Leggo e rileggo, sbalordito, quello che è accaduto il 21 aprile dentro il Parlamento Europeo. Infine decido di non ‘lasciar correre’. Il mondo è pieno di dementi inconsapevoli e non si può inseguirli tutti. Ma c’è una differenza tra i dementi che non hanno alcun potere, e invece quelli che di potere ne hanno molto, anzi troppo. E’ questo il caso. Il Partito Popolare Europeo (il più numeroso là dentro) si è riunito, pubblicamente, dimostrativamente, per illustrare la propria politica estera. Una riunione di partito, certo, ma se si tiene conto che si tratta del più grande partito nel parlamento europeo, non si può prendere alla leggera ciò che dice e proclama.
Anticipo e preciso il mio giudizio: difficile trovare nella mia memoria qualcosa di simile, una tale quantità di grida isteriche, di insensatezze, di vere e proprie, plateali falsificazioni dei fatti. Questi signori – e ci deve preoccupare – manifestano palesemente un’assoluta incapacità di misurare le cose con un metro qualsiasi. Che non sia quello dell’invenzione occasionale. Come quella della Russia che aggredisce (quando è palese che la Russia, da quando esiste dopo la fine dell’Urss, cioè dal 1991, non ha conquistato, o tentato di conquistare un solo centimetro quadrato di territorio).
Ovvio che, in preda all’isteria e alla totale malafede, costoro non possano prendere alcuna decisione ragionevole. Infatti non lo fanno. Della qual cosa non possiamo non essere preoccupati: per la loro salute mentale, e per la nostra incolumità personale e collettiva.
La sintesi emersa da quella canea è questo: “L’Unione Europea deve dire alla Russia che noi siamo pronti alla guerra“. La parte del leone l’ha svolta Roland Freudenstein, vice-direttore e capo della ricerca del Centro Maertens, il think tank del Ppe. Costui è autore, tra l’altro, di un libro significativamente intitolato ‘La rinascita dell’Occidente’, con la statua della libertà in copertina. E’ lui, in persona, che ha minacciato di guerra la Russia. Un altro dei più noti ‘falchi’ del Ppe, il polacco (e poteva essere altrimenti?) Jacek Saryusz-Wolski (che già presiedeva ai miei tempi la Commisione Esteri del Pe), ha commentato entusiasta che non sarebbe stato più necessario un suo intervento data la presenza di molti altri falchi nell’assemblea. Ma poi si è fatto tentare e la parola l’ha presa. “Il modo migliore – ha detto – per influenzare la società russa (tutta intera, il nostro Jacek non si risparmia, ndt) è quello di farle capire che la situazione è cambiata nell’area post-sovietica. Se noi oggi vinciamo in Ucraina, in futuro vinceremo con la Russia. Se noi perdiamo in Ucraina, allora Putin avrà vinto”.
Con la qual cosa tutto è chiaro: Jacek e la Polonia tutta stanno già combattendo in Ucraina. E combattono non per l’Ucraina, ma contro la Russia. “Del resto – ha aggiunto – il tempo della discussione e della persuasione è finito. Ora è il tempo di una politica dura, realistica, che si concentri sulla difesa e sulla sicurezza“.
Il messaggio non potrebbe essere più chiaro e resta solo da misurare la risposta che i russi – i quali, a quanto pare, sono restii a ‘comprendere’ – daranno a queste minacce sempre più esplicite nei loro confronti. Solo che Saryusz-Wolski ha aggiunto una minaccia, per così dire complementare, anche agli europei del sud. In tema di immigrazioni e tragedie mediterranee. In sintesi: volete che noi europei del nord vi aiutiamo? Bene, tenete presente che lo faremo solo ed esclusivamente se voi ‘riconoscerete le minacce esterne che gravano su questa parte’. Insomma la Russia ci minaccia e voi pretendete che mandiamo le nostre navi nel Mediterraneo? La solidarietà europea è dunque subordinata alla nostra entrata in guerra per fronteggiare una minaccia che i polacchi e i baltici si sono inventata per loro (delle elites) uso e consumo.
Prima di lui il già citato Freudenstein (Frankenstein?) aveva già terminato il quadretto nel modo seguente: “Il conflitto con la Russia sarà terminato” (si sente già in guerra, con ogni evidenza, ndr) solo quando Vladimir Putin “lascerà il Cremlino, non importa come”. Da notare l’eleganza dell’avvertimento: te ne devi andare, l’abbiamo deciso noi. Puoi andartene stando in piedi, aprendo la porta e congedandoti educatamente, oppure ti faremo uscire come stabiliremo noi, magari con i piedi in avanti. Come disse Hillary Clinton, forse futura ‘presidenta’ americana, “veni, vidi, morì“, seguito da una macabra risata (riferimento, non involontario, a Muhammar Gheddafi). Chiunque capisce che, dopo queste parole, c’è solo la guerra.