anche sui due referendum promossi sull’argomento, uno sull’autonomia e uno sull’indipendenza del Veneto. Ma lo stesso slogan campeggia anche sulla home page del sito di Jacopo Berti, il candidato M5S, che nel suo programma prevede misure per la riduzione dei costi della politica a favore della detassazione e un aumento del livello di autonomia degli enti locali. Anche Flavio Tosi, che punta tutto sulla forza dell’esperienza di quelli “abituati a fare” (come recita lo slogan elettorale), non dimentica il tema: “Perseguiamo l’autonomia del Veneto, un’autonomia vera, concreta, con un percorso realista e ammesso dalla legge. Speriamo che altri autonomisti ci seguano”. Per lui, oltre alle alleanze moderate, anche un accordo elettorale con il movimento ‘Veneto Stato Confederale’. In occasione dell’ufficializzazione dell’accordo Tosi ha anche puntualizzato che: “è realistico pensare alla creazione di una sorta di Regione delle Tre Venezie, economicamente florida e con maggiore autonomia rispetto a Roma”. Più radicali le scelte di Gianluca Busato e Alessio Morosin. Il primo con “VenetoSì” propone “una transizione pacifica verso la costituzione fattiva della Repubblica Veneta”, il secondo dichiara l’intento fin dal nome del movimento con cui si presenta alle urne: “Indipendenza Veneta”.
Alessandra Moretti non imbraccia la bandiera dell’autonomismo, ma non chiude le porte a possibili interventi sul tema. In un recente intervento ha affermato che “parlare di Regione a statuto speciale non è un tabù”, specificando però che deve cambiare il modo di intendere le regioni a statuto speciale: “Chiediamo solo di essere trattati alla pari degli altri e di poter avere più competenze e trattenere i tributi proprio come fanno Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige”, impegnandosi ad aumentare gli spazi dell’autogoverno, accusando poi Zaia di essere solo “chiacchiere e propaganda”. Niente spazio all’indipendentismo o all’autonomismo invece nei programmi di Sebastiano Sartori (Forza Nuova) e Laura Di Lucia Coletti, membro del comitato L’Altra Europa con Tsipras, espressione della sinistra veneziana.