Quaranta croniste che seguono la politica parlamentare hanno pubblicato un appello sul quotidiano Libération per raccontare i comportamenti ambigui di cui sono vittime quotidianamente sul lavoro: "Sappiamo che altre donne vivono lo stesso, ma il fatto che questi fatti coinvolgano degli eletti della Repubblica ci spinge a denunciarli"
“Ah ma voi mi volete adescare, aspettate il cliente”. “Perché una maglia accollata e non una scollatura?”. “Rispondo a lei perché ha un bel vestito”. “Questa è proprio una domanda da donne”. E poi inviti a vedersi fuori dal lavoro in un hotel, oppure fotografie scattate di nascosto e poi condivise con lo staff. Sono questi alcuni degli episodi vissuti da quaranta giornaliste che seguono la politica parlamentare in Francia e che hanno deciso di raccontarli per denunciare il sessismo dei politici. Il manifesto è stato pubblicato sulla prima pagina del quotidiano Libération con il titolo: “Giù le zampe“. “Siamo consapevoli”, si legge, “che facciamo il nostro lavoro in condizioni estremamente privilegiate rispetto alla maggioranza delle donne francesi. E anche rispetto alle nostre colleghe, molto più isolate, dei media regionali. Ma il fatto che queste pratiche, che sono il calco di quello che succede tutti i giorni in strada, nelle fabbriche e negli uffici, coinvolgano degli eletti della Repubblica incaricati di fare la politica ci spinge a denunciarli. Questi personaggi appartengono a tutte le famiglie politiche senza eccezioni, navigano a tutti i livelli di potere e non hanno diritto a nessuna impunità. Come tutti gli altri”.
A firmare l’appello sono alcune delle croniste più conosciute in Francia, ma molte altre non hanno potuto firmare il testo. “Finché la politica”, concludono, “sarà soprattutto nelle mani di uomini eterosessuali e sessantenni, niente cambierà. Noi avremmo voluto tutte firmare questo testo senza doverci nascondere dietro l’anonimato. Ma alcune di noi sono in situazioni professionali complicate e non hanno bisogno che aggiungiamo la discriminazione a condizioni di lavoro delicate. Nel 2015, quello che avremmo veramente voluto, sarebbe stato di non essere state costrette a scrivere questo manifesto”.
Le firme in fondo all’appello sono quelle di Cécile Amar (le JDD), Carine Bécard (France Inter), Hélène Bekmezian (le Monde), Anne Bourse (France 3), Lenaïg Bredoux(Mediapart), Laure Bretton (Libération), Déborah Claude(AFP), Laure Equy (Libération), Charlotte Gauthier (Radio Classique), Mariana Grépinet (Paris-Match), Christine Moncla (France Culture), Gaétane Morin (le Parisien Magazine), Véronique Rigolet (RFI), Annabel Roger (RMC), Audrey Salor (l’Obs), Nathalie Schuck (le Parisien).