Dopo la scudetto, la Champions. E una sfida personale, a distanza. Nel mirino di Massimiliano Allegri adesso non c’è soltanto Carlo Ancelotti e la semifinale contro il Real Madrid, per sognare uno storico Triplete bianconero. Dal presente passa anche il confronto col passato: Antonio Conte, ingombrante poster incorniciato nello spogliatoio, ora che è stato eguagliato si può anche superare. La 34esima giornata è stata quella buona per assegnare lo scudetto alla Juventus. Annunciato ormai da mesi, nella trasferta di Marassi contro la Sampdoria è arrivata anche la matematica. Quarto titolo di fila per un ciclo destinato probabilmente a continuare. Il primo però per Allegri, dopo i tre di Conte. Soprattutto dopo la staffetta in panchina della scorsa estate, accompagnata da insulti e sconforto di tutto l’ambiente juventino. Il paragone è stato sempre vivo per tutta la stagione, specie nei pochi (la sconfitta di Genova, il capitombolo in Grecia con l’Olympiakos) momenti difficili. Rinfocolato anche dallo stesso ex, che, trasferitosi sulla panchina prestigiosa della nazionale, non ha perso occasione a marzo per sottolineare come “la Juventus con lui avrebbe avuto 20 punti di vantaggio”. Anche per questo Allegri adesso ha un’altra sfida personale da vincere. Qualche sassolino dalla scarpa da togliersi, in silenzio come nel suo stile di fatti e poche parole, al massimo ironie toscane. In fondo parla il campo. E i numeri, che gli danno ragione.
Allegri vince lo scudetto al debutto, come Conte. Ma rispetto al primo anno di Antonio ha ancora da giocare una finale di Coppa Italia (che al rivale è sempre sfuggita) e una semifinale di Champions, dove negli ultimi anni la Juve ha rimediato pessime figure. Accolto dallo scetticismo generale, Allegri ha avuto l’intelligenza di plasmare la squadra a sua immagine e somiglianza con gradualità. Il passaggio alla difesa a quattro, preannunciato in estate, è avvenuto col tempo ed in maniera mai definitiva. Ed è per questo che, pur rinunciando ad un centrale, la retroguardia bianconera non ha perso quella solidità che è la vera chiave del dominio in campionato: sono appena 19 gol subiti in 33 partite, perfettamente in linea con la media delle ultime stagioni (rispettivamente 20, 24 e 23 a fine torneo). L’attacco è meno effervescente, ma questa Juve sa essere molto più cinica e spietata di quella di Conte. E infatti è arrivata in fondo in Italia ed in Europa. Certo, il record dei 102 punti della stagione 2013/2014 resta inarrivabile (per Allegri, e probabilmente per molti allenatori che verranno, sulla panchina della Juve e non solo). Ma nel calcio conta vincere. E Allegri lo ha fatto subito, addirittura con quattro giornate d’anticipo, mentre per Conte erano state al massimo tre.
Anche dal punto di vista economico la Juventus ha solo guadagnato dall’avvicendamento Conte-Allegri. Il primo guadagnava 3,5 milioni di euro l’anno, il secondo si è “accontentato” di un biennale da due milioni (più bonus, ne prenderà parecchi: tutti meritati). Al netto di un risparmio del 40%, i risultati sono come minimo gli stessi. Anche perché Allegri non ha avuto grandi pretese, sul contratto come sul mercato. Quest’estate la Juventus ha speso poco più trenta milioni di euro (la maggior parte per Morata), incassandone circa venti dalle cessioni, con un saldo negativo di appena 10 milioni di euro. Una cifra irrisoria per puntellare la squadra che sarebbe diventata semifinalista di Champions. Né più né meno del budget destinato alla campagna acquisti negli anni precedente, che aveva lasciato Conte insoddisfatto e dettato il celebre aforisma “se ti siedi in un ristorante dove si pagano 100 euro non puoi pensare di mangiare con 10”. Allegri lo ha smentito. E con il quarto scudetto di fila, indipendentemente da come finirà in Champions, la sua sfida personale l’ha già vinta. Perché non ha mai negato, a parole e con le scelte tattiche, che i suoi successi fossero anche l’eredità di Conte. Ma sfruttando fino in fondo quel passato, è riuscito anche a fare meglio del suo predecessore, guadagnandosi il presente sulla panchina bianconera.
Twitter: @lVendemiale
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Allegri-Conte, il confronto in bianconero: con gli stessi soldi spesi, Max Acciuga è un terno al lotto – Fatto Football Club
Al netto delle simpatie e del passato del tecnico livornese e dell'allenatore della nazionale, i numeri dicono che il cambio in corsa scelto dalla dirigenza torinese si è rivelato un vero affare. Tanto che la Vecchia Signora si è seduta al ristorante da 100 euro con i soliti 10 euro
Dopo la scudetto, la Champions. E una sfida personale, a distanza. Nel mirino di Massimiliano Allegri adesso non c’è soltanto Carlo Ancelotti e la semifinale contro il Real Madrid, per sognare uno storico Triplete bianconero. Dal presente passa anche il confronto col passato: Antonio Conte, ingombrante poster incorniciato nello spogliatoio, ora che è stato eguagliato si può anche superare. La 34esima giornata è stata quella buona per assegnare lo scudetto alla Juventus. Annunciato ormai da mesi, nella trasferta di Marassi contro la Sampdoria è arrivata anche la matematica. Quarto titolo di fila per un ciclo destinato probabilmente a continuare. Il primo però per Allegri, dopo i tre di Conte. Soprattutto dopo la staffetta in panchina della scorsa estate, accompagnata da insulti e sconforto di tutto l’ambiente juventino. Il paragone è stato sempre vivo per tutta la stagione, specie nei pochi (la sconfitta di Genova, il capitombolo in Grecia con l’Olympiakos) momenti difficili. Rinfocolato anche dallo stesso ex, che, trasferitosi sulla panchina prestigiosa della nazionale, non ha perso occasione a marzo per sottolineare come “la Juventus con lui avrebbe avuto 20 punti di vantaggio”. Anche per questo Allegri adesso ha un’altra sfida personale da vincere. Qualche sassolino dalla scarpa da togliersi, in silenzio come nel suo stile di fatti e poche parole, al massimo ironie toscane. In fondo parla il campo. E i numeri, che gli danno ragione.
Allegri vince lo scudetto al debutto, come Conte. Ma rispetto al primo anno di Antonio ha ancora da giocare una finale di Coppa Italia (che al rivale è sempre sfuggita) e una semifinale di Champions, dove negli ultimi anni la Juve ha rimediato pessime figure. Accolto dallo scetticismo generale, Allegri ha avuto l’intelligenza di plasmare la squadra a sua immagine e somiglianza con gradualità. Il passaggio alla difesa a quattro, preannunciato in estate, è avvenuto col tempo ed in maniera mai definitiva. Ed è per questo che, pur rinunciando ad un centrale, la retroguardia bianconera non ha perso quella solidità che è la vera chiave del dominio in campionato: sono appena 19 gol subiti in 33 partite, perfettamente in linea con la media delle ultime stagioni (rispettivamente 20, 24 e 23 a fine torneo). L’attacco è meno effervescente, ma questa Juve sa essere molto più cinica e spietata di quella di Conte. E infatti è arrivata in fondo in Italia ed in Europa. Certo, il record dei 102 punti della stagione 2013/2014 resta inarrivabile (per Allegri, e probabilmente per molti allenatori che verranno, sulla panchina della Juve e non solo). Ma nel calcio conta vincere. E Allegri lo ha fatto subito, addirittura con quattro giornate d’anticipo, mentre per Conte erano state al massimo tre.
Anche dal punto di vista economico la Juventus ha solo guadagnato dall’avvicendamento Conte-Allegri. Il primo guadagnava 3,5 milioni di euro l’anno, il secondo si è “accontentato” di un biennale da due milioni (più bonus, ne prenderà parecchi: tutti meritati). Al netto di un risparmio del 40%, i risultati sono come minimo gli stessi. Anche perché Allegri non ha avuto grandi pretese, sul contratto come sul mercato. Quest’estate la Juventus ha speso poco più trenta milioni di euro (la maggior parte per Morata), incassandone circa venti dalle cessioni, con un saldo negativo di appena 10 milioni di euro. Una cifra irrisoria per puntellare la squadra che sarebbe diventata semifinalista di Champions. Né più né meno del budget destinato alla campagna acquisti negli anni precedente, che aveva lasciato Conte insoddisfatto e dettato il celebre aforisma “se ti siedi in un ristorante dove si pagano 100 euro non puoi pensare di mangiare con 10”. Allegri lo ha smentito. E con il quarto scudetto di fila, indipendentemente da come finirà in Champions, la sua sfida personale l’ha già vinta. Perché non ha mai negato, a parole e con le scelte tattiche, che i suoi successi fossero anche l’eredità di Conte. Ma sfruttando fino in fondo quel passato, è riuscito anche a fare meglio del suo predecessore, guadagnandosi il presente sulla panchina bianconera.
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Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - La Lega "ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Nessun impegno, nessun nuovo modello e nessuna certezza su occupazione e investimenti. Oltre i modi garbati di Joh Elkann non c’è nulla di nuovo". Lo affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra.
"Abbiamo chiesto - proseguono i due leader di Avs - a John Elkann di fare davvero il Presidente e il Ceo dell’azienda che dirige. Solo lui potrebbe e dovrebbe dare garanzie concrete su investimenti e occupazione in Italia. Dal 2014 ad oggi il settore ha perso 15mila lavoratori, con un danno sociale ed economico enorme per il paese. Vogliamo riportare le produzioni delocalizzate in Italia, come quella della grande Panda in Serbia, interrompendo il trasferimento degli stabilimenti all’estero. È inaccettabile che Stellantis continui a produrre modelli di grande diffusione lontano dal nostro Paese utilizzando l’immagine made in Italy solo per gli spot".
"Chiediamo un progetto industriale chiaro, che preveda investimenti definiti, nuovi modelli da realizzare in Italia e precise garanzie sul fronte produttivo e occupazionale. Tocca costatare che anche oggi non è arrivata nessuna risposta sulla Gigafactory di Termoli, sul reshoring delle produzioni trasferite all’estero, così come la fine della spinta alle delocalizzazioni, che impoveriscono il nostro tessuto industriale. L’audizione di oggi evidenzia anche - concludono Bonelli e Fratoianni - l’inadeguatezza del governo Meloni, più impegnato a fare la guerra alla transizione ecologica che a investire seriamente nelle infrastrutture necessarie, come le stazioni di ricarica e le Gigafactory. La destra non capisce che, se l’Europa non procederà con determinazione verso l’elettrico, sarà schiacciata dai colossi globali come l’americana Tesla e la cinese Byd. Serve una politica industriale lungimirante, non la difesa di modelli ormai superati".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Oplà! L’ennesima giravolta di Giorgia l’Influencer è servita". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando una dichiarazione del 2016 della premier Giorgia Meloni. "Sull'Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del Manifesto di Ventotene, detenuti in carcere", disse Meloni parlando di Renzi, Hollande e Merkel.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Criticare un Manifesto è legittimo. Non rispettare la storia di ha dato la propria vita è un errore, ma questo non è accaduto". Lo ha detto in aula Maurizio Lupi di Noi Moderati nelle dichiarazioni di voto dopo le comunicazioni delle premier Giorgia Meloni. "Rispettare la storia non vuol dire non avere la libertà o la legittimità di criticare contenuti e idee diverse dalla propria storia, questo è il sale delle forza della democrazia".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - “La presidente del Consiglio che rinnega i valori della Costituzione sulla quale pure ha giurato: come si può? Come si possono insultare i padri non solo dell’Europa ma anche della nostra patria? Non è solo un’anti europeista che getta la maschera, e su questo avevamo pochi dubbi visto che la sua idea di Europa è più quella di Orban che la nostra ,il fatto più grave è che Meloni, con il suo discorso sul manifesto di Ventotene, insulta la storia e la memoria del nostro Paese". Così in una nota l’eurodeputata del Pd, Irene Tinagli.
"Mi voglio augurare che i vertici delle istituzioni, i presidenti di Camera e Senato in primis, vogliamo intervenire a tutela della democrazia, duramente contestata da chi dovrebbe governare l’Italia ed invece la oltraggia. La verità è fin troppo banale: all'Europa libera e unita, la Meloni preferisce l’autoritarismo di Orban e la sudditanza a Trump”.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Abbiamo assistito all'ennesimo show della influencer Meloni, dopo un intervento scialbo, il grande colpo finale, l'attacco al Manifesto di Ventotene, preparato da giorni con giornalisti amici e le Tv, che serve per stare sui giornali per il Manifesto di Ventotene anzichè per le divisioni della maggioranza o la mancanza di una linea chiara di questo governo". Lo ha detto Maria Elena Boschi in aula alla Camera.
"Penso che abbia mandato di traverso il pranzo al presidente Mattarella, che ha anche ricordato che il Manifesto di Ventotene è un punto di riferimento nella costruzione europea", ha aggiunto la capogruppo di Iv a Montecitorio, che tra le altre cose ha sottolineato: "La Lega ha linea chiara, e l'ha detto: lei no ha mandato per andare al Consiglio Ue".