Mi trovo attualmente a Città Ho Chi Minh, già Saigon, la capitale del Vietnam del Sud liberata quarant’anni dopo trent’anni di guerra che provocarono milioni di vittime. Dopo i giapponesi, i vietnamiti dovettero affrontare i colonialisti francesi, quindi gli imperialisti americani. Ma alla fine, nonostante l’uso di armi di distruzione di massa come il napalm e il famigerato defoliante agent orange, che ha a sua volta ha provocato milioni di vittime e tuttora causa la nascita di bambini malformati nonché enormi danni all’ambiente, il Vietnam ha vinto.
La sua vittoria, quarant’anni fa, è segno di speranza in un mondo migliore in cui finalmente possano avere la meglio le ragioni del diritto sulla forza e la prepotenza. Quindi, la vittoria del Vietnam è stata anche una vittoria del diritto internazionale, molte norme del quale sono state violate dall’aggressione americana durata circa quindici anni. Fra tali norme ricordiamo il divieto dell’uso della forza e la necessità di rispettare l’autodeterminazione dei popoli nonché varie norme di diritto umanitario bellico.
In questi quarant’anni il Vietnam liberato ha compiuto davvero passi da gigante. L’economia si è sviluppata in modo impressionante, attuando una combinazione originale fra intervento pubblico e ruolo dei privati. Sono stati raggiunti tutti gli obiettivi del Millennio relativi fra l’altro alla riduzione della povertà e delle malattie e alla salvaguardia ambientale. Grandi investimenti sono stati fatti in salute ed istruzione, con la nascita di centinaia di nuove università e un rapporto fra abitanti e medici e posti letto in ospedale che è di molto superiore alla media dell’Asia.
Il Vietnam di oggi è un Paese pacifico, aperto alla cooperazione internazionale su tutti i temi. Atterrato due ore fa a Ho Chi Minh City dopo due giorni densi di incontri e di iniziative ad Hanoi, ho trovato una città moderna, bellissima e luminosa, tappezzata di striscioni e pannelli che rievocano la vittoria, tributando il giusto onore all‘Esercito di liberazione popolare e a Ho Chi Minh, il padre della nazione vietnamita.
Per me la partecipazione a questo quarantennale è anche l’occasione di incontro con persone straordinarie, come la signora statunitense che, con una sua organizzazione, conduce in molti Paesi del mondo la lotta per liberare il suolo dalle mine, o il greco ottantottenne che, arruolatosi settant’anni fa nella Legione straniera, disertò per amore di una vietnamita e divenne un combattente dell’esercito popolare di liberazione fino ad ottenere il grado di maggiore e la massima onorificenza militare di eroe dell’esercito popolare. Persone che danno un significato all’idea di umanita’ in questi tempi per certi versi tenebrosi.
Oggi il Vietnam è in pace ma continua la lotta contro le conseguenze della guerra. Bisogna obbligare al risarcimento le società chimiche che, come Monsanto ed altre, hanno cosparso il suolo vietnamita di veleni che uccidono ancora. Un’azione intentata negli Stati Uniti alcuni anni or sono con l’appoggio dell’Associazione internazionale dei giuristi democratici dall’Associazione delle vittime vietnamite dell’agent orange e da quella dei veterani statunitensi, vittime anch’essi del defoliante, è stata purtroppo respinta da un tribunale statunitense, con la motivazione che i defolianti per essere tali non sono armi e quindi non rientrano nel divieto delle armi tossiche posto già dalla Convenzione dell’Aja del 1907. Ma di questo nessuno parla, come in pochi attribuiscono alla grande vittoria del popolo vietnamita di quarant’anni fa il suo giusto ed enorme significato storico.