Il Museo Civico archeologico di Cirò Marina dal 9 aprile ospita, provvisoriamente, l’acrolito di Apollo Aleo, proveniente dal Museo Archeologico di Reggio Calabria ma recuperato nel 1929, durante la prima campagna di scavi nell’area archeologica di Punta Alice. Un pezzo straordinario allontanato dal suo contesto. Il santuario scavato nel 1924 da Paolo Orsi e poi, tra gli anni Settanta e Novanta, interessato da campagne di scavo e di rilievo eseguite dall’Istituto Germanico e dalla Soprintendernza archeologica della Calabria. Un edificio datato al VI secolo a.C., ma la cui attività di luogo sacro si protrasse almeno per due secoli. Santuario del quale restano per breve altezza lo zoccolo del muro perimetrale della cella e le basi del colonnato centrale e dei pilastri dell’ambiente ad ovest della cella. Le condizioni di conservazione più che precarie. Con le superfici dei blocchi, quasi tutti distaccati, alveolizzate.
“Una struttura molto flessibile, predisposta ad ogni tipo di attività artistica e culturale, darà servizi e potrà accogliere manifestazioni ed istallazioni volte a valorizzare in ogni caso il sito e il territorio in generale“, si legge nelle Relazioni tecniche generali. Mentre nelle Relazioni specialistiche si specificano luoghi e modalità delle indagini, alle quali sono da aggiungersi “scavi preventivi laddove il progetto prevede la realizzazione della struttura del punto informativo“. Insomma sembra che si sia pensato proprio a tutto. Naturalmente compresa la scelta della ditta che si occuperà dei lavori, l’impresa edile Serafina Sammarco, che ha avuto la meglio anche su società con chiare competenze nell’ambito dei Beni Culturali. Circostanza questa che potrebbe essere poco rilevante se non fosse che nella cifra complessiva a disposizione il 43,51%, pari a 212.953,85 euro, come da capitolato, sarà per lavori di scavo archeologico.
Cifra alla quale vanno aggiunti i 51.142,70 euro, pari al 10,51% dell’intera cifra, per il restauro archeologico. Eccezione questa alla quale la Relazione specialistica Scavo, restauro e musealizzazione ha pensato. Basterà fare ricorso ad “archeologi specializzati di provata esperienza che dovranno avere un curriculum vitae che dimostri un’esperienza continuativa di almeno cinque anni in cantieri archeologici diretti da Soprintendenze o Dipartimenti Universitari e … a topografi-disegnatori che dovranno avere un curriculum vitae che dimostri un’esperienza continuativa di almeno sette anni in cantieri archeologici diretti da Soprintendenze o Dipartimenti universitari“. Quindi alla mancanza di competenze specifiche l’impresa ovvierà con il coinvolgimento di professionisti che rispondano ai requisiti indicati. Ma non è tutto.