In base agli accordi firmati a fine dicembre, ai dipendenti transitati da Fiat in Blutec spettano due anni di cassa integrazione straordinaria. L'azienda si era impegnata ad anticipare l'assegno ai propri 770 operai. E così è stato, almeno per gennaio, febbraio e marzo. Ad aprile, invece, ai dipendenti non è arrivato nulla
“Dopo Terni, Piombino, Gela, Trieste, Reggio Calabria, Electrolux, Alitalia, oggi accordo su Termini Imerese. Domani Taranto. Anche questo è Jobs act“. Così il premier Matteo Renzi, il 23 dicembre scorso, salutava l’accordo che scongiurava il licenziamento dei 1.100 dipendenti dello stabilimento siciliano fermato da Fiat nel 2011, grazie alla cessione alla newco Blutec. Quattro mesi dopo, quel salvataggio in extremis mostra tutti i suoi limiti: secondo quanto riportano i sindacati, l’azienda non ha pagato l’anticipo della cassa integrazione di aprile. “Anche questo è Jobs act” assume così un suono tutt’altro che incoraggiante, nel giorno in cui l’aumento della disoccupazione a marzo 2015 mette in crisi le attese sugli effetti della riforma del lavoro.
In base agli accordi firmati a fine dicembre, ai dipendenti transitati da Fiat in Blutec, newco partorita dal gruppo Metec, spettano due anni di cassa integrazione straordinaria. In attesa dell’autorizzazione dell’ammortizzatore sociale da parte del ministero, l’azienda si era impegnata ad anticipare l’assegno ai propri 770 operai, escludendo gli oltre 300 dipendenti dell’indotto. E così è stato, almeno per gennaio, febbraio e marzo. Il 27 aprile, invece, giorno di paga, ai dipendenti non è arrivato nulla.
“Temiamo che Metec, viste le difficoltà economiche che sta affrontando negli altri stabilimenti italiani, non abbia la struttura per sostenere il rilancio di Termini Imerese“, spiega Roberto Mastrosimone, segretario regionale Fiom Cgil. “Siamo preoccupati – gli fa eco Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim Cisl – Non vorremmo che l’azienda intenda sottrarsi ai suoi impegni”. I sindacalisti spiegano di avere contattato la società ma di non avere ricevuto risposte. “Siamo all’epilogo di questa storia – chiosa Mastrosimone – I tre campioni Matteo Renzi, Sergio Marchionne e Rosario Crocetta ci hanno preso in giro”.
Di prese in giro, in effetti, i dipendenti di Termini Imerese ne sanno qualcosa. L’accordo per salvare l’impianto, infatti, era stato chiuso in fretta e furia dopo un teatrino lungo tre anni. In questo periodo, avevano bussato alla porta di Termini Imerese diversi pretendenti rivelatisi sistematicamente dei bluff. L’ultima offerta era stata quella di Grifa, una newco che intendeva produrre macchine ibride e che si era rivelata una scatola senza soldi. Dopo la sua uscita di scena, al termine di una trattativa lunga sei mesi, nel giro di sole due settimane il ministero dello Sviluppo Economico aveva individuato Metec, azienda fortemente legata a Fiat, sia da accordi commerciali sia dal suo amministratore unico Roberto Ginatta, vicino alla famiglia Agnelli.
L’accordo era stato siglato giusto in tempo per evitare i licenziamenti. Compresi nel pacchetto, anche i 290 milioni di euro di aiuti pubblici stanziati da Stato e Regione Sicilia. Un’operazione sulla quale il governo, oltre ai soldi, aveva messo la faccia. “Renzi si era impegnato per salvare le tre T, Terni, Taranto e Termini Imerese – ricorda Uliano – Ora chiediamo che ognuno si prenda le sue responsabilità“. “Se Blutec non fosse in grado di rispettare gli impegni – conclude Mastrosimone – saranno il governo, la Regione e la Fiat a doverci dare delle risposte“.