Salvatore Giuliano del “Majorana” di Brindisi, Laura Biancato dell’istituto comprensivo di Mussolente, Antonio Fini di Ameglia in provincia di La Spezia, Alessandra Rucci hanno lanciato l’appello #iononsciopero al quale hanno aderito più di cinquecento persone tra dirigenti e insegnanti che hanno scelto di entrare in aula: "Anche se il ddl può essere migliorato, nessuno può parlare di tagli o di precariato"
Si scalda il clima a poche ore dallo sciopero proclamato dalle cinque organizzazioni sindacali unitarie. L’idea che domani in piazza scenderanno migliaia di persone a Milano, come a Roma, Bari, Cagliari, Palermo, Catania e Genova oltre ai flash mob autoconvocati in tutt’Italia, non piace al governo e nemmeno a chi difende il Ddl la “Buona Scuola”. A scendere in prima linea sono soprattutto i dirigenti attaccati da più parti. Quattro di loro, Salvatore Giuliano del “Majorana” di Brindisi, Laura Biancato dell’istituto comprensivo di Mussolente, Antonio Fini di Ameglia in provincia di La Spezia, Alessandra Rucci hanno lanciato l’appello #iononsciopero al quale hanno aderito più di cinquecento persone tra dirigenti e insegnanti che hanno scelto di entrare in aula domattina.
“Pur riconoscendo – spiegano i quattro presidi – che il Disegno di legge sia suscettibile di elementi migliorativi e di chiarimenti interpretativi, ne difendiamo con forza l’impianto e il coraggio con il quale interviene a riformare la scuola con l’obiettivo di rinnovarla e renderla rispondente ai bisogni della società complessa. Siamo contrari a questo sciopero demagogico. Non ci sono scuse stavolta. Nessuno può parlare di tagli. Nessuno può parlare di precariato”. I dirigenti difendono la scelta di andare verso l’attuazione dell’autonomia scolastica: “Il catalizzarsi della protesta contro quello che è stato definito lo strapotere dei presidi sceriffi è almeno anacronistico. Ciò che non si vuole riconoscere è che un’autonomia necessiti di una figura dirigenziale dotata di strumenti concreti per esercitare le prerogative che gli vengono attribuite dalla Legge, come in ogni organizzazione governabile”.
Ad arrabbiarsi per i toni usati in queste ore da chi proclama lo sciopero è anche suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche e presidente della Fidae lombarda, che raggruppa le scuole paritarie cattoliche della regione: “Arriva il giorno che si è stanchi rasi di leggere e ascoltare le insensatezze di chi non ha ancora capito che gli argomenti vanno affrontati con tutta la competenza che domandano. E’ facile mobilitare le folle dietro agli slogan che non dicono nulla di più che una mezza verità, cioè il nulla. Sentire ancora parlare di tagli alle scuole pubbliche a favore delle paritarie non è corretto. Ho l’impressione che qualche docente che domani scenderà in piazza non abbia letto la riforma. Siamo la più grande eccezione in Europa. Le organizzazioni sindacali sono un’associazione privata non riconosciuta: non capisco come possano tutelare un interesse pubblico e non accettino che la scuola paritaria gestita da privati ma riconosciuta non possa svolgere un servizio pubblico”.
Intanto sul fronte governativo, il presidente del Consiglio starebbe pensando di chiedere un’audizione dei sindacati confederali al Senato, quando la riforma arriverà a Palazzo Madama. Il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, ha buttato benzina sul fuoco scrivendo sulla sua pagina Facebook un duro intervento: “Domani è il giorno dello sciopero contro. È più dura, ma siamo certi che ce la faremo. Il Paese ha bisogno di riforme. Anche la scuola”.