Il primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk parla alla stampa in vista del vertice UE di Bruxelles,Si è aperta da qualche tempo una nuova fase nella battaglia ormai ultra-ventennale sugli Ogm in Europa; fase complicata, ma decisiva anche per valutare la capacità dell’UE di mantenere su questo tema un’ambizione di fare regole valide per tutti gli europei oppure rassegnarsi a un’illusoria resistenza a livello nazionale.

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha adottato una proposta di regolamento che consente agli Stati membri di vietare l’utilizzo di alimenti e mangimi geneticamente modificati sul proprio territorio nazionale, ma non interviene sulla contestatissima procedura attraverso la quale l’Ue autorizza gli OGM.

E’ una modifica del regolamento 1829/2003 (sull’autorizzazione e commercializzazione di alimenti e mangimi geneticamente modificati) per estendere ad alimenti e mangimi il nuovo sistema di autorizzazione recentemente introdotto (Dir.2015/412) nella legislazione comunitaria per la coltivazione di Ogm.

Il sistema formalmente permette agli Stati membri di avere l’ultima parola in merito all’introduzione sul territorio nazionale di alimenti e mangimi Ogm anche se autorizzati dall’Ue, secondo la procedura in vigore. Gli Stati membri potranno chiedere di vietare l’utilizzo (e non la commercializzazione, cosa che andrebbe contro le regole del mercato interno) di ciascun Ogm autorizzato, fornendo una motivazione caso per caso. Motivazione che – è bene ricordarlo -non dovrà essere legata ai rischi per la salute e per l’ambiente, in quanto questi ultimi dovrebbero essere a priori esclusi nella procedura di autorizzazione europea. Si possono invece invocare “ragioni pressanti e motivate”, formulazione molto più vaga di quella introdotta dopo una dura battaglia parlamentare nella Direttiva 2015/412 sulla coltivazione degli Ogm, che è la prima normativa ad introdurre la possibilità di divieti nazionali. In quel caso, si specifica chiaramente che il divieto di coltivazione di Ogm autorizzati può avvenire anche per ragioni socio-economiche, di uso dei suoli, di pianificazione territoriale, di contaminazione transgenica di altre coltivazioni, di politica agricola e di politica ambientale. La formulazione vaga della  proposta della Commissione, che deve ancora passare dal Parlamento europeo e dal Consiglio per entrare in vigore, apre la strada a numerose contestazioni e ricorsi.

Tutto chiaro? Mah! La questione è complicata e sono anni che la partita si gioca sul filo di cavilli e interpretazioni sottili, nel contesto della permanente impossibilità di trovare una maggioranza sufficiente di Stati membri contro gli Ogm (sono la maggioranza ma non la maggioranza qualificata) e l’atteggiamento pro-Ogm dentro la Commissione e EFSA, l’Autorità per la Sicurezza Alimentare, che su questo è da anni contestata dai Verdi europei (e non solo).

La battaglia per la definizione di questo regolamento (che a differenza delle Direttive entra direttamente in vigore una volta approvato dal PE e dal Consiglio e non ha bisogno di trasposizione nazionale) sarà importante: il 24 aprile, due giorni dopo la presentazione della proposta di regolamento, pressata, pare, dagli americani, la Commissione ha infatti autorizzato dieci Ogm per uso alimentare e mangimi, ha rinnovato sette autorizzazioni già esistenti e  concesso due nuove autorizzazioni per fiori recisi Ogm: ancora una volta infatti, non si era trovata né una maggioranza sufficiente contro o a favore di Stati membri nel comitato, e quindi, trattandosi di una decisione esecutiva, la Commissione ha potuto decidere da sola. L’aspetto paradossale è che poco prima la Commissione stessa aveva formalmente riconosciuto le carenze del processo di autorizzazione e proposto il regolamento che, appunto, permette agli stati membri di non utilizzare Ogm autorizzati e che appare come un contentino dato ai paesi più ostili, ma non il cambio di rotta che Juncker aveva promesso all’inizio del suo mandato.

Il Presidente Juncker aveva detto infatti di voler intervenire e rendere più “democratica” la procedura di autorizzazione. Purtroppo, finora non c’è riuscito, anzi, pare proprio aver cambiato idea. C’è una bella differenza fra una procedura europea di autorizzazione più democratica e uno schema nel quale le autorizzazioni saranno più facili perché ogni Stato può decidere di starne fuori. Rendere il sistema più democratico e legittimo, significherebbe tenere in conto la larghissima opposizione agli Ogm, evitare che la Commissione possa decidere da sola di autorizzare in assenza di maggioranze esplicite degli Stati membri, come ha appena fatto; e vorrebbe dire soprattutto cambiare il modello attuale di autorizzazione, rivedendo i criteri di valutazione dell’impatto sanitario ed ambientale, allargandolo anche a considerazioni socio-economiche e di modello agricolo e applicandolo in modo uniforme sia alla coltivazione che alle importazioni di Ogm.

Peraltro, non credo che i divieti nazionali saranno delle armi davvero efficaci per bloccare gli Ogm. Le autorizzazioni a macchia di leopardo che inevitabilmente vedremo realizzarsi a seconda della maggioranza politica dei singoli Stati europei, renderanno questa contaminazione più semplice; mantenendo procedure autorizzative troppo facili e basate sulle analisi fornite dalle stesse imprese, l’Europa sarà ancora più divisa anche su questo: con Paesi come il Regno Unito e la Spagna a favore degli Ogm ed altri come l’Italia  che cercheranno di fermarli ai suoi confini.  Insomma, dietro la battaglia di cavilli e procedure, si nasconde l’intenzione della Commissione (e non solo) di continuare con gli Ogm. Non è molto chiaro che direzione prenderà il Parlamento europeo in questa partita.

Ma è certo che la maggioranza dei cittadini europei hanno già deciso. Bisognerà risolversi ad ascoltarli.

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