La procura di Caltanissetta apre un fascicolo conoscitivo. A novembre tre pm erano volati in Sudafrica per sentire l'ex ufficiale dei servizi condannato per depistaggio sulla strage di piazza Fontana. Obiettivo, ricostruire i primi passi della carriera dell'imputato Mario Mori. Che ha reagito con un esposto, anche alla Corte dei conti: "Viaggio inutile, indagano sugli anni Settanta, sarebbe tutto prescritto"
La procura di Caltanissetta indaga sulla trasferta in Sudafrica dei pm del pool trattativa Stato-mafia di Palermo. Un fascicolo “modello 45”, quello previsto per gli atti non costituenti reato, è stato aperto dai pm di Sergio Lari allo scopo di avviare un’indagine conoscitiva sulla rogatoria internazionale svolta nello scorso novembre a Johannesburg dai colleghi palermitani per interrogare l’ex generale del Sid (l’antenato del Sismi) Gianadelio Maletti. I pm Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, accompagnati dall’aggiunto Vittorio Teresi, nell’estate del 2014 avevano chiesto al ministero degli Esteri di potersi recare in Sudafrica per sentire l’uomo che negli anni Settanta aveva ottenuto l’allontanamento di Mario Mori dal servizio segreto militare. A novembre, dunque, i pm erano volati a Johannesburg dove avevano raccolto la testimonianza dell’ex agente segreto condannato nell’87 per il depistaggio delle indagini sulla strage di Piazza Fontana.
Quattro mesi dopo, nel marzo scorso, Mori e il suo ex sottoposto Giuseppe De Donno, entrambi imputati nel processo sulla Trattativa, avevano presentato un esposto nel quale lamentavano presunte irregolarità nella conduzione delle indagini da parte dei pm di Palermo. Sei pagine di accuse indirizzate al capo dello Stato Sergio Mattarella, al ministro della giustizia Andrea Orlando, al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, al Pg della Cassazione Gianfranco Ciani, al capo della Dna Piero Grasso, al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e persino alla Corte dei Conti, per chiedere se il “modus procedendi” dei sostituti palermitani non fosse “quanto meno poco ortodosso e in aperta violazione delle norme vigenti”. Numerosi passaggi di quell’esposto sono dedicati proprio alla trasferta sudafricana di novembre, considerata dagli ex ufficiali del Ros “illegittima” per l’epoca dei fatti oggetto dell’indagine (episodi relativi ai primi passi della carriera di Mori), ma anche “eccessivamente onerosa” per le casse dello Stato. In particolare, Mori e De Donno osservavano come l’interrogatorio di Maletti fosse la prova che il pool Stato-mafia sta indagando “su fatti risalenti agli anni Settanta”, per i quali gli ex ufficiali del Ros finora non sono mai stati indagati, e sui quali “sono abbondantemente decorsi anche i termini di prescrizione”. Ma non solo. Nell’esposto, i carabinieri chiedevano di conoscere anche l’identità di chi, in riferimento alla rogatoria a Johannesburg, avesse divulgato alla stampa “notizie relative alle indagini in corso”. E proprio in questi giorni la procura di Caltanissetta ha avviato i primi approfondimenti per saperne di più sulla rogatoria internazionale dei colleghi di Palermo.
Ma perché i pm del pool Stato-mafia avevano deciso di recarsi in Sudafrica dove dal 1981 si è rifugiato Maletti? La sua testimonianza viene considerata molto importante per ricostruire il segmento iniziale della carriera di Mori, giovane capitano dei carabinieri reclutato nel ’72 dal colonnello Federico Marzollo, pupillo di Vito Miceli, nei ranghi dell’intelligence militare. Maletti è il generale che guidò l’ufficio D (il controspionaggio) del Sid fino al 1976 e che un anno prima ottenne dal direttore del Servizio Mario Casardi l’allontanamento di Mori. Durante l’interrogatorio di novembre, Maletti ha riconosciuto per la prima volta la paternità di un appunto manoscritto, sequestrato nella sua abitazione negli anni Ottanta, nel quale lui stesso rivelava l’esistenza di un “Sid parallelo”: una cellula composta da un gruppo di agenti, creata proprio per ostacolare le indagini del suo “reparto D” sulla destra eversiva negli anni della strategia della tensione. Il manoscritto di Maletti sembra riprendere i contenuti di un altro appunto acquisito dai pm di Palermo negli archivi dei servizi: quello siglato dalla fonte “Gian” che aveva a sua volta parlato di un servizio segreto parallelo, chiamato “gruppo dei sei”, all’interno del quale ci sarebbero stati anche Mori, Marzollo e Gianfranco Ghiron, quest’ultimo informatore degli 007, vicino all’estrema destra, e fratello di Giorgio, negli anni successivi legale di Vito Ciancimino.
Già nel novembre scorso, poco prima della trasferta sudafricana, al Pg di Palermo Roberto Scarpinato era arrivata una nota del Pg della Cassazione Ciani, titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati, che chiedeva chiarimenti su alcuni punti dell’operato dei pm che indagano sulla Trattativa. Alla sua richiesta, Ciani allegava un altro esposto di Mori e De Donno, presentato un mese prima: in quel caso gli ufficiali dell’Arma contestavano la collaborazione alle indagini del tenente colonnello Massimo Giraudo, già alla guida del reparto eversione del Ros, che oggi non sarebbe in servizio presso organismi di polizia giudiziaria. Giraudo è l’investigatore che ha interrogato, insieme ai pm, Mauro Venturi, un altro ex 007 degli anni Settanta, oggi deceduto. Venturi, in quell’occasione, aveva accusato Mori di aver avuto rapporti con Licio Gelli e Mino Pecorelli, proprio negli anni in cui prestava servizio al Sid.
di Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza