Un ragazzino di 15 anni originario di Nuwako è stato trovato tra le macerie cinque giorni dopo il terremoto di magnitudo 7.9 che ha colpito il Nepal devastando Kathmandu. I soccorritori hanno estratto il ragazzo tra i resti di un palazzo di 7 piani della capitale e hanno lavorato tutta la notte affiancati ad un team dell’Usaid. Appena il giovane è stato tirato fuori, la folla di persone in attesa è scoppiata in un applauso. Si chiama Pemba Lama e lavorava in una guest house nella zona turistica di Gongabu crollata a causa della violenta scossa. Le squadre di soccorso lo hanno localizzato nella notte nel 29 aprile, riuscendo a comunicare con lui, e così dopo 120 ore sotto le macerie, il ragazzo è stato portato in ospedale. Altre due donne – ha riferito il Centro nazionale operazioni di emergenza in un tweet – sono state estratte vive dalle macerie nel quartiere di Dadhikot e a Bhaktapur, in una località vicina alla capitale. Un 28enne è stato salvato martedì 28 aprile dopo 82 ore, mentre una donna paraplegica di 32 anni è stata ritrovata viva lunedì dopo 50 ore. Mentre domenica, a 22 ore dal terremoto, una bambina di quattro mesi era stata estratta viva dalle rovine di un palazzo.
Intanto continua a crescere il numero delle vittime, il ministro dell’Interno nepalese ha comunicato 5.825 morti e 10.866 feriti. La polizia di Katmandu ha riferito di 6.630 vittime, indicando come il distretto più colpito quello di Sindhupalchok, dove il 29 aprile si sono registrate forti tensioni per l’assenza di aiuti, con 1.587 morti. Migliaia di persone continuano a lasciare Katmandu alla ricerca di luoghi più sicuri e si contano circa 10.126 i veicoli che, secondo la polizia, sono partiti dalla capitale per paura di nuove scosse e possibili epidemie. Allo stesso tempo altrettante persone cercano invece di entrare nella capitale per sperare di ottenere cibi e cure mediche irreperibili altrove. Il Ministro dell’Informazione, Minendra Rijal, ha dichiarato lo stato di crisi nei 12 distretti della valle di Kathmandu più colpiti per cui le autorità locali possono ora confiscare proprietà private, medicine, cibo, indumenti o macchinari per venire in aiuto alla popolazione terremotata.
Nel complesso religioso del tempio di Pashupati Hath ogni giorno e notte si cremano i morti del sisma ma gli operatori sono ormai stremati e la legna per le pire comincia a scarseggiare. L’aria nel crematorio, vicino al fiume Bagmati, è diventata irrespirabile: “In condizioni normali organizziamo in media circa 20 o 25 cremazioni al giorno – dice uno dei 32 assistenti noti come ‘ghate bajes’ – ma ora ce ne sono fino a 150 al giorno”. Ormai spesso le cremazioni sono svolte senza rituali religiosi e con l’aiuto dei familiari a causa del gran numero di corpi che arrivano.
I soccorsi nepalesi hanno messo in salvo anche 150 escursionisti, tra cui 50 stranieri, che erano intrappolati sui sentieri della valle di Langtang, il cui 90% è stato devastato, che ora – riporta Repubblica -sono sistemati in un campo di accoglienza. Al momento del sisma sul circuito c’erano circa 300 trekker tra stranieri e nepalesi. Nella zona, forte richiamo per gli scalatori, anche 55 alberghi sono stati travolti da frane e valanghe. Centoventi britannici scampati al sisma – riporta la Bbc – sono tornati a casa nella notte del 29 aprile, rimpatriati con un volo speciale che li ha riportati all’aeroporto londinese di Stansted: “Siamo stati fortunati”, ha detto più d’uno. Il più piccolo dei superstiti è un bambino di tre mesi. Sono in corso le verifiche da parte del Foreign Office su di una possibile seconda vittima britannica, dopo aver accertato la prima giorni fa.