Nousair Louati, 27 anni, voleva raggiungere la Siria attraverso la Germania. E' stato fermato a Ravenna e ora è in carcere. L'ex compagna, dalla quale ha avuto una figlia, spiega a ilfattoquotidiano.it: "Vestiva all'occidentale ed era molto credente. Questa notizia mi ha sconvolta"
Bloccato al crocevia di un’altra vita, la terza che stava per incominciare. Il suo obiettivo, questa volta, era terroristico: raggiungere la Siria attraverso la Germania, arruolarsi con le forze dell’Isis, combattere la jihad e permettere “alla bandiera di Allah” di issarsi “sulla torre di Pisa o a Roma”. Un profilo criminale, quello di Nousair Louati, 27 anni, che ha colto di sorpresa anche l’ex moglie, Lucia. L’uomo, oggi in carcere e prima conosciuto come pusher, nel 2013 sposò la donna, ravennate, che lo ha lasciato mesi fa e ha saputo dell’arresto del tunisino dai giornalisti. “Sono rimasta scioccata – racconta Lucia –, non riesco a credere che possa aver fatto una cosa simile. Ma non abbiamo più rapporti da tempo, non voglio più sapere niente di lui”.
Le vite che un uomo può vivere sono molte, per Louati ce n’erano già state due: una nella sua terra natale e una nuova, “di qua dal Mediterraneo”, dove ha sposato Lucia, con cui ha avuto una bambina, che ora ha quasi due anni. La vita che lo ossessionava, però, era sotto un cielo diverso, in Siria, come combattente. Un lupo solitario, “un emarginato e per questo pronto a tutto, anche a un viaggio di sola andata per la jihad” è la descrizione che l’intelligence fa di Louati.
Il tunisino aveva mentito all’ex moglie, raccontandole di partire per la Germania poiché, ormai solo e senza un posto dove stare, doveva cercare lavoro e, se fosse tornato in Tunisia, avrebbe dovuto scontare quindici anni di galera. Di problemi, Louati, ne aveva già creati parecchi: lo spaccio, le frequentazioni sbagliate, una vita borderline; ma la donna non avrebbe mai immaginato che potesse diventare un foreign fighter.
“Non ho mai pensato fosse un tipo da jihad – prosegue l’ex moglie –, la sua famiglia è in Tunisia, ha due genitori separati e dei fratelli, era arrivato qua per cercare lavoro, vestiva all’occidentale, non portava la barba né aveva mai dato altri segnali strani. Frequentava la moschea tutti i giorni, era molto credente, ma davvero questa notizia mi ha sconvolta”.
Lucia lo aveva tolto dalla strada quando, quattro anni fa, era sbarcato sulle coste di Lampedusa tra altre decine di migranti. Dopo le nozze, però, i problemi erano stati troppi e, alla fine del 2014, la donna aveva deciso di lasciarlo. La Digos lo seguiva passo per passo dallo scorso febbraio, quando il tunisino si era recato a Milano, nel centro islamico di viale Jenner, alla ricerca di finanziamenti per il suo viaggio in Siria. Ma le cose avevano preso una brutta piega.
“L’imam egiziano – ha scritto il tunisino su facebook – stava per chiamare la polizia, giuro che mi hanno tirato via dalla moschea…”. In procinto di partire per la Turchia a marzo, era stato nuovamente bloccato per il mancato rilascio del passaporto dal consolato di Genova. Questa volta era tutto pronto, compresi i soldi per il viaggio, racimolati con l’attività di spaccio.
Stanato sui social, quando gli agenti hanno capito che stava per volare in Germania, l’hanno fermato in strada. Stava chiacchierando con altri connazionali a pochi passi dalla casa della moglie, nel quartiere della Darsena di Ravenna, dietro alla stazione ferroviaria. “Louati spacciava da tempo e questa è una delle molte ragioni per cui mia figlia lo ha lasciato – aggiunge l’ex suocera del tunisino –. Quando era arrivato in Italia, aveva espresso la volontà di trovare un lavoro, ma poi ‘voglia di lavorare saltami addosso’, ed è finito a spacciare. Con la bambina era premuroso, ma da quando il rapporto con Lucia si era interrotto, non l’ha più vista”. Louati sapeva di essere ricercato ed era deciso a partire, tanto da dire a un connazionale del riminese che sarebbe dovuto andare con lui: “Dimmi cosa vuoi fare. Vado anche solo. Non posso più aspettare”.