Una sentenza, quella di condanna a 16 anni per Alberto Stasi, che non ha soddisfatto né accusa né difesa. Entrambi le parti hanno presentato ricorso in Cassazione contro il verdetto dei giudici della corte d’Assise d’appello di Milano che il 17 dicembre scorso hanno escluso l’aggravante della crudeltà e applicato, come previsto dalla legge, lo sconto di un terzo della pena perché il processo si celebrava con il rito abbreviato.

Il pg di Milano Laura Barbaini, che aveva chiesto 30 anni in sede di requisitoria proprio sottolineando che l’imputato aveva agito con crudeltà”, ha presentato ricorso agli ermellini per chiedere il riconoscimento dell’aggravante. Nelle motivazioni della sentenza “dalla prima pagina fino all’ultima” è stato affermato “che le modalità esecutive dell’azione omicidiaria indicano, non solo l’identità dell’autore, non solo il movente esasperato ricollegabile alle deviazioni sessuali dell’imputato, ma anche l‘eccesso dei limiti della normalità causale, raggiunto con una condotta insensibile e spietata, tale da integrare l’aggravante” della crudeltà scrive il pg.

Nelle motivazioni i giudici d’appello avevano scritto che “il racconto” di Stasi sul ritrovamento del corpo della fidanzata era “quello dell’aggressore non dello scopritore”. Anche la difesa dell’ex studente bocconiano ha depositato ricorso di 360 pagine. Il 17 dicembre 2009 Stasi aveva incassato una prima assoluzione confermata due anni dopo in secondo grado e poi cancellata dalla Cassazione. Ora la parola ritorna alla Suprema corte per il verdetto finale.

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