E’ una gara a chi fa più male a Elsa Fornero, a chi la sputacchia con gran gusto, gliene dice di tutti i colori. E’ chiaro: la Fornero ha ridotto l’Italia nel posto in cui è. E’ una gara di ipocriti, di falsi contestatori che si nascondono dietro il dolore e la emarginazione di chi è stato messo fuori dal sistema, esodato senza pensione, per coprire la propria responsabilità.
Abbiamo dimenticato d’un tratto cosa fece Berlusconi, che firmò una resa incondizionata all’Europa stringendo in una morsa mani e piedi agli italiani. Abbiamo dimenticato la sua fuga dal governo, in quella terribile giornata che lo condusse, tra ali di folla inferocita, alle dimissioni al Quirinale. E abbiamo dimenticato che chi oggi dice che la Fornero è poco meno di una negreria – come il bronzeo Matteo Salvini – ieri sosteneva col suo partito la vergogna di un governo sprecone e corrotto, trafficando – grazie ai finanziamenti pubblici – in diamanti africani.
Non ho simpatia per la professoressa Fornero, ma non ne posso più dei chili di ipocrisia che ingrassano la pancia di chi ridusse al lastrico l’Italia. Non ne posso più di chi permise, come il Pd, di affidare a un signore, Mario Monti, la curatela fallimentare in nome delle richieste dell’Europa.
Col solito refrain, “ce lo chiede l’Europa”, abbiamo realizzato la misura più ingiusta e iniqua: essere solerti verso i finanzieri, le banche, e scordarci delle donne e degli uomini.
Piccolo, drammatico e recente esempio della nostra totale ipocrisia: avete, per esempio, notato un alito di impegno dell’Italia per far sì che l’Europa non emettesse una incredibile sentenza di condanna per gli ulivi del Salento ammalati del virus della Xylella? Invece di curarli si è deciso di sradicare anche gli ulivi sani. Come ha detto ieri a Servizio Pubblico la bravissima Valentina Rubino, una donna che dona gratis le sue braccia agli agricoltori in difficoltà, “è come se avessi un virus intestinale e invece di curarmi mi facessero secca, per non farlo passare agli altri membri della mia famiglia”.
Siamo, noi italiani, tutti buoni a parlare col senno del poi. E tutti a gonfiare i polmoni quando si tratta di respingere lo straniero. Basta con gli immigrati irregolari! Sapete chi hanno chiamato per terminare in tempo i lavori dell’Expo? Immigrati irregolari (e pagati in nero) marocchini e tunisini, rumeni e moldavi.
E gli imprenditori agricoli del Lazio che votano a destra, quelli della legge e dell’ordine della simpatica Giorgia Meloni, che vuol far “nomadare” i nomadi? Beh, hanno reclutato 1300 sikh, immigrati irregolari, bravissimi contadini del Punjab che accettano ai bordi della Pontina di lavorare dieci ore al giorno nelle serre, col freddo e col sole cocente, a tre euro l’ora invece che gli otto contrattuali. E che possono disporre di una meravigliosa stalla come casa, oppure – se non gradiscono – possono fittare cinquanta metri quadrati a cinquecento euro al mese (ne prendono tra i sei e gli ottocento di salario). Rubano il lavoro agli italiani, vero?
Siamo così ipocriti che molti di coloro che magari oggi ritengono Elsa Fornero la causa della propria disperazione ieri avevano accettato di sottoscrivere il contratto di Berlusconi: fai quel che vuoi, basta che a me fai fare quel che voglio.
Bisogna capirsi: per esercitare i nostri diritti dovremmo osservare anche i doveri che ne conseguono. E non dimenticarci mai, nemmeno a ferragosto, di avere la schiena dritta e la memoria lunga.