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Tv, baby opinionisti: un gioco da ragazzi?

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Sinceri o “brieffati” prima della diretta, piccoli filosofi con pensieri dotti e mai banali o esseri dalla statura lillipuziana in grado di garantire un semplice eppur cute: “Mi fai un’altra domanda?”. Questo è l’identikit del baby opinionista, ultima moda della tv italiana. Argomento che ci ha trovato divisi nuovamente…

Riccardo Marra

Già lo so. Ora mi guarderai male perché l’argomento è scivoloso. Dunque non ci giro intorno: non mi piace affatto l’uso dei bambini nei programmi Tv. Sì, ho usato volutamente il verbo usare perché non ne trovo altro più efficace. Provo a motivare: il punto non è l’infanzia in televisione, dallo Zecchino a Disney Club i bambini ci sono sempre stati dentro il piccolo schermo. Né la sindrome da “Bellissima”, film in cui Anna Magnani prova in tutti i modi a piazzare la figlioletta nel Cinema. Il problema sono le parole dei bambini usate a Rvm di colore. In Di Martedì di Floris, Senza Parole della Clerici (ma in passato anche Chi ha incastrato Peter Pan? di Bonolis) e attualmente al cinema I Bambini Sanno di Veltroni, ecco che una telecamera punta i baby opinionisti con insistenti domande alte: dio, politica, morte, amore, lavoro. Le risposte? Splendide, come tutto ciò che riguarda i bambini. Le intenzioni? Furbe, come tutto ciò che riguarda gli adulti. Perché la dinamica del: “Pazzesco! La sanno più lunga dei grandi” e via di ammiccamento. Oppure: “Incredibile! Senti che dice quel bimbo sulla politica”, con critica ovvia al sistema, la ritengo uno stucchevole format dello stupore e, da parte degli adulti, un astuto gioco da ragazzi!

Davide Venturi

Ti ricordi Ping Ping? Con Barbara D’Urso spopolava in tv per essere l’uomo più piccolo del mondo. E Ti lascio una canzone? Un format molto semplice in cui la Clerici cerca nel bambino il timbro e le capacità vocali di un adulto. Se da un lato la tv spesso è caduta nella voglia di trattare i bambini come adulti, altre volte ha trattato gli adulti come bambini. Questi sono giochi da ragazzi e format dello stupore per adulti. Il terreno dei bambini in tv non è affatto scivoloso e non è il baby opinionista a essere il problema, ma come viene dato in “pasto” al pubblico e come il consumatore finale lo “digerisce”. Cannibalismo televisivo a parte, schematizzo il mio pensiero su questo argomento come il bugiardino di un medicinale: non usare il bambino come scenografia parlante (Di martedì), non prendersi mai gioco del bambino (Chi ha incastrato Peter Pan?) e non cercare di strappare plausi e sorrisi con risposte (nota bene risposte, non domande) da adulti nella minuta mole di un libero pensatore (elenco troppo lungo per una parentesi). L’inganno del senso comune che vede il bambino privo di armi per rispondere a quesiti illustri sono la trappola per chi pensa che giocarci e riderci sopra sia l’unica risposta. Pasolini aveva fatto domande ad un “popolino” che apparentemente non aveva un’opinione o se l’aveva di certo non poteva essere ospitata in tv o al cinema. O almeno così credevano. Ma il risultato è stato straordinario e il sapore del suo codice morale è contenuto in uno splendido titolo: Comizi d’Amore.

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