Siamo il trentasettesimo paese al mondo per l’uso della fibra con una percentuale inferiore al 5% sia per uso domestico che industriale. Al primo posto per uso domestico gli Emirati Arabi con quasi il 70%, seguiti dall’Uruguay, Giappone e Singapore; per l’industria la medaglia d’oro va al Sud Corea con il 63%, l’argento a Hong Kong e il bronzo al Giappone. In Europa al primo posto la Svezia seguita dalla Russia.
Sulla fibra ottica sono stati lanciati già i primi allarmi. Gli inglesi della Royal Society hanno denunciato che Internet potrebbe resistere fino al 2030 per poi collassare per colpa dell’alto consumo di dati, in particolare a causa dei video in streaming depositati da Amazon, Apple, Microsoft, Facebook, Google, solo in America Netflix occupa il 35% della Rete, i primi problemi potrebbero già arrivare nel 2022.
In Gran Bretagna hanno scoperto che i cavi di fibra ottica stanno esaurendo la loro capacità. Come ha scritto su Repubblica, lo scrittore Bruce Sterling: “I cavi di fibra ottica stanno diventando il collo di bottiglia della Rete”. Negli ultimi dieci anni il volume di dati è aumentato di cinquanta volte. Quello che oggi è proposto dagli operatori come futuro tecnologico dalle infinite capacità, secondo i tecnici inglesi, rischia di essere a tempo determinato, prevedendo fra 15 anni la fine della stessa Rete, così come è stata concepita finora.
Si ha la sensazione che in tutto questo chi viene maggiormente trascurato, come al solito, è l’utente. A questo proposito sta intervenendo l’Agcom con nuove regole contro abusi e disservizi. Il regolamento indennizzi dovrebbe essere pubblicato questa settimana. Gli utenti che possiedono un abbonamento con la fibra ottica avranno un risarcimento giornaliero del doppio rispetto al vecchio contratto con la rete in rame, pari a 10 euro per ogni giorno in cui l’utente rimane senza la linea. L’indennizzo sarà pagato dall’operatore del contratto anche se a causare il black-out è stato un altro operatore. Questo dovrebbe servire anche come deterrente a favore dell’utente che decide, liberamente, di cambiare compagnia.
Il Fatto Quotidiano, 6 maggio 2015