1) Non salutare un altro musicista offrendogli il palmo della mano e salutandolo con “ehi, man!”
2) Non dire mai che si suonano “standard”; usare invece il termine “brano” che è anche più elegante e meno di “serie”.
3) Non pronunciare mai la parola “anatole” che in America non sanno cosa voglia dire.
4) Non suonare mai un blues in jam session dopo vari tentativi di mettersi d’accordo su un brano che la maggior parte degli altri non conosce.
5) Non pronunciare mai “giaaas”, al limite dire “gezz” (che è molto meglio).
6) Non consultare continuamente il “real book” ma al limite procurarsi le griglie che è molto più completo. Certo non ci sono i temi ma si presume che un jazzista ascolti i dischi e quindi li conosca; comunque è meglio suonare senza consultare nulla.
7) Non voltare mai le spalle al pubblico e cercare di suonare direttamente di fronte alla gente. Inoltre è sempre meglio presentare i brani e raccontare qualcosa su di essi; al pubblico piace molto e ne viene coinvolto.
8) Cercare di evitare il più possibile le scale nell’improvvisazione ma cercare di “farsi venire delle idee”.
9) Non limitarsi a suonare soltanto ma approfondire la propria cultura jazzistica a partire dal “ragtime” (che tra l’altro è una grande “lezione” di musica).
10) Non dire mai che è il jazz è musica afroamericana; gli africani non sanno neanche dove il jazz stia di casa.
11) Non pensare che Georgia on My Mind l’abbia scritta Ray Charles nei primi anni ’60 ma ascoltare le prime incisioni di questo brano che risalgono ai primi anni ’30 a cominciare da quella incisa dal suo autore, Hoagy Carmichael. Questo soprattutto per evitare, nel caso la si suoni in Fa, di mettere il Re7 a metà della quinta battuta, quando ci va il Mi7.
12) Che i sassofonisti evitino di suonare Billie’s Bounce durante le prove tecniche, prima dei concerti; è insopportabile!
13) Che le vocalist evitino di cantare Summertime che ha veramente rotto le palle; e inoltre che ci risparmino lo “scat” agitando la mano sinistra come se stessero suonando uno strumento; e che soprattutto evitino di tenere a vista il leggio con i testi delle canzoni.
14) Cercare di farsi pagare prima di suonare soprattutto nel Centro-Sud per evitare sorprese alla fine (con particolare attenzione ad un club di Napoli che vi mette in mano il 40% del cachet pattuito).
15) Nei concerti è meglio portarsi un tecnico di fiducia; di “service” che funzionino ce n’è uno su cento. E’ il mestiere che in Italia viene fatto nel peggiore dei modi. Non si capisce poi perché si debba provare se poi i tecnici si mettono alla consolle e continuano nella loro totale incapacità a manovrare e a cambiare continuamente i volumi col continuo pericolo dell’effetto Larsen.
16) Evitare di suonare brani originali in modo che il pubblico non si addormenti o non lasci la sala che è ancora più imbarazzante per i musicisti.
17) Evitare di suonare in jam session con i “creativi” che sarebbe meglio “isolare”.
18) Non storcere mai la bocca se qualcuno vi parla di Jelly Roll Morton piuttosto che di Bix o di Fats Waller… costoro potrebbero rivoltarsi nella tomba e tirarvi per i piedi di notte mentre dormite.
19) Non pensare mai che il jazz si possa imparare a scuola; jazzisti si nasce non si diventa; a scuola si apprendono soltanto la tecnica degli strumenti e lo studio della musica.
20) Cercare di ascoltare anche gli altri musicisti; difficilmente si va ai concerti dei colleghi e quelli che ci vanno sono mosche bianche.
21) Evitare di dare etichette politiche ai diversi stili di jazz; è una delle cose più cretine che si possano sentire; comunque è un fatto esclusivamente ”Made in Italy”, quindi non fa testo nel resto del globo.
22) Non dire mai che solo i neri hanno inventato il jazz. Il primo disco della storia del jazz risale al 1917 e lo incise la Original Dixieland Jazz Band di Nick La Rocca. Louis Armstrong avrebbe inciso il suo prima disco nel 1923, vale a dire sei anni dopo. Il jazz nasce dalle razze emarginate, quindi dai neri, dagli ebrei e dagli italoamericani.
23) Sarebbe meglio che i contrabbassisti non usassero l’amplificatore e soprattutto non si sedessero sul seggiolone; non c’è niente di più imbarazzante!
24) Se non avete “swing” è meglio che smettiate di suonare il jazz; non c’è niente di peggio che suonare senza.
25) Non usare mai la parola “traditional” al posto di “tradizionale”: fa ribollire il sangue!
26) Pur di avere successo molti musicisti legano il proprio nome a cantanti ed autori che nella loro vita non hanno mai avuto a che fare con il jazz (Modugno, Bindi, Tenco, De André, Paoli…) e il connubio è quanto di più forzato ci possa essere. Sarebbe molto meglio legare il jazz a cantanti come Alberto Rabagliati, Natalino Otto ed Ernesto Bonino: almeno loro avevano swing…!
27) Cercate di evitare di apparire sofferenti mentre state suonando come molto spesso accade per il “jazz spaghetti”. La nostra è una musica felice in netto contrasto con la sofferenza che spesso appare irresistibilmente ridicola sui volti di coloro che suonano.
28) Quasi tutte le vocalist italiane sia nei club che in concerto usano il leggio. Avete mai visto una vocalist americana fare altrettanto? Studiate ragazze, studiate e imparate a memoria!